Il miele sulla tavola la mattina a colazione rischia di diventare solo un ricordo, come anche altri prodotti del comparto ortofrutticolo italiano. La causa, una morìa di api che, solo nel 2007, avrebbe portato a perdere tra il 30 e il 50% di tutto il patrimonio apistico nazionale ed europeo. Le conseguenze non si limitano alla strage di insetti, con grave perdita di quella biodiversità la cui conservazione è sempre più fondamentale, ma possono ripercuotersi pesantemente su tutta l’agricoltura italiana, per l’insufficiente impollinazione delle piante, che può portare a una forte riduzione del raccolto. In Italia è stato calcolato che l’apporto economico dell’attività delle api al comparto agricolo è di circa 1600 milioni di euro l’anno (pari a 1240 euro per alveare). Considerato che nel 2007 sono stati perduti circa 200mila alveari, la perdita economica per mancata impollinazione si è aggirata sui 250 milioni di euro. Il problema è maggiormente sentito nel Nord del Paese, dove si sono persi fino alla metà degli alveari. Tra le ragioni dell’alto tasso di mortalità ci sono le condizioni igienico-sanitarie degli alveari, i cambiamenti climatici e la disponibilità e qualità del pascolo e dell’acqua. Per discutere questi argomenti, l’Apat ha organizzato il workshop dal titolo “Sindrome dello spopolamento degli alveari in Italia: approccio multidisciplinare alla individuazione delle cause e delle strategie di contenimento”, cui sono intervenuti i massimi esperti italiani di apicoltura. Lo spazio è servito soprattutto alla promozione della ricerca sul fenomeno e le sue cause, visto che sul tema esistono ancora pochi studi attendibili; l’APAT ha proposto anche la realizzazione di un Focal Point, per raccogliere e condividere i dati.