Il grano è il fondamento su cui si basa l'alimentazione di una larga parte della popolazione mondiale. Circa il 20% delle proteine e delle calorie che sostengono l'umanità deriva proprio da questo cereale, addomesticato circa 10mila anni fa nell'antica Mesopotamia, oggi Iraq.

 

Da questo areale è poi stato trasportato durante le migrazioni degli uomini in tutto il mondo e oggi si coltiva dal Kenya al Canada, dalla Sicilia alla Russia. Forse perché così importante per le nostre vite, il grano è oggetto di fake news, le peggiori delle quali lo descrivono come un "veleno", un alimento da evitare per restare in salute. Ma è davvero così? Ne abbiamo parlato con Luigi Cattivelli, direttore del Centro Crea di Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola d'Arda (Pc), che ha da poco pubblicato il libro "Pane Nostro. Grani antichi, farine e altre bugie" edito da Il Mulino.

 

Luigi Cattivelli, partiamo dal principio, come mai il grano ha avuto un ruolo così importante per la storia dell'umanità?
"Perché è un cereale comodo da coltivare, produttivo, facilmente conservabile e consumabile. Ma la cosa fondamentale è che riesce ad adattarsi incredibilmente bene agli areali più diversi: dai terreni aridi e caldi della Sicilia a quelli piovosi e freschi del Canada".

 

A cosa è dovuta tale duttilità?
"Alla sua genetica particolarmente complessa, che ha permesso all'uomo di selezionare di volta in volta varietà differenti, in grado di adattarsi ai vari areali di coltivazione. Questo libro, Pane Nostro, ripercorre la storia del frumento dal punto di vista genetico, fornendo al lettore informazioni che si basano su dati scientifici".

 

Altre colture importanti, come il riso, non sono altrettanto versatili?
"Non direi. Il riso è responsabile per il 18% di calorie e proteine fornite all'umanità, ma la sua coltivazione si concentra nella zona equatoriale. La Pianura Padana è l'areale più a Nord in cui viene coltivato".

 

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La copertina del libro

(Fonte foto: Luigi Cattivelli, direttore del Centro Crea di Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola d'Arda, Pc)

 

Affrontiamo alcuni dei miti che riguardano il grano e partiamo dal glutine, considerato da molti il nemico numero uno della dieta moderna. È vero che nei grani cosiddetti antichi c'era meno glutine o di tipo differente?
"Quanti anni deve avere una varietà per essere considerata antica? A questa domanda ci sono molte risposte, di fatto però noi consideriamo 'grani antichi' varietà che sono state selezionate prima della Seconda Guerra Mondiale, piante che in molti casi sono il risultato dei primi lavori di miglioramento genetico portati avanti da Nazareno Strampelli, il primo grande genetista agrario. Queste piante sono tutte caratterizzate da un'altezza elevata (tra 120 e 180 centimetri circa), sono cioè prive dei geni di bassa taglia tipici dei frumenti moderni (altezza inferiore al metro)".

 

E per quanto riguarda il glutine?
"I grani antichi contengono il glutine come i grani moderni, in percentuali talvolta anche superiori. Di norma i grani antichi hanno un glutine debole, mentre tra i grani moderni si possono trovare sia varietà con un glutine di forza elevata, selezionato per particolari preparazioni, come i lievitati, ma anche frumenti con glutine debole, usati, ad esempio, per la preparazione di biscotti".

 

Che correlazione c'è tra il consumo di farine con alte percentuali di glutine e l'insorgenza della celiachia?
"Sappiamo che nella quasi totalità dei casi chi è malato ha una predisposizione genetica, tuttavia circa un terzo della popolazione italiana è predisposto alla celiachia, ma solo una piccola minoranza sviluppa la malattia. La celiachia in Italia interessa circa l'1% della popolazione. Lo sviluppo della celiachia è stato associato ad alcune infezioni virali quali evento scatenante per l'insorgenza della malattia, mentre non ci sono evidenze che un grande utilizzo di frumento sia un fattore predisponente per la comparsa della celiachia".

 

È vero che il grano italiano è di qualità superiore a quello estero, magari canadese?
"Non ci sono ragioni per fare questa affermazione. Dal punto di vista tecnologico e sanitario i grani esteri sono buoni come quelli italiani, talvolta migliori. Per quanto riguarda il Canada, un aspetto negativo è il fatto che a fine ciclo colturale si usi il glifosate per disseccare le piante, mentre in Italia ci pensa il calore del sole. Detto questo, le derrate che arrivano nei nostri porti sono attentamente controllate affinché i residui siano al di sotto dei limiti di legge".

 

Il grano Senatore Cappelli o il Kamut sono di migliore qualità rispetto ai grani moderni?
"Anche qui, non ci sono dati scientifici sufficienti per sostenere questa affermazione. Anzi, in generale questi grani sono molto più difficili da coltivare, sono soggetti all'allettamento, producono meno della metà dei grani moderni e da un punto di vista agronomico sono certamente peggiori di quelli moderni. I presunti vantaggi nutrizionali sono molto discussi e nella documentazione scientifica non esistono evidenze chiare e condivise a loro sostegno. Rimangono comunque delle opzioni per aree marginali, dove la coltivazione di cereali moderni non risulta conveniente, e per nicchie di mercato".

 

Passiamo ad un altro mito: la farina. È vero che quella integrale è da preferire rispetto a quella raffinata?
"Questa è una affermazione corretta, poiché nella crusca si concentrano le fibre, i sali minerali e gli antiossidanti che nella farina raffinata invece si perdono. La cosa importante è mangiare sempre prodotti integrali e non limitarsi a sporadiche assunzioni".

 

Ha ragione chi dice che la pasta deve essere di un bel colore giallo per essere buona?
"Il colore giallo è apprezzato dal mercato, soprattutto per un fattore estetico. In origine la farina di grano duro era bianca e quindi la pasta che ne derivava aveva questa colorazione. Poi i pastifici, per ragioni di marketing, hanno spinto affinché si selezionassero varietà con una granella di colore giallo. Si sono dunque costituite nuove varietà in grado di accumulare luteina, un carotenoide giallo, nella granella. Da qui il colore della pasta che troviamo oggi sugli scaffali".

 

Dunque il grano è una specie in continua evoluzione, molto diverso da quello coltivato durante i secoli scorsi. Quali cambiamenti ci aspettano nel futuro?
"Sicuramente la sfida più grande che abbiamo davanti riguarda l'adattamento ai cambiamenti climatici. Durante le sue migrazioni l'uomo ha sempre selezionato piante che fossero adatte a crescere nei nuovi areali in cui si stabiliva, tanto che se oggi prendiamo un frumento coltivato in Germania e lo portiamo in Kenya non spigherà neppure. La sfida ora è selezionare piante che si adattino alle condizioni in cui si troverà l'Italia nel futuro".

 

Qualche esempio?
"Ad esempio varietà in grado di gestire meglio gli stress idrici. Su questo fronte, come Crea, stiamo già lavorando a varietà con un apparato radicale più profondo e una migliore gestione dell'acqua. Oppure piante in grado di resistere ai funghi patogeni, soprattutto a quelli che possono sviluppare micotossine. Ma si lavora anche a grani più nutrienti, ad esempio in grado di sintetizzare il betacarotene".

 

Che cosa si aspetta da questo libro?
"Vorrei fornire informazioni attendibili, derivanti dalla letteratura scientifica, a tutte le persone curiose, in modo che si possano fare una idea su questa specie che ha un potenziale genetico enorme, senza dare credito ai numerosi siti di informazione, soprattutto online, che non fanno altro che diffondere notizie errate".