Fissare un prezzo minimo garantito per il miele italiano per garantire un reddito adeguato agli apicoltori e dare una risposta concreta alla crisi del settore apistico.

 

È questa la proposta lanciata da Apicoltura Piana, la storica azienda di Castel San Pietro Terme in provincia di Bologna, che rappresenta una delle maggiori realtà nazionali per il confezionamento e la commercializzazione di prodotti apistici.

 

Una proposta che non è solo un'idea, ma una realtà di mercato, dal momento che l'azienda riconoscerà questo prezzo ai suoi fornitori.

 

Per approfondire l'argomento abbiamo intervistato Massimo Mengoli, l'amministratore delegato dell'azienda, che ha deciso di attuare questa politica commerciale.

 

Dottor Mengoli, perché questa proposta di un prezzo minimo garantito per il miele?

"Abbiamo lanciato questa iniziativa per sostenere i nostri apicoltori in un momento di criticità, con i costi di produzione saliti alle stelle per i pesanti rincari del gasolio e dello zucchero, che è aumentato di oltre il 42%. Volevamo, inoltre, fare un'azione di totale trasparenza verso il mercato, in maniera tale che tutti gli attori della filiera avessero ben chiaro quale fosse il prezzo minimo di riferimento. I 5,20 euro per un chilo di miele millefiori rappresentano un punto di partenza per fare le dovute valutazioni.

 

Anche se è un'iniziativa che può non essere condivisa, è stata ideata per offrire vantaggi all'intero indotto. Il prezzo minimo garantisce agli apicoltori il ritorno dei costi sostenuti; per le aziende confezionatrici rappresenta uno strumento per tutelare il valore del magazzino, in questo momento tutte noi aziende del settore abbiamo scorte di miele importanti. Inoltre, porta vantaggi anche per i buyer, che in questo modo hanno un parametro di riferimento su cui capire se stanno comprando bene o no.

E lo stesso vale per il consumatore che potrà capire se il valore di ciò che sta acquistando è corretto con in più la consapevolezza di contribuire a sostenere gli apicoltori".

 

Come avete stabilito la cifra di 5,20 euro al chilo per il miele millefiori?

"L'abbiamo individuata cercando di capire, con i nostri apicoltori, quali fossero i costi di produzione che sostengono annualmente.

Siamo così riusciti a fissare un prezzo che potesse coprire questi costi, lasciando anche un po' di marginalità.

5,20 euro per ogni chilo di miele millefiori rappresenta, per noi, la soglia che riconosce il prezioso lavoro degli apicoltori italiani, dandogli la possibilità di generare i margini necessari per investire in processi sempre più qualitativi e sostenibili sotto il profilo del benessere delle api, la salvaguardia dell'ambiente e della biodiversità, garantendo così il futuro di un comparto strategico per l'intero sistema agroalimentare".

 

Avete deciso prezzi minimi anche per altre tipologie di mieli?

"Non abbiamo la presunzione di decidere noi quale debba essere il prezzo di mercato, è stata una decisione molto difficile presa per sostenere gli apicoltori e l'intera filiera, in un momento di crisi del mercato. Abbiamo identificato un valore che potesse coprire i costi, considerando che il miele più diffuso è il millefiori ci è sembrato un buon punto di partenza. Per i monoflora, che implicano una produzione più complessa, si possono pensare valori superiori, ad esempio noi stiamo riconoscendo circa il 10% in più".

 

Un prezzo minimo può far pensare che possa esserci anche un prezzo maggiore, è così? E se sì, in quali casi il miele verrebbe pagato di più?

"È chiaro che la comunicazione ha bisogno di usare una terminologia che possa arrivare all'intera filiera, incluso il consumatore finale. Per definizione, la remunerazione minima fa supporre che ci possa essere anche un prezzo più elevato. Riconoscere 5,20 euro al chilo, supera di circa il 20% il valore medio di mercato, tuttavia ritengo che questo non vada a impattare sui prezzi a scaffale".

 

Spesso, per altre produzioni agricole, il prezzo minimo alla produzione viene stabilito prima della campagna produttiva, pensate di farlo anche voi il prossimo anno?

"Sarebbe una buona idea, ma mentre le aziende agricole lo possono fare anche grazie alla diversificazione, in apicoltura la produzione è condizionata da diverse variabili e ovviamente per quanto concerne il miele è davvero difficile diversificare anche facendo nomadismo, quindi è arduo fare previsioni precise sulle produzioni".

 

La vostra proposta arriva in un momento di crisi del mercato, una crisi che molte realtà del settore vogliono cercare di affrontare per via istituzionale con un tavolo specifico a livello ministeriale. Pensate di aver anticipato i tempi o di aver sparigliato le carte?

"Tutti vorrebbero partecipare ai tavoli istituzionali, ma con troppi attori in campo si rischierebbe solo di creare confusione e di non centrare l'obiettivo. In apicoltura, poi, le associazioni di settore sono davvero tantissime. Ecco perché, in prima battuta, abbiamo deciso di agire individualmente. Auspichiamo, però, che la nostra scelta possa aprire un confronto costruttivo all'interno del settore che coinvolga istituzioni, associazioni e operatori con l'obiettivo di trovare un percorso comune per valorizzare un comparto cruciale per tutto l'indotto agroalimentare".

 

Una domanda che forse in molti si faranno: come si diventa vostri fornitori? O detta in un'altra maniera, siete in cerca di nuovi fornitori e se sì fino a quali volumi di prodotto sareste in grado di assorbire?

"Questa è una delle maggiori criticità di questa iniziativa, offrendo una remunerazione più elevata rispetto a molti competitor è chiaro che stiamo ricevendo diverse proposte da apicoltori che vogliono diventare nostri fornitori. Abbiamo sempre cercato nuovi fornitori, anche perché negli anni passati le quantità di miele non erano mai sufficienti. Adesso invece c'è stata un'inversione, nel senso che la stagione 2022-2023 ha visto l'ingresso a scaffale di significativi quantitativi di mieli esteri a prezzi bassi, che ha determinato un calo importante di vendite di miele italiano. Quindi, come diversi confezionatori, abbiamo ancora i magazzini abbastanza pieni, ovviamente ritireremo tutto il prodotto ai nostri fornitori perché noi viviamo grazie a loro. Per i prossimi anni saranno benvenuti i nuovi fornitori, anche perché puntiamo a crescere di circa il 20%".