Nei 30 focolai di brucellosi già confermati, 200 capi infetti sono stati già abbattuti e 200 restano da abbattere nei prossimi giorni. “Ma in sette aziende – spiega Pietro Greco, direttore della Coldiretti di Ragusa - il tasso di sieropositività delle mandrie potrebbe superare il 30% e per tanto è concreto il rischio che complessivamente si pervenga all’abbattimento di circa 1000 capi, dovendosi dare corso allo stamping out, come previsto dalla legge, che consiste nell’abbattimento di tutti gli animali di questi allevamenti”.
A lanciare l’allarme brucellosi era stata proprio la Coldiretti lo scorso 30 marzo, quando durante una conferenza stampa – alla presenza anche del sindaco di Ragusa, Federico Piccitto e dei responsabili dell’Asp iblea, Giorgio Blandino, e di Siracusa, Sebastiano Ficarra - aveva presentato un piano per scongiurare le ricadute economiche negative della zoonosi.
Inserire i microchip con bolo ruminale in tutti i bovini (l’80% ne è sprovvisto), individuare le risorse per risanare le aziende e costituire un tavolo d’emergenza. Erano state queste le richieste della Coldiretti siciliana per fronteggiare la brucellosi nel ragusano.
“Molte aziende – aveva detto il presidente regionale Coldiretti Alessandro Chiarelli – rischiano la chiusura anche per la mancanza di una politica sanitaria che invece occorre avviare subito, intervenendo con un ristoro immediato e con fondi a medio termine. Chi deve abbattere cento animali, non si capisce come possa continuare a produrre e ricominciare. Si tratta di un’emergenza e come tale la Regione deve subito individuare le risorse”.
Nella provincia iblea il contagio fa paura: qui si contano circa 700 aziende, per complessivi 20mila capi, prevalentemente di razza Modicana e un mercato del latte orientato sia all’imbottigliamento – con Parmalat e Latterie Riunite principali compratori - che a quello della trasformazione in formaggi, tra i quali spicca il Caciocavallo ragusano Dop.