I numeri sono sussurrati, stime non sempre facili da fare per l'argomento che è ancora in buona parte tabù: la salute mentale o, meglio, il malessere e il disagio mentale in agricoltura.
Un tema sottovalutato, minimizzato, che l'Accademia dei Georgofili ha avuto il merito di sollevare grazie alla caparbietà della neoconsigliera Deborah Piovan (naturalmente con l'avallo del presidente Massimo Vincenzini e di tutto il Consiglio Accademico), e alla natura stessa della più antica accademia di agricoltura del mondo: anticipare tutti i temi che toccano il comparto agricolo, per analizzarli con una prospettiva scientifica e proporre soluzioni. E proprio il presidente Vincenzini ha raccomandato di includere il tema della salute mentale ogni qualvolta i temi agricoli affrontati lo permettano.
Il nodo della salute mentale in agricoltura era stato affrontato nel dicembre 2023 nel corso degli EU Agri-Food Days di Bruxelles, con dati allarmanti. A squarciare il velo sullo stress della professione dell'agricoltura all'epoca fu Louise McHugh, psicologa e professoressa all'Università di Dublino e componente del Gruppo di Ricerca sulla Salute Mentale in ambito agricolo. "In Irlanda - disse - abbiamo svolto un sondaggio nell'ambito di un focus group dedicato agli agricoltori. Ebbene, il dato che è emerso è che il 23,4% degli agricoltori intervistati ha considerato il suicidio nelle due settimane precedenti al colloquio e abbiamo registrato fenomeni quali ansia, stress, depressione, fattori scatenati anche dalle politiche sul cambiamento climatico".
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È un mix di fattori che provoca ansia, disagio, fino ad arrivare appunto agli atti anticonservativi e si va dal carico burocratico alla volatilità eccessiva dei mercati, dalle difficoltà di convivenza e comunicazione agli attacchi che gli agricoltori subiscono da alcune frange della società, molto spesso ingiustamente, passando per le difficoltà di accesso al credito e all'insicurezza generata dai cambiamenti climatici.
Le statistiche, anche recenti, evidenziano uno scenario allarmante. "I tassi di suicidio nelle aree rurali sono superiori del 65% rispetto alle aree urbane" scrive Angie Stump Denton del Dairy Herd. "Agricoltori e allevatori hanno da due a quattro volte più probabilità di suicidarsi. I giovani che vivono in zone rurali hanno il 54% di probabilità in più di suicidarsi rispetto ai giovani che vivono in zone urbane. Il 65% delle contee rurali non ha uno psichiatra. Il 30% delle famiglie rurali non ha una connessione internet a banda larga".
Dagli Usa all'Italia il quadro non cambia poi molto. Ne ha parlato Alessandra Ruberto, responsabile del Gruppo di Lavoro Ambiente, Territorio, Turismo e Sport del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi. "I dati sono estremamente allarmanti" ha affermato. "I casi di morte in agricoltori sono superiori del 233% rispetto ad altri segmenti di lavoro; il tasso di suicidi è più alto del 23%, gli infortuni hanno un'incidenza superiore del 18". Uno scenario che stride, ha riconosciuto Alessandra Ruberto, "con l'immagine dell'uomo forte in agricoltura".
I fattori di vulnerabilità sono diversi e alcuni rasentano il paradosso, dal momento che "vivere in ambienti rurali dove la presenza di verde è maggiore rispetto ai contesti urbani, è riconosciuto che fa diminuire il malessere psichico e il tasso di microcriminalità, aumentando la prospettiva di crescita e di vita". Eppure, ha proseguito Alessandra Ruberto, "ci si vergogna della propria fragilità e si finisce di intaccare la socialità e le forze fisiche". Ma pesano anche "il sovraccarico lavorativo, l'isolamento, il peso dei cambiamenti climatici, le incertezze economiche, lo stigma e la difficoltà a parlarne soprattutto fra i maschi di età avanzata".
A influire sul disagio mentale, accanto ai cambiamenti climatici, è la burocrazia. La Commissione Europea si è attivata per ridurre le procedure della Pac, annunciando pacchetti di semplificazione rivolti in prima istanza alle piccole e medie imprese.
A tracciare il quadro relativo al peso della burocrazia in agricoltura ha pensato Ermanno Comegna, economista agrario e georgofilo. "Una ricerca della Commissione Europea pubblicata lo scorso 14 maggio - ha precisato Comegna - ha calcolato gli oneri a carico delle imprese agricole individuando due categorie. La prima considera i costi interni necessari per la partecipazione ai regimi di aiuto della Pac, quantificati considerando il tempo di lavoro dedicato dall'imprenditore e dagli altri addetti aziendali. Per l'Italia è stato calcolato un importo medio annuale per azienda di 647 euro. La seconda categoria comprende i costi esterni sostenuti per il pagamento dei servizi di consulenza prestati dalle società specializzate. Il dato medio aziendale determinato per l'Italia ammonta a 1.276 euro".
In totale, ha riassunto Ermanno Comegna, "il costo della partecipazione agli interventi della Pac comporta una spesa complessiva di 1.923 euro per azienda. Tenuto conto che i fascicoli aziendali attivi in Italia sono circa 700mila, ne consegue un onere complessivo di 1,35 miliardi di euro per anno, con un tasso di erosione del 18,3% rispetto ai trasferimenti della Pac". Entro fine anno saranno annunciati altri due pacchetti di semplificazione.
Anche la difficoltà nell'adozione delle tecnologie digitali, la conversione al biologico e l'incertezza dei mercati, pressioni all'interno della catena di approvvigionamento e difficoltà di pianificare il futuro a causa di prezzi volatili e instabili causa stress, burnout e tensioni. Ne ha parlato Gianluca Sotis, responsabile dell'Unità Prevenzione e Protezione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). "Il 25% degli agricoltori è in burnout, il 20% mostra sintomi depressivi, il tasso di suicidi è del 40% superiore rispetto ad altre categorie, ma è del 100% maggiore negli agricoltori anziani", ha detto Sotis.
La salute mentale è una questione che non riguarda solamente gli agricoltori, ma anche chi lavora in ambito agricolo. A testimoniarlo, le docenti Vittoria Brambilla (Università degli Studi di Milano) e Sara Zenoni (Università degli Studi di Verona), vittime - accanto a ricercatori e studenti - dei vandalismi compiuti da sedicenti ecoattivisti, che hanno distrutto i campi prova sperimentali dedicati alle Tea: il riso in Lomellina e le viti in Valpolicella.
Non si salvano i lavoratori migranti, ha specificato Gianluca Sotis, "in difficoltà spesso per le barriere culturali e linguistiche, talvolta lavoro irregolare, isolamento e separazione dalle famiglie, elementi che incidono e che portano in alcuni casi a problemi di abuso di alcol o di sostanze stupefacenti".
I Paesi del Nord Europa appaiono più avanti nella cura dei disagi mentali - una maggiore attenzione al particolare che è innata ai nordici, come dimostra la cura per i dettagli minuziosi fin dal Rinascimento pittorico fiammingo e tedesco - tanto che in Irlanda vi sono veri e propri programmi di intervento, descritti dal professor Noel Richardson, del Centro Nazionale per la Salute degli Uomini alla South East Technological University.
Esistono cure possibili? Dialogo, flessibilità lavorativa, empatia, reti e confronto fra agricoltori, ma anche piccoli gesti di attenzione che possono significare un aiuto concreto contro il disagio mentale in agricoltura. Un tema da non sottovalutare.