Il prossimo 2 marzo alle 15, nel Centro congressi della Comunità montana Alta Langa a Bossolasco, si svolgerà un convegno sulla coltura del nocciolo dal titolo "Innovazioni tecniche per la corilicoltura - I risultati delle ricerche svolte dal CReSO".
Si farà il punto sulle ricerche svolte presso l’Azienda sperimentale “Nasio” di Cravanzana. La giornata tecnica è proposta dal CReSO, Consorzio di ricerca sperimentazione e divulgazione per l’ortofrutticoltura piemontese in collaborazione con le Comunità montane “Alta Langa” e “Langa delle Valli” e l’Università di Torino.

Il nocciolo è una specie importante per i tanti territori collinari del basso Piemonte, dove sostituisce la vite in altitudine o sui versanti più difficili. Oltre all’Alta Langa, la coltura interessa il Roero, il Monregalese, il Cebano e la piana tra Carrù e Farigliano. E’ diffusa nell’Astigiano e ha trovato ambienti di elezione anche in alcune aree dell’Alessandrino. Non presentando alternative colturali, rappresenta una coltura-chiave per il territorio.
La redditività economica di questi anni ha mascherato altri aspetti non meno importanti: dal risvolto sociologico delle prospettive occupazionali, al presidio di territori geologicamente fragili, soggetti a frane e smottamenti.
La coltivazione in Piemonte si giustifica solo in quanto prodotto di eccellenza, riconosciuto dall’Unione europea con una specifica Igp. La qualità della nocciola piemontese, la “Tonda Gentile delle Langhe”, è stata sostenuta da un’attività di ricerca che ha coinvolto nel tempo l’Università di Torino, le Comunità montane e le Organizzazioni dei oroduttori Asprocor e Ascopiemonte.
In seguito alla costituzione del Creso, anche la corilicoltura ha scelto un modello di ricerca già adottato con successo dalla frutticoltura e dall’orticoltura. Il Creso, infatti, anche per la sua natura societaria, coinvolge direttamente gli attori della filiera, ne fa emergere la ‘domanda di ricerca’ e la organizza in collaborazione con referenti scientifici, nel caso specifico l’Università di Torino.
Le risorse finanziarie sono messe a disposizione dai Soci pubblici, in particolare la Regione Piemonte per i programmi di ricerca e la Provincia di Cuneo per le attività di divulgazione.

L’incontro tecnico del 2 marzo ripercorrerà i passaggi più delicati del percorso qualità, a partire dall’impianto del noccioleto con materiale affidabile sotto il profilo sanitario e della rispondenza clonale, alla gestione del suolo e della fertilizzazione, fino alla difesa contro le avversità improntata al più rigoroso rispetto dell’ambiente. La rivisitazione di tale itinerario incide sulla fisiologia dell’albero e sull’equilibrio del noccioleto, per far sì che le nocciole si arricchiscano delle ‘sostanze della qualità’.
La nocciola piemontese presenta un’equilibrata composizione in acidi grassi, del tutto simile a quella dell’olio di oliva; è inoltre la frutta secca con il più alto contenuto in vitamina Il che rende le nocciole piemontesi particolarmente resistenti all’irrancidimento. Di qui il loro valore per l’utilizzo nelle preparazioni dolciarie più pregiate. Sotto il profilo nutrizionale la vitamina E rappresenta un potente antiossidante anche per l’uomo, con effetti anti-aging e sul benessere cardio-vascolare.
Nadia Valentini, del Dipartimento di Colture arboree dell’Università di Torino, presenterà i risultati ottenuti nella prova di confronto tra piante ottenute con tecniche vivaistiche differenti. Negli ultimi anni è aumentata la domanda di materiale vegetale per nuovi impianti di nocciolo e questo ha costituito un input per la ricerca di metodi di propagazione più affidabili rispetto a quelli convenzionali.
Roberto Botta, del Dipartimento di Colture arboree dell’Università di Torino, presenterà i risultati di 5 anni di indagini sulla fertilizzazione del noccioleto impiegando concimi misto-organici. La ricerca è iniziata grazie alla collaborazione e al contributo finanziario della Comunità Montana Alta Langa.
Loredana Guidone, del Divapra – Entomologia dell’Università di Torino, farà il punto sulle indagini pluriennali finalizzate al contenimento delle cimici, che con le loro punture trasmettono al gheriglio un disgustoso sapore amarognolo definito appunto “cimiciato”, con un focus su quelle effettuate nel 2006. In seguito all’applicazione della Direttiva CE 91/414, molti presidi sanitari saranno presto “archiviati”, non più utilizzabili sul nocciolo. Occorre dunque rivisitare le strategie di difesa integrata e continuare la ricerca di nuovi agrofarmaci mirati, in grado di coniugare l’efficacia e il rispetto degli insetti “buoni” che popolano i noccioleti piemontesi.
Maria Corte, la ricercatrice del Creso responsabile della sezione corilicola, esporrà i risultati del primo anno d’indagine sulla bio-etologia dell’agrilo, il tarlo del legno che sta destando preoccupazioni. Considerato un ospite di piante debilitate, indebolite da altre malattie, negli ultimi anni ha causato danni considerevoli anche su giovani noccioleti. E' stata avviata una ricerca volta a chiarire biologia e comportamento dell’insetto. Ha destato sorpresa la scoperta di un suo limitatore naturale, un insetto “buono” che, secondo le linee della difesa biologica, potrebbe contenere i danni dell’agrilo, limitandone future diffusioni.

ReSO - Consorzio di Ricerca Sperimentazione e Divulgazione per l’Ortofrutticoltura Piemontese
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