Botrytis cinerea è un fungo che causa ogni anno milioni di euro di danni in tutta Europa su numerose colture. In Italia rappresenta un problema soprattutto per la viticoltura, in quanto i grappoli di uva colpiti subiscono un abbassamento della qualità e sono soggetti a infezioni secondarie, elementi che poi si ripercuotono in cantina.

Ad oggi i viticoltori ricorrono a trattamenti antifungini con agrofarmaci di sintesi o di origine biologica per difendere le piante. Ma le strategie di difesa potrebbero cambiare grazie ad una ricerca (finanziata dal Mipaaf) condotta dal Crea con il suo Centro di ricerca per la viticoltura e l'enologia che ha messo a punto una sorta di vaccino in grado di allertare le difese immunitarie della pianta.
 

Il metodo dell'RNAinterferente

Per raggiungere l'obiettivo i ricercatori hanno utilizzato la tecnica dell'RNAinterferente che consiste nel produrre filamenti particolari di Rna (una molecola presente in tutti gli organismi viventi) e di applicarli alle viti. Il sistema immunitario delle piante reagisce a questi composti producendo a sua volta delle molecole di Rna che neutralizzano quelle che provengono dall'esterno.

"Questa tecnica viene utilizzata solitamente dalle piante per difendersi dai virus, ma se adeguatamente stimolato il sistema immunitario può essere indirizzato per neutralizzare anche insetti e funghi", spiega ad AgroNotzie Luca Nerva, il ricercatore del Crea che insieme a Walter Chitarra ha coordinato lo studio.

La ricerca, che è stata pubblicata su Biomolecules, ha in altre parole permesso di mettere a punto una specie di vaccino che allerta il sistema immunitario della vite che quindi è pronto a fronteggiare la botrite quando questa prova ad infettare i tessuti vegetali.
Schema esemplificativo


I test di campo del vaccino su vite

Il composto è stato sperimentato su piante di vite dell'età di sei anni, allevate in vaso e posizionate a lato di un vigneto per rendere le condizioni il più possibile aderenti a quelle di campo. Nello specifico, è stata valutata l'efficacia in pre e post-raccolta su 72 piante in totale.

Il prodotto a base di Rna è stato applicato in tre modalità differenti: con applicazione fogliare, in post-raccolta e direttamente nel flusso xilematico. "Questa è stata una prova utile ad un altro filone di ricerca, che riguarda la difesa della vite dai funghi che causano il mal dell'esca", sottolinea Nerva. "Essendo riusciti a far passare i segmenti di Rna attraverso il flusso xilematico siamo fiduciosi di poter mettere in campo una strategia di difesa simile a quella per la botrite anche per i funghi che causano il mal dell'esca e che attaccano il legno del tronco della vite".

Per quanto riguarda invece i trattamenti in post-raccolta l'obiettivo è stato quello di misurare la capacità del metodo RNAi di allungare la shelf life dell'uva. Una applicazione che tornerebbe utile in tutte quelle lavorazioni che prevedono un appassimento dei grappoli (dalla preparazione dell'Amarone a quella dei passiti fino all'uva sultanina).

I risultati in post-raccolta sono stati ottimi: i grappoli non trattati hanno sviluppato elevate percentuali di acini attaccati dalla botrite (oltre l'80%), mentre quelli trattati con le applicazioni di Rna hanno danni quasi impercettibili (al di sotto del 5%).

Oltre all'efficacia questo metodo è caratterizzato anche da un profilo ambientale ottimo, nel senso che il prodotto è selettivo su botrite e non lascia residui. Il nodo ora è di carattere economico. Perché la produzione delle molecole di Rna volte a stimolare la risposta RNAi della pianta sono molto costose e non compatibili, per ora, con una fase commerciale. Le cose potrebbero cambiare nei prossimi anni visto che alcune importanti società dell'agrochimica hanno già fatto investimenti ingenti su questo fronte e potrebbero presto finalizzare tecniche di produzione meno costose.