Dopo l’impennata dei prezzi registrata nel settembre dello scorso anno, per il Parmigiano Reggiano è iniziata una lenta e  inesorabile flessione. Le quotazioni sono scese dal mese di gennaio e hanno raggiunto a marzo quota 7,40 euro/kg  per il prodotto con 12 mesi di stagionatura. E da lì non accennano a risalire. Analogo il comportamento del prodotto a più lunga stagionatura (24 mesi), fermo da marzo a quota 8,25 euro.

Il  Consorzio di tutela ha svolto un ottimo lavoro di controllo dei livelli produttivi, tanto che nel mese di giugno il collocamento della produzione a marchio 2007 si è attestato a quota 31,9%, contro il 38,3 % dell’anno precedente. Inutile interrogarsi di quanto sarebbero scesi i prezzi in assenza di questo lavoro di coordinamento. Resta il problema di un mercato in affanno, stretto fra consumi stabili e quotazioni “ingessate”, incapaci di assorbire gli aumentati costi di produzione.

 

Le strategie da adottare

Quali le soluzioni? Se ne è parlato diffusamente in un recente incontro che si è tenuto a Reggio Emilia, dal titolo "Parmigiano-Reggiano: Vendita diretta - Vendita a distanza - Esportazione ..soluzioni o illusioni?". Organizzato dalla Provincia di Reggio Emilia, in collaborazione con il Consorzio di tutela del Parmigiano-Reggiano, l’incontro si è articolato sui risultati di alcune ricerche messe a punto dal Crpa di Reggio Emilia (Centro ricerche produzioni animali) che hanno messo a nudo le opportunità, ma anche le difficoltà di individuare nuovi sbocchi per il “Re” dei formaggi. A iniziare dalla commercializzazione via internet, canale interessante, ma che va affrontato, come messo in evidenza da Franco Torelli, con grande cautela. Dei 429 caseifici in attività solo 38 hanno messo in piedi un servizio di vendita on-line, i cui limiti maggiori sono i costi di consegna, particolarmente pesanti (si va da un minimo di 6 euro per l’Italia a 12,50 euro per le destinazioni oltre confine, anche per un solo kg di prodotto). Non è dunque casuale che appena lo 0,035% del Parmigiano-Reggiano sia venduto on-line.

 

Spacci aziendali, ma non solo

Più concreti gli spazi di aumento per gli spacci aziendali dei singoli caseifici, a condizione di migliorare il servizio al cliente. Altro mezzo per accorciare la filiera è la realizzazione di punti vendita nelle aree urbane o nei centri commerciali. Fattibile, purché si arrivi a commercializzare quantità importanti di prodotto. Altrimenti i costi superano le entrate. E poi c’è da mettere in conto il rapporto con la Gdo, la distribuzione organizzata. Impossibile fare finta che non esista.

Non resta che organizzarsi e giungere al confronto sapendo che l’obiettivo è soddisfare al meglio le esigenze del mercato prestando attenzione a ciò che compra il cliente e non a ciò che vende l’azienda. Un principio che vale anche per i mercati internazionali, argomento affrontato da Kees de Roest,  che nelle esportazioni vede il miglior mercato di sviluppo per il Parmigiano Reggiano. A suo parere le leve sulle quali agire sono soprattutto le promozioni rivolte alle catene di distribuzione e ai punti vendita. Poi l’utilizzo del canale dei ristoranti italiani e la partecipazione a incontri fieristici.

 

Il caso Russia

Troppo costoso invece il ricorso alle classiche campagne promozionali. Ma bisogna anche individuare quali Paesi possono offrire i più alti tassi di incremento nel consumo di Parmigiano-Reggiano. Interessante il caso della Russia, che ha  già  nella sua tradizione culinaria i formaggi a pasta dura e dove si stanno sviluppando le grandi catene distributive. Un Paese, la Russia, dove il Parmigiano Reggiano può avere buone possibilità di crescita.