Il Consorzio del Parmigiano-Reggiano non si sarebbe aspettato di chiudere le celebrazioni per i primi 80 anni di vita del consorzio con un’emergenza di mercato come quella che il re dei formaggi sta attraversando ora. La Borsa merci di Milano, lo scorso 26 gennaio, rilevava un prezzo di 7,55 euro al chilogrammo per lo stagionato 12 mesi, quasi il 15% in meno rispetto all’anno scorso.

E ora, fra meno di due mesi, si aprirà un’altra incognita: la fine delle quote latte. “Il nostro consorzio si sta ponendo degli interrogativi di frontiera operativa – ha detto sabato scorso, a Soragna (Parma), il presidente Giuseppe Alai -. Il ruolo deve essere confinato alla mera funzione istituzionale di tutela, vigilanza e promozione del prodotto o velocemente ci si deve appropriare di tutte le caratteristiche consentite dal Pacchetto Latte e dal Pacchetto qualità?”.

Temi sui quali – fra gli altri - si soffermerà l’attenzione del tavolo di filiera del latte, convocato dal Mipaaf il prossimo 11 febbraio.
L’urgenza, secondo Alai, impone il “sostegno di metodo e strumenti per portare a termine l’evoluzione interprofessionale del sistema e, rispetto ai mercati globali, il sostegno per abbattere le tante barriere strumentali che in molti mercati ci impediscono di portare il nostro prodotto”.

Anche gli accordi internazionali, il Ttip fra questi, dovrà rappresentare un’opportunità per il rafforzamento della tutela della denominazione e non l’eliminazione delle quote che, sottolinea il presidente del consorzio del Parmigiano-Reggiano, “paradossalmente potrebbe agevolare le esportazioni di formaggi similari prodotti nel resto d’Europa”.

Una linea condivisa anche dall’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, che ribadisce la propria contrarietà alle quote. “Il sistema delle quote latte è stato un fallimento clamoroso – ha ripetuto -. E in questa situazione di prezzi, resto fermamente convinto che i Consorzi di tutela debbano tutelare i prodotti, non fare il mercato”.

Dal prossimo aprile, ha ricordato Fava, scatterà la liberalizzazione della produzione di latte. “Ma se passiamo dal sistema delle quote latte a un sistema di quote formaggio – ha ammonito - rischiamo di replicare il danno, perché non dimentichiamo che se oggi molte aziende agricole sono indebitate, una delle grandi responsabilità è stata l’acquisto di quelli che si sono rivelati solo dei diritti di carta”.
Anche i piano produttivi, per l’assessore lombardo, “non hanno sortito l’effetto desiderato, perché non hanno saputo intercettare le dinamiche del mercato, per cui bisogna riflettere con attenzione sull’opportunità di porre ulteriori quote sulla produzione di formaggio”.

La partita, semmai, si gioca sul piano internazionale. “Due giorni fa il commissario all’Agricoltura Hogan ha ribadito che il problema del prezzo del latte non c’è. Probabilmente è vero, perché lui fa un calcolo a livello europeo, ma dobbiamo anche riconoscere che qui è diverso e, in termini di produzione, dobbiamo dire chiaramente che difficilmente riusciremo a rientrare nel quantitativo di quote assegnate nel 2014/2015”.

La strada da percorrere, dunque, è legata alla tutela del prodotto. “Vedo che nell’accordo tra Usa e Cina, gli Stati Uniti si riservano di produrre parmesan e altri formaggi che in Europa sono tutelati. Ma se non contrasteremo tale situazione a livello mondiale, allora non sarà più necessario discutere di quote e di programmazione”.

Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha posto alcune distinzioni di fondo. “Se non sono stati fatti gli accordi interprofessionali non potete scaricare la responsabilità sul ministero – ha rimarcato -. Così come sull’incertezza del sistema con la fine delle quote latte: se ne parla dal 2008, non da martedì scorso”.

Quanto ai consorzi di tutela, per Martina si deve poter parlare di tutela fluida. “Vorrei dare più poteri – ha assicurato – perché gli scenari cambiano e la tutela negli anni Ottanta non era la tutela di oggi. Serve formula molto aperta, dove l’evoluzione della funzione deriva non da un irrigidimento formale, ma da una maggiore elasticità".

Il mercato è in flessione rispetto al 2013, ma per il ministro bisogna guardare anche altrove. “La globalizzazione è un’occasione che dobbiamo sfruttare – ha dichiarato – e in queste pieghe va riaffermato il tema della tutela. Porremo le dovute attenzioni, ma se guardiamo al fronte della contraffazione non possiamo tacere che l’Italia è l’unico paese che usa bene gli strumenti di contrasto, come l’ex officio”.

L’accordo fra Ue e Usa impone attenzione, ma è altrettanto fondamentale, secondo Martina, allontanare le paure. “Quando costruisci un’ipotesi di accordo con un grande paese come gli Usa, qualche insidia c’è. Ed è vero che nel Ttip che è in fase di elaborazione ci sono visioni diverse, soprattutto su questa faglia. Gli Usa sono più orientati al versante del marchio, noi sulla tutela prodotto”.

Sul Fondo latte di qualità, una dote da 108 milioni di euro fino al 2017, con un primo finanziamento per il 2015 di 8 milioni di euro, che nei giorni scorsi aveva incontrati qualche critica sull’efficacia da parte dell’assessore Fava (con replica di Martina), il ministro ha messo in luce, dal pulpito della Rocca Meli Lupi di Soragna: “Non ho mai pensato che quell’intervento fosse risolutivo. Non troverete parole di giubilo, ma semplicemente abbiamo pensato di mettere insieme delle risorse e indirizzare la filiera con qualche strumento in più – ha spiegato -. Abbiamo iniziato. Sappiamo che non risolve il problema, ma è uno strumento da accompagnare agli altri come l’interprofessione e il rafforzamento dei consorzi di tutela”. Ma anche l’applicazione degli strumenti di assicurazione: “Non sono ancora scritti, dobbiamo studiarli, ma possono essere presi in considerazione con le risorse del Pon”.
Possibilista, Martina, anche sull’innalzamento della soglia del tenore di grasso, oltre il 6%, come leva per contenere il calcolo delle produzioni lattiere. Una richiesta avanzata dall’assessore all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna, Simona Caselli.