Il prezzo della terra

Come evolve il mercato dei terreni?
A questa domanda risponde Lorenzo Frassoldati nell'articolo pubblicato su QN del 17 gennaio, dal quale si apprende che il prezzo medio è di 20.700 euro per ettaro.
Valore che negli ultimi venti anni è aumentato del 25-35% nelle regioni settentrionali, mentre si è arrestato intorno al 5% in quelle meridionali.
Il dato medio annuale è stato calcolato da Andrea Povellato nell'annuale indagine del Crea, dove si evidenzia la distanza fra i valori registrati nelle diverse aree del Paese.

Mentre a Nord si registrano quotazioni medie fra i 30 e i 40mila euro per ettaro, i valori scendono a 15mila euro al Centro e ancora inferiori al Sud, dove ci si ferma fra gli 8 e i 13mila euro. L'emergenza sanitaria non ha inciso sul valore dei terreni, ma ha rallentato in misura significativa le compravendite, ferme ad appena l'1% della superficie agricola.

Importante il ruolo dell'affitto, che riguarda la metà della Sau (superficie agricola utile), comunque insufficiente a rispondere alla domanda di terreni, espressa in particolare dai giovani imprenditori.


Tempi duri per le fiere

Stagione difficile per gli enti fieristici quella che si è innescata con l'emergenza sanitaria.
Nel caso di Verona, sede di importanti eventi che interessano il comparto agroalimentare, la recrudescenza dei casi di covid-19 registrati a inizio 2022, ha costretto gli organizzatori a rinviare fra il 2 e il 5 marzo l'appuntamento con il salone agricolo internazionale, in precedenza fissato per gennaio.

Poi sarà il turno del Vinitaly, in programma dal 10 al 13 aprile. Sotto il profilo organizzativo restano tuttavia aperte molte incognite, delle quali si parla sul Corriere di Verona del 18 gennaio.
Nell'ultima edizione in presenza, i partecipanti stranieri erano numerosi e in particolare da Usa, Germania, Regno Unito, Cina e Canada.
Ora per questi visitatori si pone il problema della verifica del loro stato sanitario, cosa che può rivelarsi complessa qualora siano vaccinati con farmaci non riconosciuti dall'ente regolatorio europeo (Ema).

Queste regole potrebbero scoraggiare molti operatori, come evidenzia Maurizio Danese, presidente di VeronaFiere e dell'Associazione esposizioni e fiere italiane.
Dallo stesso Danese è partito un appello a trovare una soluzione in vista dei prossimi appuntamenti fieristici, altrimenti a rischio di cancellazione.


Cereali fuori gioco

C'è preoccupazione per come il Piano strategico per l'applicazione della prossima Pac destinerà le risorse comunitarie.
I maggiori timori riguardano la filiera dei cereali e in particolare il mais, il grano duro e tenero, l'orzo e gli altri cereali foraggeri.
Interprete delle preoccupazioni degli operatori è Ermanno Comegna, che dalle pagine di Italia Oggi del 19 gennaio pone l'accento sulla riduzione, pari al 50%, del pagamento di base della Pac.
Le aziende più penalizzate potrebbero essere quelle professionali con dimensione medio alta, escluse dal pagamento redistributivo in quanto con una Sau superiore ai 50 ettari.

A partire dal 2023, data di avvio della nuova Pac, molte produzioni cerealicole rischiano di non coprire i costi di produzione e alcune organizzazioni attive nella filiera cerealicola e zootecnica hanno evidenziato ai vertici del dicastero agricolo questi problemi, invocando possibili soluzioni.

Resta però poco tempo, avverte in conclusione l'articolo, perché entro giugno la Commissione Europea dovrebbe approvare il documento ricevuto dall'Italia, cosa che renderà operative le nuove regole a iniziare dal 2023.
Fra le possibili soluzioni, alcune modifiche agli ecoschemi del sistema foraggero e gli interventi dello sviluppo rurale.


Fermiamo la brucellosi

Non è la prima volta che la presenza della brucellosi fra le bufale allevate in Campania desta preoccupazione, mentre le misure di contenimento della malattia suscitano le proteste degli allevatori.
Ora accade di nuovo, come si apprende dall'articolo a firma di Vera Viola pubblicato il 20 gennaio su Il Sole 24 Ore.
Il caso attuale riguarda gli allevatori della provincia di Caserta, che si sono mobilitati nel respingere le strategie sanitarie previste in questi casi.
La presenza della malattia nel 25% delle bufale presenti in stalla impone l'abbattimento di tutti gli animali, regola che ha costretto nel volgere degli ultimi dieci anni ad abbattere 120mila animali. 

Nel casertano, prosegue l'articolo, si calcola siano presenti 54 focolai di brucellosi, concentrati in 5 comuni.
La richiesta degli allevatori è quella di autorizzare le vaccinazioni e che l'autocontrollo si sostituisca alle verifiche dell'amministrazione sanitaria.
Entrambe proposte di difficile accoglimento e che non sembrano in linea con la necessità di eradicare la brucellosi, obiettivo strategico per la Campania.
In ballo, oltre alla salute degli animali e dell'uomo (la brucellosi, l'articolo non lo ricorda, è una zoonosi) c'è l'importanza delle esportazioni di mozzarelle, uno fra i formaggi italiani più esportati.


I soldi della peste

Sostenere le imprese le cui attività sono state bloccate dall'emergenza peste suina africana e al contempo evitare che le nostre esportazioni possano subire danni in conseguenza delle barriere sanitarie frapposte dai paesi di destinazione dei prodotti della nostra filiera suinicola.
Sono queste le due direttrici lungo le quali si muovono gli interventi per fronteggiare l'emergenza della suinicoltura, come si apprende il 21 gennaio dalle pagine di QN.

Al momento casi nei suini non sono presenti, altrimenti dovrebbero scattare le misure di abbattimento anche negli allevamenti.
Intanto va segnalato che il Governo ha stanziato un primo fondo di 50 milioni di euro per risarcire gli allevatori.
Nel frattempo è necessario vigilare sull'evolversi della situazione sanitaria e mettere sotto controllo la numerosa popolazione di cinghiali, responsabili della trasmissione del virus.

Oltre che nelle aree interessate, fra Piemonte e Liguria, l'attenzione è massima nelle altre regioni per evitare il diffondersi della malattia.
In Toscana, ma anche In Umbria e Marche, dove si ha una forte presenza di cinghiali, non sono presenti al momento focolai, ma è importante mantenere alta la guardia.


Il prezzo del latte

“Ma se andiamo avanti così, con gli aumenti dei costi delle materie prime, agli allevatori non basteranno neanche i 41 centesimi raggiunti con l'accordo”.
Si conclude con questa frase l'intervista raccolta da Micaela Cappellini con Filippo Marchi, direttore generale di Granarolo, big cooperativo della filiera lattiero casearia.
Al centro dell'intervista, pubblicata su Il Sole 24 Ore del 22 gennaio, il rincaro della bolletta energetica e di molte materie prime, dalla plastica alla carta, che spingono verso l'alto i costi di produzione, che presto dovranno riverberarsi sui prezzi al consumo.

Oltre ai problemi delle industrie del latte, l'intervista prende in esame la situazione degli allevamenti e le pressanti richieste per un aumento del prezzo del latte alla stalla.
Marchi ricorda a questo proposito che la produzione mondiale è in calo e di conseguenza i prezzi sui mercati internazionali sono in aumento, come mostra l'andamento del prezzo del latte spot. "Chi oggi ha un contratto di fornitura di latte di lungo periodo, afferma Marchi, lo paga già tra i 41 e i 42 centesimi al litro”, per poi aggiungere che “ci sono alcuni imprenditori che pagano meno e così fanno concorrenza sul prezzo anche a noi della Granarolo”.


C'è un fungo negli ulivi

L'emergenza Xylella rischia di complicarsi per gli olivicoltori pugliesi.
Questa volta gli occhi dei ricercatori sono puntati su un piccolo fungo, il Neofusicoccum mediterraneum, che potrebbe essere tra le cause del disseccamento degli ulivi.
E' quanto si legge nell'articolo pubblicato su Lo Specchio, il dorso del quotidiano La Stampa in edicola il 23 gennaio, dove Valeria D'Autilia riporta le dichiarazioni del batteriologo del Crea Ofa, Marco Scortichini, secondo il quale questa ipotesi eziologica non sarebbe da escludere.
Dopo aver ripercorso le tappe dell'emergenza che ha coinvolto migliaia di piante di olivi e che ha comportato danni stimati in circa 3,5 miliardi di euro, l'articolo si sofferma sulle possibili cure a disposizione.

Una di queste è quella a base di zinco e rame, messa a punto dallo stesso Scortichini, terapia che va associata alla rimozione delle erbe infestanti e alla regolare potatura.
La sperimentazione si ricorda, è durata tre anni ed è terminata nel 2018, ma ancora oggi le opinioni restano controverse sulla sua efficacia.
Nelle aree colpite dal patogeno, nelle quali si è intervenuti con le motoseghe, gli agricoltori hanno la possibilità di decidere sull'utilizzo di varietà resistenti, come Leccino o Favolosa, oppure di cambiare indirizzo, piantando vigneti, ciliegi, mandorle, o persino avocado.
Il paesaggio pugliese, con la sua distesa di oliveti, sembra dunque destinato a forti cambiamenti che il Neofusicoccum potrebbe accelerare.


"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"

Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell'agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.

Nel rispetto del Diritto d'Autore, a partire dal 23 novembre 2020 non è più presente il link all'articolo recensito.

Questo articolo fa parte delle collezioni: