Lo ha detto il responsabile dell'Unità di progetto per l’eradicazione della Peste suina africana, Alessandro De Martini l'11 febbraio, dopo che un cordone di decine di allevatori si è formato all'ingresso di Desulo (Nu) per impedire all'Unità, accompagnata da forestali, carabinieri e veterinari della Asl, di entrare nei terreni dove pascolano i maiali allo stato brado, al fine di abbattere i capi malati con l'obiettivo di estirpare la peste.
Nel paese nei giorni precedenti vi erano state proteste dopo i primi abbattimenti ordinati dai vertici della task force regionale. Anche il sindaco, Gigi Littarru, aveva manifestato soprattutto perché nei giorni precedenti sono stati abbattuti capi sui quali non sarebbe stata accertata la malattia. Inoltre, sempre secondo il sindaco, i capi morti sarebbero stati interrati in terreni privati senza autorizzazione. Tutte circostanze smentite da De Martini. La protesta è andata avanti tutta la mattina e gli esperti dell'abbattimento dei suini non hanno quindi potuto operare nella giornata dell’11 febbraio.
Martini ha inoltre aggiunto: "Si tratta di animali, allevati illegalmente, senza alcun controllo sanitario, che alimentano la diffusione della Peste suina africana, come dimostrano i dati dei prelievi effettuati sui maiali abbattuti lo scorso 5 febbraio che hanno registrato il 30% di soggetti positivi al virus, e che vengono macellati clandestinamente, senza nessuna precauzione igienico sanitaria, e quindi possono mettere a rischio la salute degli ignari o incauti acquirenti con malattie pericolosissime per l’uomo come la Trichinellosi".
"È obiettivo di questa giunta liberare la Sardegna da 38 anni di schiavitù sanitaria animale dovuta alla Psa - ha proseguito De Martini - Un periodo buio per la nostra zootecnia in cui il comparto suino, con i suoi tanti allevamenti legali, ha pagato il prezzo maggiore: negli ultimi 5 anni si è quasi dimezzato il numero dei maiali allevati sull’Isola".
La Sardegna, spiegano all’Unità di progetto, è sorvegliata speciale della Commissione europea, in quanto realtà del Vecchio continente dove da più tempo è presente la malattia dei suini. La stessa Unione europea ritiene che le azioni di depopolamento messe in campo dalla Regione Sardegna siano ancora troppo deboli, al punto che ha deciso di interrompere il finanziamento, che nel 2015 era stato di un milione di euro, per il piano di eradicazione della Psa.
Se gli interventi di emersione dall’illegale da un lato e di depopolamento dall’altro non dovessero raggiungere gli obiettivi concordati con Bruxelles c’è il rischio che l’embargo sulle carni suine sarde continui ancora per molti anni e che anche altri finanziamenti, come quelli per il benessere degli animali vengano messi sotto osservazione e decurtati.
Attualmente la Regione Sardegna è in grado di premiare la legalità finanziando l’emersione e la gestione degli allevamenti controllati e a norma di legge con il Programma di sviluppo rurale 2014-2020. Per la prima volta in Sardegna, è prevista la misura del benessere animale per i suini con uno stanziamento totale di 50 milioni e 638mila euro. Un impegno finanziario importante a cui si possono affiancare tutte le altre misure previste nella nuova programmazione che contribuiscono, anche con finanziamenti che raggiungono l’80% a fondo perduto, alla costruzione delle strutture e all’acquisto dei mezzi necessari per l’avvio degli allevamenti.
Le linee strategiche del nuovo Piano di eradicazione sono state presentate dai veterinari delle Asl in decine di incontri con gli allevatori, promossi dall’Agenzia regionale Laore nel corso del 2015, che indicavano nel 30 novembre 2015 il termine ultimo per la regolarizzazione degli allevamenti suini. Tale possibilità ha interessato ben 439 soggetti, che hanno presentato nei termini la domanda di regolarizzazione.
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Fonte: Regione Sardegna