Nell'area di zona infetta da Xylella fastidiosa subspecie pauca ST53, localizzata nel Sud della Puglia e non più soggetta alle obbligatorie azioni di contenimento si confrontano le strategie di convivenza con l'infezione batterica, che ha colpito i vasti oliveti della zona, decimandoli.
E se da tempo si va affermando l'idea che l'unico modo per continuare a fare olivicoltura nell'area è piantumare cultivar di olivo tolleranti al batterio, che vegetano e danno frutto pur se aggrediti dalla malattia - fino ad ora solo Leccino e Favolosa rispondono a questo standard - negli ultimi anni è cresciuta la tendenza a rendere resilienti gli olivi locali già attaccati dalla malattia con una procedura agronomica che va sotto il nome di "Protocollo Scortichini".
Si tratta di una tecnica che si va affermando sempre di più, fino a portare a costituire una vera e propria comunità di olivicoltori salentini, che si stanno occupando della tutela del germoplasma locale: Ogliarola Salentina e Cellina di Nardò soprattutto, le cui drupe hanno contenuti elevati di polifenoli.
E gli oliveti di questa comunità sono stati oggetto di studio recentemente utilizzando i sensori posti su satelliti grazie alla ricerca "Monitoring the effectiveness of a bio-fertilizer restoration technique using multi-resolution satellite and meteo-data: the case of Xylella fastidiosa subsp. pauca" pubblicata da Research Square-Scientific Reports del 7 febbraio scorso, con il seguente numero 22e0e1406a e che vede come autori Palma Blonda, Cristina Tarantino e Maria Adamo dell'Istituto di Ricerca sull'Inquinamento Atmosferico del Cnr, Marco Scortichini del Centro di Ricerca per l'Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura del Crea e Maria Tarantino del Dipartimento di Fisica Interateno dell'Università degli Studi Aldo Moro di Bari.
Lo studio, oltre a confermare l'efficacia del Protocollo Scortichini, con la concordanza di risultato tra le immagini ad alta risoluzione multispettrali e la reazione a catena della polimerasi (Pcr), ha aperto nuovi scenari sulla possibilità di perfezionare ulteriormente il metodo, perché si è scoperto che cultivar diverse di olivo reagiscono in maniera differente allo stesso protocollo e agli stessi dosaggi di fertilizzante fogliare.
Il Protocollo Scortichini in poche parole
Come si ricorderà, il Protocollo Scortichini consiste in una somministrazione mensile mediante nebulizzazione della chioma, nel periodo primaverile-inizio autunno, di un prodotto - ufficialmente autorizzato come fertilizzante fogliare - a base di zinco-rame-acido citrico sugli alberi affetti da Xylella fastidiosa, nella rimozione meccanica delle erbe infestanti in inverno e primavera per ridurre il numero di uova e per il contenimento delle forme giovanili dell'insetto vettore e potature leggere dell'albero con cadenze di uno-due anni.
Numerose le referenze del Protocollo Scortichini recentemente presentato anche alla Conferenza Internazionale sui Batteri Patogeni delle Piante. L'efficacia del metodo è associata anche al successo tra gli olivicoltori.
La comunità resiliente
Tanto è vero che l'attività di utilizzo del Protocollo Scortichini ha generato negli anni una vera e propria comunità, che è cresciuta dal 2015 ad oggi: si tratta di oltre 80 aziende agricole per oltre 1.000 ettari di oliveto, che sono dislocate da Otranto all'estremo Sud Leccese fino a Martina Franca e Carovigno, passando per Nardò e Galatone. Queste aziende ad indirizzo olivicolo hanno un ulteriore elemento forte in comune: riescono a coltivare l'oliveto, nonostante la presenza dell'infezione, con piante in buono stato vegetativo e che restano produttive benché infette.
Nella cartina i comuni pugliesi dove viene applicato il Protocollo Scortichini (cerchi in rosso).
I dati si riferiscono alla precedente demarcazione delle aree soggette al monitoraggio
(Fonte: Marco Scortichini)
Si tratta, a ben vedere dalla cartina, di un campione significativo di aziende, composto da grandi e piccoli appezzamenti, con tipologie di coltivazione diverse e cultivar utilizzate tutte tipiche del Sud della Puglia: Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina e Cima di Melfi. Un campione che si è ben prestato allo studio pubblicato da Research Square.
Le immagini da satellite vedono le isole verdi
La ricerca "Monitoring the effectiveness of a bio-fertilizer restoration technique using multi-resolution satellite and meteo-data: the case of Xylella fastidiosa subsp. pauca" pubblicata da Research Square ha applicato dati satellitari multi-risoluzione per valutare l'efficacia del Protocollo Scortichini sia a livello di campo che di albero.
Per convalidare la presenza del patogeno sono stati utilizzati campioni sul campo testati con la tecnica Pcr. Sono stati scelti i siti di Galatone, Cannole e Nardò. I rilievi satellitari sono stati effettuati nei mesi di luglio e agosto durante i quali sono ben visibili i sintomi di disseccamento causati dal batterio.
Il contributo dell'indice di fluorescenza clorofilliana indotta dal sole (Sif) e dell'indice di stress idrico delle colture basato sulla temperatura (Cwsi) recuperati rispettivamente da immagini iperspettrali e termiche, è stato analizzato attraverso algoritmi di Support Vector Machine. I risultati hanno indicato che l'indice di stress idrico (Cwsi) può essere più utile dell'indice di fluorescenza clorofilliana (Sif) per rilevare l'infezione da Xylella fastidiosa durante il monitoraggio su di una scala di grandi dimensioni.
Per la scala di campo, è stata utilizzata una serie temporale di immagini inviate dal satellite Sentinel-2 ad alta risoluzione (Hr), acquisite nei mesi di luglio e agosto dal 2015 al 2020. In primo luogo, sono stati confrontati quattro indici spettrali di campi trattati e non trattati. Quindi, le loro tendenze erano correlate agli eventi meteorologici.
Per la scala ad albero, le immagini inviate dal satellite Pléiades ad altissima risoluzione (Vhr) sono state selezionate nelle date più vicine ai dati di Sentinel-2 per studiare la risposta ai trattamenti di ogni diversa cultivar.
Tutti gli indici delle immagini Hr e Vhr sono risultati più elevati nei campi trattati rispetto a quelli non trattati.
In prospettiva, questo studio potrebbe essere generalizzato ed risultati dei dati Hr potrebbero essere utilizzati per valutare le condizioni dell'impianto a livello di campo dopo i trattamenti, mentre le immagini Vhr potrebbero essere utilizzate per ottimizzare le dosi di trattamento per cultivar differenti. I risultati Hr e Vhr concordano con i risultati della Pcr effettuata sugli oliveti oggetto dello studio.
Tutti gli indici spettrali analizzati nelle serie temporali di luglio e agosto delle immagini Sentinel 2 hanno mostrato valori più elevati nei campi trattati rispetto a quelli non trattati. Inoltre, l'analisi effettuata su scala di campo con i dati ad alta risoluzione provenienti da Sentinel 2, combinati con eventi meteo, sia in interi periodi che giornalieri, per ogni anno, ha evidenziato la capacità degli ulivi trattati di ridurre la carica batterica dopo due anni di trattamenti e tornare produttivi.
I dati Vhr hanno evidenziato la risposta di diverse cultivar al bio-fertilizzante utilizzato. Ad un certo utilizzo del fertilizzante fogliare, per esempio, risulta reagire meglio l'Ogliarola Salentina, che presenta un elevato indice di vegetazione, che si avvicina a quello del Leccino, ugualmente trattato. Meno reattiva la Cellina di Nardò: si tratta di risultati che andrebbero consolidati con ulteriori osservazioni, e in tal caso potrebbero orientare un affinamento del Protocollo Scortichini diversificando il trattamento per cultivar.
Anche questi risultati dell'analisi dei dati multi-risoluzione sono in accordo con i risultati quantitativi della Pcr, che indicano una riduzione della carica batterica dopo i trattamenti.
L'analisi combinata effettuata con i dati di osservazione della Terra da satellite ad alta e altissima risoluzione, a scala di campo e arborea, potrebbe quindi supportare sia la valutazione che la selezione di adeguate azioni di recupero dell'agrosistema olivicolo.
Tale selezione potrebbe essere utile per favorire la transizione verso un'agricoltura sostenibile nelle aree mediterranee, secondo la strategia del Green Deal europeo. A causa dei cambiamenti climatici, tutti i risultati ottenuti suggeriscono l'urgente necessità di ulteriori indagini, su larga scala, per ridurre il livello di infezione da Xylella fastidiosa subsp. pauca e accelerare il recupero del funzionamento degli agroecosistemi olivicoli.