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Le lebbra dell'olivo, chiamata anche antracnosi, è una delle malattie fungine più rilevanti che colpiscono le piante di olivo. A differenza dell'occhio di pavone, questa malattia non coinvolge le foglie, ma le olive. Colletotrichum gloeosporioides, questo il nome del fungo responsabile dell'infezione, attacca le drupe che mostrano tacche necrotiche scure e cadono a terra, oppure mummificano sull'albero.
Se non controllata la lebbra può causare ingenti perdite alle produzioni, anche del 50%. E se molite le drupe contagiate dal fungo producono un olio di scarsa qualità, con una acidità libera elevata e un colore tendente al rosso.
Il ciclo biologico di Colletotrichum gloeosporioides
Per comprendere come difendere gli olivi dalla lebbra è utile conoscere il ciclo biologico del fungo patogeno responsabile della fitopatologia: Colletotrichum gloeosporioides. Si tratta di un fungo presente in tutto l'areale italiano, ma che crea problemi soprattutto al Sud, che sverna sugli alberi nei frutti mummificati oppure nei tessuti dei rami infetti.
Alla ripresa vegetativa, in primavera, se le condizioni ambientali lo consentono, le spore del fungo germinano attaccando i fiori e i frutticini in allegagione. Dopo l'infezione il fungo rimane in una fase latente per tutta l'estate e si ripresenta con i sintomi tipici in fase di allegagione. In autunno quindi i frutti colpiti presentano tacche tondeggianti, di colore scuro, depresse e di consistenza cuoiosa.
(Fonte foto: Massimo Pilotti - Crea)
I frutti colpiti da infezione primaria possono cadere precocemente al suolo oppure mummificare sull'albero, dissecandosi. Con umidità elevata sui frutti colpiti si formano delle pustole rossastre che rilasciano i conidi, che, trasportati dalla pioggia, fungono da inoculo per le infezioni secondarie. Sulla pianta si avviano così diversi cicli di infezione, favoriti anche dal tipico clima autunnale piovoso e fresco, che se non interrotti portano ad una perdita consistente della produzione.
Bisogna dunque distinguere tra infezione primaria latente, che si contrae in primavera e che rimane asintomatica fino all'invaiatura. E infezione secondaria, che invece interessa le drupe arrivate sane fino all'invaiatura e che è molto più veloce e violenta nel degradare i tessuti vegetali.
Le mummie che rimangono attaccate agli olivi fungono da inoculo per l'infezione dell'anno successivo, quando in primavera le temperature favoriscono il rilascio dei conidi e la maturazione delle spore.
Le mummie sono pericolose anche per un'altra ragione. C. gloeosporioides è infatti in grado di penetrare nel ramo della pianta attraverso il peduncolo e di insediarsi nel legno. Nello stesso anno o in quello successivo, alla ripresa vegetativa, il fungo potrà così colonizzare dal legno i tessuti fogliari e le nuove drupe, portando anche ad una essiccazione del ramo e ad un indebolimento generale dell'albero.
La difesa dell'olivo dalla lebbra
La strategia di difesa dell'olivo dall'agente patogeno della lebbra si sovrappone in molte parti alla strategia utilizzata per la difesa delle piante dall'occhio di pavone. E riguarda principalmente la scelta di sesti di impianto ampi, adeguati alla vigorìa delle piante. Nonché l'esecuzione di potature eseguite a regola d'arte per arieggiare la chioma e favorire la bagnatura fogliare durante i trattamenti fitosanitari. Durante la potatura è bene prestare attenzione a rimuovere tutti i rami che portano frutti mummificati, in quanto fungeranno da inoculo alla ripresa vegetativa.
Drupe colpite dalla lebbra
(Fonte foto: Regione Toscana)
È utile poi ricorrere ad una irrigazione moderata, per evitare ristagni d'acqua e aumenti di umidità, nonché a concimazioni azotate equilibrate, in modo da avere uno sviluppo sano e produttivo della pianta, senza accrescimento fogliare esagerato. Nel caso della lebbra, a differenza dell'occhio di pavone, non ci sono evidenze di cultivar resistenti o variamente suscettibili.
La strategia di difesa antifungina
Una corretta strategia di difesa dell'oliveto dalla lebbra non può prescindere dall'utilizzo di agrofarmaci con effetto antifungino. Gli stessi agrofarmaci che sono impiegati anche per la difesa delle piante dall'occhio di pavone.
Nello specifico si consiglia un trattamento in prefioritura con prodotti a base di rame (idrossido, ossicloruro, ossido e solfato) o meglio ancora a base di triazoli (tebuconazolo) e strobilurine (trifloxystrobin e pyraclostrobin). Queste sostanze attive ad effetto sistemico hanno il grande pregio di proteggere l'intera pianta da C. gloeosporioides, evitando non solo le infezioni latenti, ma devitalizzando anche il fungo che ha colonizzato i tessuti vegetali dei rami.
Un secondo trattamento è invece da prevedere ad invaiatura, quando le infezioni primarie si palesano e le fruttificazioni del fungo sulle drupe possono dare avvio ad infezioni secondarie sulle olive sane. Oltre al rame prove in campo hanno dimostrato l'efficacia del mancozeb.
Al momento della scrittura di questo articolo su Fitogest® sono dieci le sostanze attive utilizzabili per difendere l'olivo dalla lebbra e 64 gli agrofarmaci registrati disponibili sul mercato. Agrofarmaci che devono essere alternati nel meccanismo d'azione per scongiurare il rischio di insorgenza di resistenze nel fungo.