Regioni, consorzi di difesa, tecnici e agricoltori, tutti a convegno con due soli pensieri in testa: Flavescenza dorata e Scafoideo.
Presso la sede di Vit.En., Centro di saggio piemontese, si è infatti tenuto un incontro tecnico incentrato sull’evoluzione epidemiologica del fitoplasma e sui metodi di controllo del suo vettore, ovvero lo Scafoideo. Moderatore dell’incontro Gianantonio Armentano di Informatore Agrario, mentre la sponsorizzazione è stata appannaggio di Sipcam.
Presenti figure di differente estrazione accademica, come Alessio Alma e Nicola Mori, rispettivamente dell’Università di Torino e di Padova, i cui interventi sono stati arricchiti dalle testimonianze di referenti tecnici delle Regioni e delle Province in cui la Flavescenza dorata si qualifica ormai come fenomeno endemico di assoluta importanza, ovvero Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli. Un contributo prezioso, infine, è giunto anche dalla vicina Svizzera, grazie alla presenza di Luigi Colombi e Mauro Jermini, responsabili della lotta allo Scafoideo nel Canton Ticino.
 

Evoluzione del problema

 
Come ogni altra problematica di campo, anche quella della Flavescenza necessita di periodici aggiornamenti tecnici. Per esempio, si è osservato come negli ultimi dieci anni il comportamento del vettore, Scaphoideus titanus, si sia modificato molto a seguito delle mutazioni di alcuni fattori biotici e abiotici. Le temperature hanno infatti influenzato il comportamento del vettore il quale ha spostato in avanti la propria presenza nei vigneti. Se nel settembre 2001 gli adulti si presentavano in ragione del 2% della popolazione totale, nel 2011 e nel 2014 hanno toccato rispettivamente il 53% e il 59%, mostrando parimenti un ritardo nei picchi di volo. Rispetto infatti alla data del 31 luglio, comunemente accettata come riferimento storico, il 2011 ha fatto registrare un ritardo di 55 giorni, ridottosi poi a 30 nel 2014. Annate particolari dal punto di vista climatico come il 2012 e il 2013 avevano mostrato invece valori minori, ma comunque superiori a quelli caratterizzanti l’inizio del decennio. Ciò implica ovviamente un differente approccio tecnico al controllo del vettore.
 
Fondamentale risulta l’approccio integrato al problema. Non solo lotta insetticida quindi, ma anche strategie agronomiche, partendo dall’acquisto di materiale vivaistico sano e proseguendo con l’oculata gestione degli incolti e delle eventuali viti selvatiche presenti nelle vicinanze degli appezzamenti. Le reinfestazioni tardive da parte di queste aree espongono infatti a maggiori rischi di infezione e generano anche maggiori ovideposizioni che complicheranno ulteriormente i programmi di difesa l’anno successivo. Diviene quindi spesso necessario un terzo trattamento tardivo atto al contenimento di questi individui. Altra pratica fondamentale risulta essere la spollonatura, la quale permette di ridurre alla sola chioma il target del trattamento, minimizzando così il numero di individui sfuggiti all’applicazione.
Gli estirpi coatti dei vigneti incolti sono infine una pratica efficace, ma molto onerosa. Ciò perché la Regione deve anticipare i costi e solo in seguito si vede restituire l’importo dal proprietario dell’appezzamento. Fortemente caldeggiata quindi la vendita di tali appezzamenti a terzi che abbiano interesse a coltivarli e risanarli.
 

Un trattamento, ma ben fatto

 
Al momento sono ancora in via di sperimentazione le nuove metodiche basate sul disturbo degli accoppiamenti tramite vibrazioni, oppure applicando microrganismi e semiochimici.   
In attesa che questi nuovi strumenti vengano messi a punto, gli unici mezzi con cui controllare lo Scafoideo restano quindi gli insetticidi.
 
Cronologicamente, il primo trattamento deve essere effettuato intorno a metà giugno, sulle forme giovanili prima che queste divengano infettive. Dopodiché è necessario intervenire ancora entro la prima metà di luglio per coprire l’ultimo periodo di schiusura delle uova. Questa fase è infatti molto prolungata, spaziando da fine maggio ai primi di agosto e complicando molto le strategie di controllo. Il terzo trattamento, come detto, può avere carattere prevalentemente estintivo.
 
Dal convegno di Calosso è inoltre emerso quanto sia fondamentale che la lotta allo Scafoideo sia effettuata a livello comprensoriale. Molto meglio quindi che tutte le aziende effettuino per lo meno un trattamento, piuttosto di una situazione in cui alcune aziende trattano due o tre volte, inframmezzate però da altre che non trattano oppure trattano male. E infatti, a tal proposito, pressoché unanimi sono giunte le critiche all’approccio biologico, dal momento che troppe aziende Bio si fanno notare per l’assenza di trattamenti oppure per trattamenti poco efficaci. L’utilizzo di prodotti di derivazione naturale come piretro, azadiractina o Beauveria, possiederebbero infatti una bassa efficacia per contatto tarsale, necessitando quindi applicazioni il più possibile dirette sugli scafoidei presenti in quel momento. Peccato che subito dopo schiudano altre uova e quindi l’efficacia complessiva delle applicazioni risulti poco incisiva. E pure molto costosa: per ottenere significativi livelli di controllo servirebbero almeno tre trattamenti ravvicinati a partire dalle prime presenze di neanidi di 2a età. Pochi però seguono questo approccio e ciò implica che i vigneti Bio diventino spesso focolai per intere aree viticole.
 
Fra i prodotti di sintesi più citati spicca invece buprofezin, il regolatore di crescita che continua a mantenersi saldamente in testa alle preferenze dei tecnici, sia per l’efficacia, sia per la selettività verso api e fitoseidi. Thiamethoxam infatti, pur rivelandosi molto efficace in termini assoluti, risulta più delicato nella gestione a causa della sua elevata tossicità verso le api.
I trattamenti adulticidi a carattere estintivo restano a quanto pare appannaggio di esteri fosforici come clorpirifos, etile o metile.

Tecnici di tutto il Nord Italia sono convenuti a Calosso per il convengo su Scafoideo e Flavescenza della vite