Il calendario è aperto su novembre, mese principe dell'autunno, ma le temperature indicano una primavera senza fine, dove l'alta pressione sta nuovamente spingendo le temperature ben al di sopra delle medie stagionali, alle quali si contrappongono brevi incursioni di aria fredda con il conseguente, repentino crollo termico ed il possibile manifestarsi di nuovi eventi estremi, ai quali dovrebbe seguire un nuovo innalzamento delle temperature. Questo scenario - che per altro ben rappresenta quanto già avvenuto con la recente alluvione della Toscana - è l'analisi alla base dell'ultimo report dell'Osservatorio sulle Risorse Idriche dell'Anbi, l'Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue.

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Ecco alcuni esempi concreti contenuti nel report settimanale di Anbi: in Piemonte, a Bardonecchia Pian del Sole - a ben 1.585 metri sul livello medio del mare -, la temperatura oscilla tra i 6 ed i 14 gradi; in Lombardia, a Campodolcino Alpe Motta (1.727 metri sul livello medio del mare), il range è tra 3,6° e 8,5°; in Valle d'Aosta, a Valtournenche Grandes Murailles (a 2.566 metri sul livello medio del mare.) la temperatura media è salita di 9 gradi e mezzo in 3 giorni. È molto probabile che queste anomalie abbiano accelerato la fusione della neve fresca, caduta abbondante in quota; ne sono esempio, i valori di portata della Dora Baltea, saliti in due giorni di 123 metri cubi al secondo a fronte di una cinquantina di millimetri di pioggia e della scomparsa di quasi 20 centimetri di manto nevoso come riporta il Centro Funzionale Regionale Valle d'Aosta.

 

"Siamo preoccupati, perché tale schizofrenia climatica espone al rischio soprattutto quelle zone idrogeologicamente già indebolite dopo le alluvioni delle scorse settimane e che stanno tentando faticosamente di tornare alla normalità" commenta Francesco Vincenzi, presidente di Anbi.

 

"Come fotografa da anni il report settimanale del nostro Osservatorio sulle Risorse Idriche - aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi -  l'andamento assunto da tutti i corsi d'acqua italiani, caratterizzato da sempre più marcate escursioni di livello, non solo deve essere assunto come parametro a livello europeo per qualsiasi decisione in materia di gestione idrica interessante il nostro Paese, ma deve sollecitare in Italia l'urgente avvio di un grande piano di manutenzione ed infrastrutturazione idraulica del territorio per contrastare le conseguenze della crisi climatica: è questa la prima opera pubblica, di cui il Paese abbisogna, perché una maggiore sicurezza idrogeologica è condizione indispensabile a qualsiasi ipotesi di sviluppo".

 

Il regime torrentizio, che ormai caratterizza i fiumi italiani, è evidente nell'andamento dei livelli del Bisenzio in Toscana, protagonista degli ultimi drammatici avvenimenti, che hanno riguardato la piana fiorentina, pratese e pistoiese: in assenza di piogge il livello si è velocemente riabbassato di 4 metri (attualmente a Prato: 0,35 metri sotto lo zero idrometrico), mentre durante il ciclone Ciaran era di 3 metri e 63 centimetri al di sopra dello zero idrometrico. Tornano su valori prossimi alla media le portate di Arno, Serchio ed Ombrone, mentre la Sieve, con 16,30 metri cubi al secondo) mantiene una portata ben superiore alla norma (fonte: Centro Funzionale Regione Toscana).


In Emilia Romagna, rientrano nella normalità quei corsi d'acqua appenninici, che tra la fine di ottobre e la prima metà di novembre avevano destato grandi preoccupazioni per il rischio di esondazione: tutti i valori di portata risultano sotto media. Il Taro (uno dei fiumi più a rischio, che due domeniche fa aveva una portata di 235 metri cubi al secondo) torna sotto i 12 metri cubi al secondo (la media è di 26 metri cubi al secondo), la Nure (esondata a fine ottobre) segna ora  4,73 metri cubi al secondo, la Trebbia è a 19,28 metri cubi al secondo; si mantiene sopra la media solamente il Panaro, stando ai dati forniti dall'Agenzia Regionale per l'Ambiente dell'Emilia Romagna.

 

Restando al Nord, i livelli dei grandi laghi, dopo gli exploit delle scorse settimane, tornano a scendere, pur mantenendo un'altezza idrometrica superiore alla media storica. Il lago di Como, che era addirittura tracimato durante il passaggio della tempesta Ciaran, si è abbassato di circa 70 centimetri ed al momento è pieno per il 64,7%; il Maggiore è all'82% di riempimento, i laghi di Garda e d'Iseo superano il 90%, stando agli enti regolatori dei grandi laghi.

 

Tornano ampiamente sotto media le portate del fiume Po in Piemonte; alla stazione di San Sebastiano la portata rilevata era il 12% di quella che dovrebbe essere in questo periodo. Nelle stazioni più a valle in Emilia Romagna e Lombardia - grazie anche agli apporti dei fiumi appenninici, che stanno smaltendo le piene della settimana scorsa -  i valori sono più vicini a quelli medi.

 

I restanti fiumi piemontesi risultano in calo ed ampiamente al di sotto della media di novembre: per il Tanaro, secondo fiume della regione, l'abbassamento del livello si traduce in una riduzione di portata pari a quasi un terzo della media (68,3 metri cubi al secondo contro 212,7 metri cubi al secondo); la Stura di Lanzo, invece, ha una portata simile a quella del siccitoso 2022 (7,1 metri cubi al secondo contro i 6 metri cubi al secondo dello scorso anno). Fa eccezione la Stura di Demonte che, pur in calo, mantiene una quantità d'acqua, in alveo, superiore alla media.

 

In Lombardia, dopo il passaggio della piena della settimana scorsa, il fiume Adda ha visto dimezzarsi la portata, che resta comunque ampiamente superiore ai valori tipici del periodo. L'autunno 2023 si conferma come una stagione particolarmente umida nella regione: il surplus d'acqua stoccata negli invasi lacustri è superiore del 38,8% rispetto alla media storica (fonte: Arpa Lombardia). In Liguria tornano a scendere i livelli di tutti i fiumi.

 

In Veneto, nonostante una decrescita di oltre due metri dalla rilevazione della settimana scorsa, i livelli del fiume Adige si confermano, per il periodo, i più alti da 8 anni. La Livenza torna ad una più rassicurante altezza di 1,47 metri sullo zero idrometrico dopo che la settimana scorsa aveva raggiunto 4,24 metri; in calo anche Brenta, Piave e Bacchiglione.

 

Dopo un settembre particolarmente siccitoso, nel mese di ottobre, così come nei primi 15 giorni di novembre, c'è stato un netto recupero idrico, dovuto ad un surplus di precipitazioni (con episodi di piogge di intensità anomala), che sta permettendo alle falde sotterranee lentamente di ricaricarsi.

 

Nel mese di ottobre la pioggia caduta è stata del 64% superiore alla media (punte del 95% sul bacino del Piave, del 94% sulla Livenza e dell'80% sull'Adige), mentre assai inferiore è stato il surplus registrato sui bacini del Lemene e del bacino scolante nella laguna di Venezia (rispettivamente 11% e 19%) (fonte: Arpav).

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Tornano a calare i fiumi marchigiani, soprattutto l'Esino ed il suo affluente Sentino; negli invasi regionali resta ancora molta acqua (43 milioni e mezzo di metri cubi). In Umbria, nonostante le piogge autunnali, il lago Trasimeno non riesce a recuperare, rimanendo 24 centimetri sotto il livello considerato minimo per garantire la regolare vita del corpo lacustre; nella regione calano anche i livelli dei fiumi: Tevere e Nera si attestano su valori molto inferiori alla media (rispettivamente -70 centimetri e -1 metro).

 

Anche nel Lazio il Tevere mostra segni di sofferenza: a Roma, la portata d'acqua nell'alveo del terzo fiume italiano si attesta su 88,62 metri cubi al secondo, largamente deficitaria per questo periodo; al contrario le portate dell'Aniene, in crescita, risultano in media nella stagione e, nel viterbese, le portate della Fiora sono superiori alla media, stando alle rilevazioni della Protezione Civile Lazio.

 

Rassicurante invece la situazione al Sud: in Molise, il livello nel bacino della diga del Liscione - che a Guardialfiera sbarra fiume Biferno - è circa 8 metri più alto rispetto al 2022 ed oltre 9 metri superiore al 2021, anni caratterizzati da forte siccità nella regione (fonte: Molise Acque).

 

Anche in Puglia e Basilicata, infine, le riserve idriche, trattenute negli invasi, restano abbondanti rispetto ai già ottimi livelli registrati lo scorso anno: rispettivamente +12,23 e +51,8 milioni di metri cubi.