L'umanità ha davanti delle sfide di portata epocale, come la lotta ai cambiamenti climatici, la decarbonizzazione dell'economia e il raggiungimento di un sistema produttivo più sostenibile e inclusivo. 

Il ruolo dell'agricoltura in questo scenario è uno dei temi che ha animato il dibattito durante The State of the Union 2023, l'evento che lo scorso 4 maggio ha portato a Firenze, presso la sede dell'European University Institute, decisori politici da tutta Europa, ma anche aziende e ricercatori, con l'obiettivo di analizzare i problemi che affliggono l'Ue (e il Pianeta) e delineare possibili strategie di intervento.


Ampio spazio è stato dedicato all'agricoltura in quanto settore economico fondamentale per sfamare una umanità in crescita, che nel 2050 dovrebbe raggiungere i 10 miliardi di persone. Un settore che è anche estremamente fragile e che sta risentendo dei cambiamenti climatici. Gli agricoltori sono oggi chiamati ad assolvere all'arduo compito di sfamare una popolazione in aumento, gestire gli effetti del climate change e adottare sistemi di produzione che siano resilienti e sostenibili.


Una sfida non da poco, che come ha sottolineato il commissario europeo all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, necessita il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, dall'Unione Europea ai produttori di mezzi tecnici, fino alle stesse aziende agricole e alle loro associazioni.

 

Un momento di dibattito durante The State of the Union 2023

Un momento di dibattito durante The State of the Union 2023

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)

 

Agricoltura, un settore al bivio

D'altronde il settore primario sta attraversando un momento di incertezza, se non di crisi. A dirlo sono i numeri snocciolati da Wojciechowski. In dieci anni hanno chiuso i battenti 3 milioni di aziende agricole in Europa, 300mila solamente in Italia. Eppure, sempre i numeri ci dicono che abbiamo le potenzialità per crescere. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno il doppio della superficie coltivabile rispetto all'Europa, ma sono meno produttivi del Vecchio Continente. Una questione di efficienza e di investimenti in innovazione. Ma non solo.


Il commissario Wojciechowski ha portato l'Italia come esempio virtuoso: possediamo appena l'8% delle terre coltivabili in Europa eppure il nostro Paese è responsabile per il 18% del valore aggiunto. La ricetta? Puntare sulla qualità e la tipicità delle produzioni, non sui grandi volumi. E soprattutto guardare alla sostenibilità, un valore sempre più apprezzato dal mercato e necessario per garantire che l'agricoltura non solo sia causa e vittima dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità, ma diventi uno strumento per migliorare la qualità dell'ambiente in cui viviamo.

 


Proprio di questo abbiamo parlato insieme a Matthias Berninger, executive vice president Public Affairs, Science, Sustainability e Hse di Bayer. Già deputato nel Parlamento federale tedesco tra le fila dei Verdi, è stato viceministro dell'Agricoltura, Nutrizione e Protezione dei Consumatori dal 2001 e 2005. Berninger ha lavorato per Mars e dal 2019 è responsabile delle strategie di sostenibilità di Bayer.

 

L'impegno di Bayer per la sostenibilità

Bayer ha voluto assumere degli impegni stringenti sia per aumentare la propria sostenibilità interna, sia per aiutare gli agricoltori di tutto il mondo a produrre con un minor impatto sull'ambiente. Ad esempio, entro il 2030 il Gruppo si propone di raggiungere la neutralità climatica nei propri impianti e di ridurre l'emissione di gas climalteranti del 30% nelle principali colture agrarie. Ma intende anche abbassare l'impatto ambientale dei prodotti per la difesa del 30% e supportare 100 milioni di piccoli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo.

 

Matthias Berninger, executive vice president Public Affairs, Science, Sustainability e Hse di Bayer

Matthias Berninger, executive vice president Public Affairs, Science, Sustainability e Hse di Bayer

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)


Stati Uniti ed Unione Europea stanno guidando la transizione verso un'economia verde, sia per quanto riguarda l'agricoltura, ma anche su fronti come la produzione industriale o i trasporti. Lei che vive a Washington, ma che lavora per un'azienda europea, quali differenze riscontra tra Europa e Usa?

"Facendo un paragone possiamo dire che gli Stati Uniti adottano di più la strategia della carota, mentre l'Unione Europea quella del bastone. Mi spiego meglio: gli Usa hanno varato una serie di provvedimenti, come l'Inflation Reduction Act, per favorire la decarbonizzazione dell'economia americana, il reshoring delle imprese e in generale la crescita del Paese, lasciando molto spazio all'iniziativa privata e al mercato. Nell'Unione Europea invece si punta a fissare obiettivi, talvolta senza considerare fino in fondo le reali capacità del sistema produttivo".


Bayer è prima di tutto un'azienda della chimica che sviluppa agrofarmaci per la difesa delle colture. Come valuta la decisione europea, contenuta nella strategia Farm to Fork, di porre obiettivi così ambiziosi sulla riduzione dell'uso di agrofarmaci?
"Noi crediamo che la politica debba prendere decisioni sulla base di dati scientifici, anche se talvolta questo non accade. Non dimentichiamci che dobbiamo dare agli agricoltori gli strumenti per produrre cibo buono, sano e ad un prezzo accessibile. Un taglio lineare all'impiego di agrofarmaci comprometterebbe questa capacità".


Lei ritiene che l'agricoltura biologica sia la soluzione al problema della sostenibilità?
"Oggi il settore del biologico sfama circa 200 milioni di persone a livello globale, che rappresentano più o meno l'incremento di popolazione a cui assistiamo ogni due anni. Non può dunque rappresentare la soluzione, ma è il banco di prova di nuove pratiche che poi possono essere adottate su più larga scala, come nel caso delle cover crop".

 


L'innovazione sembra essere lo strumento attraverso il quale coniugare produttività e sostenibilità. Bayer in quale modo sta innovando il settore della difesa?
"Come Gruppo noi investiamo circa 2 miliardi di euro all'anno in Ricerca e Sviluppo, sia sul fronte della genetica, che su quello della difesa e del digitale. Proprio strumenti digitali, come l'intelligenza artificiale, ci aiutano ad identificare nuove molecole e nuove varietà maggiormente performanti e resilienti".


Ci può fare un esempio?
"Ad esempio abbiamo individuato, grazie all'intelligenza artificiale, una nuova molecola erbicida che speriamo possa essere presto approvata a livello europeo. L'intelligenza artificiale ci ha permesso di testare a livello virtuale l'interazione di migliaia di molecole con le piante per identificare quelle maggiormente efficaci e sostenibili, che successivamente abbiamo testato in condizioni di laboratorio e di campo".


Bayer è un'azienda storicamente legata al mondo della chimica, ma grazie all'acquisizione di Monsanto ha raggiunto una posizione molto forte anche sul fronte della genetica. Quale ruolo può giocare il miglioramento vegetale nel raggiungere gli obiettivi di sostenibilità?
"La selezione di varietà maggiormente performanti e in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici è fondamentale per sfamare una umanità in crescita. Noi siamo impegnati nel breeding tradizionale, ma crediamo che la vera svolta si possa ottenere solo grazie all'impiego delle Ngt, New Genomic Techniques, in italiano conosciute come Tea, Tecnologie di Evoluzione Assistita)".

 

Su cui però l'Unione Europea sta tentennando…
"Purtroppo sì, nonostante queste tecnologie siano sicure e potenzialmente rivoluzionarie. Anche qui le differenze tra Usa e Ue sono enormi. Negli Stati Uniti hanno adottato velocemente una legislazione che regola questo nuovo settore, mentre l'Europa è in una fase di sviluppo".


Ci può dare un'idea delle potenzialità del genome editing?
"Ad esempio abbiamo selezionato una nuova varietà di erba storna (Thlaspi arvense, in inglese pennycress, Ndr) che cresce durante il periodo autunno invernale, quando i campi altrimenti sarebbero vuoti. Le piante forniscono copertura al terreno, proteggendolo dall'erosione, e rappresentano una ulteriore fonte di reddito per gli agricoltori, che possono venderle come mangime. La selezione di tale varietà non sarebbe stata possibile senza il genome editing".


Le associazioni di categoria sono favorevoli alle Tea, mentre i politici a livello europeo sembrano temere la reazione dell'opinione pubblica...
"Probabilmente , anche se il mondo della scienza si è espresso molto chiaramente sulla sicurezza delle Tecnologie di Evoluzione Assistita. A volte possono esserci, in parte dell'opinione pubblica, delle perplessità nei confronti di alcune innovazioni, anche se poi con il covid-19 abbiamo visto come la ricerca ci abbia permesso di uscire dalla pandemia".

 

Come si spiega allora questa situazione?
"La mancata percezione dell'urgenza di intervenire è probabilmente frutto anche di una scarsa conoscenza della realtà dell'agricoltura, che spesso viene dipinta in maniera romantica, ma distante dalla realtà".


Bayer si sta affermando sempre di più come un fornitore di soluzioni digitali, oltre a quelle genetiche e di difesa. In che modo tali strumenti cambieranno il modo di fare agricoltura?
"Le tecnologie digitali stanno prima di tutto rivoluzionando il modo con cui operiamo all'interno dell'azienda, ad esempio sul fronte della ricerca. Ma saranno sempre più fondamentali anche per gli agricoltori. Lo vediamo con l'agricoltura di precisione, che permette di produrre sempre di più su superfici sempre più piccole. Dare alle piante ciò di cui hanno bisogno quando ne hanno bisogno permette di ottimizzare l'impiego degli input".


Come cambierà Bayer nei prossimi anni?
"Sarà un'azienda che continuerà ad investire nella ricerca di nuove molecole per la difesa, sempre più efficaci e sostenibili. Offriremo anche soluzioni digitali innovative e utilizzeremo tecnologie come l'intelligenza artificiale per accelerare la ricerca, ad esempio sul fronte del miglioramento genetico".


Come pensa saranno accolte dall'Europa queste innovazioni?

"Essendo un ottimista per natura spero che l'Europa accolga con favore l'innovazione, come è accaduto in passato. Ad esempio l'invenzione della stampa è stata recepita in Europa con favore e ha dato il via ad una rivoluzione che ha portato l'Occidente nella modernità. L'Impero Ottomano ha invece rifiutato tale tecnologia perché ha preferito preservare la tradizionale scrittura a mano. Una decisione che la storia ha dimostrato essere stata errata".