Numerosissime le richieste di approfondimento pervenute alla segreteria del Gruppo apistico Volape che ha organizzato l’evento con la collaborazione del Conaproa, il Consorzio nazionale produttori apistici.
Notevole l’interesse suscitato su questo argomento anche in virtù di notizie sull’imminente presentazione di un protocollo per la lotta alla Varroa che prevede l’utilizzo di una “macchina produttrice di ozono”.
Per rendere ancor più chiari i limiti dell’eventuale impiego dell’ozono in apicoltura, AgroNotizie ha parlato con Gennaro Di Prisco, ricercatore del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, autore di diverse pubblicazioni su riviste internazionali e relatore a Caianello. La sua attività di ricerca si focalizza sull’impatto di stress biotici e abiotici sul sistema immunitario delle api, soprattutto Varroa, virus e agrofarmaci.
Attualmente Di Prisco è impegnato nel gruppo di lavoro italiano del progetto europeo di ricerca “Smart Bees”, coordinato dall’Institute for Bee Research Hohen Neuendorf di Berlino.
Dottor Di Prisco, che cos’è esattamente l’ozono?
"L’ozono è un gas naturale di colore blu con odore pungente, costituito da 3 atomi di ossigeno che si trova negli strati dell’atmosfera terrestre oltre i 10 km sul livello medio del mare e in una concentrazione di circa 0,04 parti per milione".
Quali sono invece le proprietà dell’ozono?
"Grazie ai radicali liberi che si formano durante il suo ciclo naturale ha il potere di ossidare diversi substrati, dai metalli come il ferro alle macromolecole organiche come proteine, amminoacidi e Dna. Grazie a questa caratteristica è utilizzato come disinfettante e/o disinfestante degli ambienti o di materiali contro batteri, funghi, virus, acari e insetti".
Come viene utilizzato l’ozono in apicoltura?
"In campo apistico è utilizzato per la decontaminazione della cera da acaricidi come ad esempio il Coumaphos o il tau-fluvalinate; disinfezione e disinfestazione delle attrezzature (a cominciare dalle arnie) da Paenibacillus larvae (Peste americana), Ascosphaera apis (Covata calcificata) e Galleria mellonella (Tarma grande della cera) con dosi di diverse centinaia di ppm e qualche ora di trattamento. Nulla invece si conosce sull’efficacia dell’ozono sui virus patogeni delle api, come il pericoloso Dwv".
E per la Varroa?
"Per quanto riguarda la lotta all’ectoparassita Varroa destructor esiste un solo studio pubblicato negli anni ’80 dove però emergono effetti dannosi sulle api senza nessun evidente effetto sull’acaro. Purtroppo, per diverse patologie apistiche mancano studi di efficacia in vitro, di semi campo e di campo. Inoltre nulla è conosciuto sugli effetti collaterali sul sistema immunitario delle api o su organismi non target. Tale gap andrebbe colmato con degli studi scientifici ad hoc".