I consumi di latte e derivati lattiero caseari sono aumentati. Si è così invertita una tendenza che si protraeva da anni e che vedeva un debole ma continuo contrarsi dei consumi di questi prodotti.
Anche questo è uno dei cambiamenti nelle preferenze alimentari indotto dall'emergenza sanitaria e dal conseguente aumento dei consumi di prodotti alimentari in casa.

È una delle prime evidenze che emerge dalla lettura del report "Il Mercato del latte", a cura di Daniele Rama ed edito dalla Smea, Alta scuola di management ed economia agroalimentare dell'Università Cattolica di Cremona.
 

Un vademecum per il settore

"Il Mercato del Latte" (liberamente scaricabile a questo link), viene elaborato dall'Osservatorio sul mercato dei prodotti zootecnici (Ompz) a cadenza annuale ininterrottamente dal 1995 per fornire uno strumento a supporto di tutti gli attori della filiera latte.
Le analisi che vi sono raccolte si estendono dagli allevamenti al consumatore finale, coprendo tutti gli stadi della filiera: la produzione di latte, la trasformazione, la distribuzione, i consumi e l'import export.

L'attenzione è anche dedicata al contesto e ai meccanismi di regolazione e di collegamento verticale: il mercato internazionale, le politiche settoriali, i costi di produzione, i prezzi e i loro meccanismi di determinazione.
Una fotografia del settore precisa nei dettagli, ma anche organizzata in una visione d'insieme, della catena del valore: come questo si genera e come si distribuisce tra gli attori, quali sono i punti virtuosi, gli snodi critici e le tendenze in atto.
 

L'evoluzione

Ma ecco alcune anticipazioni sui dati più salienti che "Il Mercato del latte" propone ai suoi lettori.
A iniziare dalla spesa in Italia delle famiglie per latte e derivati che nel 2019 si contrae, seppur debolmente, per il secondo anno consecutivo: ammonta a circa 10,4 miliardi di euro, -0,1% su base annua.
Il risultato negativo è dovuto unicamente al ribasso dei volumi acquistati, che rispetto al 2018 sono diminuiti dell'1,3%.
I valori medi unitari, infatti, crescono dell'1,2%.

Questa ennesima battuta di arresto nei volumi acquistati non trova tuttavia conferma nel primo semestre del 2020, poiché, a causa delle restrizioni governative legate alla pandemia di covid-19, che hanno limitato la possibilità dei pasti fuori casa, gli acquisti in volume delle famiglie registrano una variazione tendenziale del +5,7%; in termini di valore il rialzo sale all'11,2%.
 

L'export

Nel 2019, secondo i dati Istat ancora provvisori, continua la crescita degli introiti provenienti dall'export di prodotti lattiero caseari italiani.
Le esportazioni, costituite prevalentemente da formaggi, proseguono la loro tendenza positiva mostrando una crescita sia dei volumi scambiati – misurati in quantità di latte equivalente – che dei valori monetari.

Tuttavia, il trend positivo dell'export si arresta nei primi nove mesi del 2020 su cui impatta l'effetto del covid-19.
Rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, i quantitativi in equivalente latte aumentano modestamente, mentre i valori monetari mostrano un segno negativo.
In entrambi i casi le variazioni percentuali sono inferiori all'1%, ad indicare una sostanziale tenuta degli scambi se confrontati con l'andamento complessivo della bilancia commerciale italiana.
 

Daniele Rama, direttore dell'Alta scuola di management ed economia agroalimentare dell'Università Cattolica di Cremona (Smea)


Come cambia la zootecnia

È da anni ormai che la zootecnia italiana sta evolvendo verso una struttura a minor numero di aziende ma di maggiore dimensione.
Dai dati appena usciti nel rapporto Smea "Il mercato del latte", si può infatti osservare che quattro province (Brescia, Cremona, Mantova e Parma) realizzano ciascuna oltre il 5% della produzione nazionale di latte.
Nel complesso sono passate dal 33,1% di prodotto commercializzato nel 2008/09 al 36,5% nel 2019/20.

Questa concentrazione avviene nel contesto di una crescita produttiva globale, che si riflette in una tendenza a ridurre il periodo di "inattività" delle bovine: tra il 2019 e il 2020, mentre resta costante il numero complessivo di vacche, quelle che hanno partorito prima dei 24 mesi passano da 13 mila e settecento a 15 mila e novecento.