Gli animali allevati al pascolo oggi vengono gestiti attraverso l'utilizzo di recinti elettrificati o di pali a cui viene assicurato il filo spinato. Quando l’erba presente in un’'rea delimitata viene esaurita i capi vengono spostati in un'altra zona del pascolo in modo da lasciare il tempo alle piante di ricrescere.

Il pascolo turnato (o rotativo) viene adottato in misura limitata in Italia e principalmente dagli allevatori sulle Alpi, mentre chi alleva ovini e caprini nel Centro e Sud Italia, nonché nelle isole, si affida all'esperienza del pastore che guida le pecore e le capre di giorno in giorno verso nuovi pascoli.

A livello globale però l'utilizzo di recinti elettrificati o di filo spinato per la gestione dei pascoli è molto diffuso. In Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Brasile sono considerati lo standard negli allevamenti ovini e bovini. La gestione di tali recinti tuttavia richiede moltissime ore di lavoro. Lo sanno bene i nostri malgari che ogni giorno piantano pali ed stendono chilometri di recinzione elettrificata (e non) per contenere le vacche sui pascoli alpini.


Il pascolo si fa 4.0

Tutto questo potrebbe presto cambiare. Ci sono almeno quattro startup a livello globale (Vence, Agersense, Halter e Nofence) che stanno provando a rendere 4.0 il pascolo turnato.

L’idea di fondo è semplice: dotare ogni capo di un collare Gps in grado di individuare in maniera costante la posizione dell'animale. L'agricoltore a quel punto traccia sul suo smartphone i confini del pascolo e se l'animale prova a superare tali confini il collare dapprima emette un suono fastidioso o una vibrazione, in un secondo tempo invece utilizza una scossa elettrica per far tornare sui suoi passi l'animale.


In questo modo l'allevatore non deve gestire pali e recinzioni perché il tutto avviene in maniera digitale. Si ha quindi un risparmio consistente sia in termini di materiali che di manodopera impiegata per la realizzazione delle recinzioni.

Ma non è finita qui, perché il collare utilizzato per il pascolo rotativo diventa lo strumento abilitante per una zootecnia 4.0. Sul collare possono essere infatti montati altri sensori, come quelli già oggi disponibili sul mercato, in modo che la piattaforma sia in grado di monitorare un gran numero di parametri, come ad esempio la mobilità dell'animale, l'attività trofica, la temperatura corporea, la presenza di tosse e tanto altro ancora. Tutti questi dati sono utili per la gestione di precisione dell'animale per quanto riguarda i calori, le zoppie oppure l'insorgenza di malattie.

Il costo del servizio è ancora in fase di definizione poiché nessuna startup ha raggiunto un livello di affidabilità tale da andare sul mercato. Ma ci sono alcune realtà, come Vence, che già hanno distribuito in prova il proprio device a centinaia di allevatori sparsi tra Australia e Stati Uniti. A fronte di un abbonamento di pochi dollari all'anno l'azienda agricola ha così accesso non solo al servizio di pascolo digitale, ma anche ad una serie di informazioni sui propri animali.

Non bisogna poi dimenticare il tema della sostenibilità, cavalcato da tutte le startup. La gestione digitale dei pascoli permette infatti una rotazione molto efficiente evitando quindi che si sfruttino eccessivamente i terreni.

E le batterie? Una startup come Vence assicura che in contesti rurali caratterizzati da ampi spazi aperti, come in Australia, possono durare anche due anni, mentre in un territorio come quello alpino la continua modifica dei confini, come il più probabile tentativo degli animali di superarli, comportano un maggiore consumo di elettricità e quindi le batterie potrebbero durare non più di sei mesi.
 

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