L’Italia, secondo produttore mondiale dopo la Cina, appare però in controtendenza quest’anno con una previsione di produzione commercializzabile stimata di circa 352 mila tonnellate, -25% rispetto all’annata precedente, quando il raccolto commercializzato si collocava su un livello di 471 mila tonnellate.
Il dato è legato sicuramente al crescente diffondersi della batteriosi Pseudomonas syringae pv actinidiae, che ha portato alla contrazione delle superfici produttive in diversi importanti areali.
Molto diversi i dati relativi alle varie Regioni produttive: in Piemonte la previsione 2012 si attesta sui 31.700 (-75% rispetto al 2011), in Veneto 87.600 tonnellate (+17%), in Emilia-Romagna 75.800 tonnellate (-21%), nel Lazio 128.000 tonnellate (-19%), mentre per Friuli e Calabria dovrebbero essere vendute 56.600 tonnellate (+4%).
Questo scenario in chiaroscuro dal punto di vista produttivo non deve però spaventare, visto il crescente interesse del mercato verso questo frutto e le buone prospettive che esso presenta.
Abbiamo fatto il punto del settore, prendendo in esame prospettive e problematiche, con alcuni protagonisti del settore.
Alessandro Fornari, direttore del Consorzio Kiwigold
Quali sono, secondo lei, le motivazioni di questo forte incremento? Quali le prospettive per il futuro?
"L’actinidia è un frutto relativamente giovane: negli anni ’80 la sua coltivazione su larga scala era praticamente agli albori. Da allora, si è cominciato a conoscere e coltivare questa specie in Italia, che oggi ha raggiunto la leadership mondiale in termini produttivi (escludendo la Cina). L’incremento della produzione ha seguito l’andamento della domanda di mercato, con ritorni positivi in termini di remunerazione ai produttori. Negli ultimi anni la produzione si è stabilizzata sul livello indicato dal Cso, pertanto non sono previsti grossi aumenti nel futuro prossimo”.
L'incognita batteriosi potrebbe incidere pesantemente sui livelli produttivi. Qual è la situazione ad oggi?
“La batteriosi ha rappresentato e continua a rappresentare una forte minaccia per il comparto. Tuttavia, come spesso accade quando si ha a che fare con epidemie di questo genere, ricercatori da un lato e tecnici e agricoltori dall’altro, stanno apportando il massimo sforzo per prevenire e contenere la malattia. L’obiettivo è limitare, per quanto possibile, i danni e garantire un futuro ad una coltivazione troppo importante per il nostro sistema ortofrutticolo”.
Quanto e in che modo l'innovazione varietale, che rappresenta un fondamentale fattore di crescita per la frutticoltura, interessa il comparto?
“Nell’ultimo periodo l’innovazione varietale è entrata di diritto a fare parte del comparto kiwi, che per anni aveva visto il permanere di un’unica varietà (il kiwi a polpa verde Hayward). Oggi esistono diverse cultivar che hanno interesse commerciale, alcune distinguibili per il colore della polpa (come il nostro kiwi giallo Jingold® Jintao*), altre per la precocità di maturazione. La ricerca in questo ambito è molto attiva e certamente in futuro altre varietà potranno ritagliarsi uno spazio di mercato interessante. Di certo, la Psa ha inserito una nuova variabile da tenere in considerazione per la selezione di nuove varietà di kiwi, le quali dovranno essere il più possibile resistenti a tale avversità”.
Il kiwi made in Italy riscuote molto successo all'estero, tanto che i Paesi dell'Ue assorbono quasi l'80% della produzione nazionale. Quali devono essere le caratteristiche di questo prodotto?
Quali le strategie per poterlo valorizzare?
“È importante che il prodotto esportato, tanto quanto quello destinato al mercato interno, presenti caratteristiche organolettiche adeguate in termini di grado zuccherino e di sostanza secca (alla quale è legata anche la conservabilità del frutto). Per valorizzare il prodotto made in Italy è necessario che tali caratteristiche siano garantite e comunicate.
A questo proposito, noi di Jingold®, insieme ad altri importanti produttori ed esportatori italiani, abbiamo dato vita al Consorzio Kiwifruit of Italy. Siamo convinti che vada invertita la rotta di prezzi al ribasso, che da un lato illudono il consumatore verso un risparmio che non esiste, a fronte di prodotti spesso di scarsa qualità e scarso valore, e che non garantiscono un adeguato reddito ai produttori.
Riteniamo che per chiedere un giusto prezzo di vendita sia necessario garantire prodotti di valore elevato e certificato. Il Consorzio Kiwifruit of Italy persegue la mission di elevare il livello qualitativo del kiwi italiano con la definizione e il controllo di norme di produzione e di commercializzazione comuni, a partire dalla raccolta dei frutti, al giusto grado di maturazione e alla loro commercializzazione solo al raggiungimento di standard organolettici ottimali. Il miglioramento dell'immagine del kiwi italiano all'estero passa anche attraverso iniziative di comunicazione integrata rivolte ad alcuni mercati strategici".
Gianluca Pasi, tecnico dei Vivai Geoplant
Per quanto riguarda l'Italia, va considerata la maggiore capacità remunerativa di questa specie, rispetto a molte drupacee e ad alcune pomacee, che ha invogliato i produttori a fare investimenti. In particolare per il kiwi a polpa verde, ritengo che le prospettive siano buone (Psa permettendo), mentre rimango scettico che per il kiwi giallo e rosso in ragione della loro maggiore sensibilità alle infezioni batteriche”.
L'incognita batteriosi potrebbe incidere pesantemente sui livelli produttivi. Qual è la situazione ad oggi?
“La situazione nel 2012 sul fronte batteriosi è stata un pò meno negativa rispetto alle due annate precedenti, grazie ad un andamento climatico più sfavorevole allo sviluppo del batterio. Resta comunque il fatto che buona parte degli impianti in Piemonte e Lazio registrano la presenza del batterio e, non appena dovessero ripresentarsi condizioni climatiche favorevoli al suo sviluppo, mi aspetto una forte recrudescenza delle infezioni”.
Il kiwi made in Italy riscuote molto successo all'estero, tanto che i Paesi dell'Ue assorbono quasi l'80% della produzione nazionale. Quali devono essere le caratteristiche di questo prodotto? Quali le strategie per poterlo valorizzare?
“Sicuramente bisogna migliorare la qualità del nostro prodotto. Qualsiasi addetto commerciale sa che il kiwi Italiano qualitativamente parlando è inferiore sia al neozelandese che al cileno.
Dobbiamo cambiare radicalmente il nostro approccio a questa coltura o rischieremo di essere sorpassati anche dalla Grecia. Inoltre una maggiore coesione commerciale fra i grandi gruppi di esportazione potrebbe aiutarci a conquistare mercati lontani quali: Giappone, Usa, Corea e Cina”.
Giampaolo Dalpane, proprietario della Summerfruit
“I motivi dell’incremento del settore kiwi sono molteplici. Per prima cosa la capacità che ha questo frutto di fare il giro del mondo ed arrivare in condizioni giuste al consumatore per essere mangiato. Il secondo aspetto è legato alle elevate caratteristiche nutraceutiche e di salubrità che presenta. Infine l’interesse che nutre verso paesi emergenti dal punto di vista commerciale come quelli asiatici”.
L'incognita batteriosi potrebbe incidere pesantemente sui livelli produttivi. Qual è la situazione ad oggi?
“La situazione della batteriosi permane preoccupante in Italia e nel mondo, anche se arrivano segnali positivi dalla ricerca che sta proponendo nuovi prodotti in grado di indurre le piante a resistere a questo batterio o abbassare il livello batterico presente nell’impianto”.
Quanto e in che modo l'innovazione varietale, che rappresenta un fondamentale fattore di crescita per la frutticoltura, interessa il comparto?
“L’innovazione varietale è fondamentale per poter proporre nuovi prodotti al mercato e poter quindi raggiungere una clientela sempre più ampia.
Il colore della polpa ed il sapore sono due fattori importanti nel processo d’innovazione e che devono essere approfonditi: siamo infatti passati da una monovarietà ad una situazione pluvarietale di colore giallo e verde ma con maggiore dolcezza”.
Il kiwi made in Italy riscuote molto successo all'estero, tanto che i Paesi dell'Ue assorbono quasi l'80% della produzione nazionale. Quali devono essere le caratteristiche di questo prodotto? Quali le strategie per poterlo valorizzare?
“Purtroppo i costi sempre più elevati spingono molti kiwicoltori a tagliare la spesa, ad esempio riducendo le operazioni colturali. E’ necessario aumentare la qualità dei frutti, dove per qualità si intende elevato tenore in sostanza secca, forma attraente, alto tenore in zuccheri. Dobbiamo far nostro il concetto che il valore si inizia a fare dal campo, attraverso un lavoro professionale.
La commercializzazione viene dopo ed è quindi soggetta ai risultati che ottiene l’agricoltore in campagna. Aggregare l’offerta è un passo importante per la crescita, ma ancora più importante sarebbe investire nella promozione.
Se ad esempio tutti i produttori mettessero 0,02 centesimi al kilo di prodotto raccolto nella promozione il valore del kiwi aumenterebbe, lasciando presagire ad una ulteriore crescita dell’intero comparto. L'introduzione di Club commerciali potrebbero rappresentare un passo verso questa direzione, anche se è necessario un maggiore coinvolgimento di tutti gli attori della filiera”.