Bio e tecnologie
È un ampio servizio di anticipazione sull'apertura del Sana, il Salone internazionale del biologico e del naturale, quello che il 6 settembre "Affari e Finanza" (il dorso di Repubblica dedicato all'economia) dedica alla manifestazione bolognese in calendario dal 9 al 12 settembre.Importante in questa edizione, come spiega lo stesso presidente dell'ente fieristico, Gianpiero Calzolari, è lo spazio dedicato alle tecnologie e ai processi produttivi.
In particolare per il settore agroalimentare l'attenzione è puntata sugli imballaggi a basso impatto ambientale, oltreché, come intuibile, agli argomenti dedicati all'agricoltura biologica.
Come spiega Paolo Carnemolla, presidente di Federbio Servizi, la transizione ecologica e digitale dell’agricoltura vede nel settore biologico un elemento di punta, con obiettivi ambiziosi già fissati dall'Unione Europea, fra cui almeno il 25% di superficie agricola bio entro il 2030.
Obiettivi, come si legge a conclusione dell'articolo, che richiedono un grande impegno sull'innovazione tecnologica, mantenendo coerenza con i principi della produzione biologica, senza forzature nei cicli naturali e nel rispetto della sostenibilità economica.
Alle tecnologie legate alle produzioni biologiche la manifestazione bolognese ha dedicato un apposito salone, intitolato Sanatech, riservato a questi temi.
I feticisti della natura
Sono note le difficoltà che l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea ha comportato per i cittadini inglesi.Inaspettati invece gli effetti positivi sulla possibilità di innovare nelle produzioni agroalimentari che ciò ha comportato.
Il perché lo spiega con efficacia Roberto Defez sulle pagine de "Il Foglio" in edicola il 7 settembre.
I ricercatori inglesi, infatti, possono ora proporre l'uso di piante migliorate con le tecniche del genome editing, invise invece al legislatore europeo.
E mentre si aprono nuovi scenari e si prospettano soluzioni ai nuovi problemi, noi stiamo ancora discutendo di vicende che si possono definire imbarazzanti, quali il sostegno all'agricoltura biodinamica.
Una situazione, denuncia Defez, figlia della crescente devozione alla "neo divinità" della natura, i cui credenti sono definiti dal Financial Times come "feticisti della natura".
Così si rinuncia ad utilizzare il genome editing per aumentare, ad esempio, il quantitativo di antociani nella polpa dei pomodori e poi si corre in farmacia per acquistare integratori costosi e talvolta sbilanciati.
L'articolo si conclude ricordando che una scienziata inglese, Chatie Martin, sarà in Italia il prossimo 20 settembre per illustrare le sue ricerche e per favorire la conoscenza delle potenzialità del genome editing, che in Italia si chiama "tecnologia di evoluzione assistita", il cui acronimo è Tea.
Chissà che non possa essere una buona occasione per avere una visione meno ideologica e "feticista" su questi argomenti.
La debacle della frutta
Gelate, siccità, temporali e parassiti hanno fatto crollare la produzione di frutta del 27%.Un anno nero per la frutta made in Italy, scrive Micaela Cappellini su "Il Sole 24 Ore" del’8 settembre, commentando i dati resi noti in occasione del Macfrut di Rimini.
Il comparto frutticolo vale 15 miliardi di euro ed occupa circa 300mila aziende e 440mila lavoratori, mentre un terzo del fatturato è destinato alle esportazioni, in forte crescita.
Ma bisogna fare i conti con il crollo dei raccolti, che nel caso delle pere registrano una flessione del 69%, e del 48% per le pesche.
L'adesione agli strumenti di gestione del rischio, di fronte a questi numeri, diventa un'esigenza imprescindibile.
Ma solo il 20% della produzione agricola al momento risulta assicurata.
I produttori agricoli, si è detto in occasione del Macfrut, non possono lavorare per essere risarciti, ma devono poter raccogliere.
Per questo i produttori invitano con vigore la ricerca ad individuare le soluzioni per ridurre gli effetti degli eventi climatici avversi, come pure a ridurre i danni degli attacchi di patogeni e parassiti.
Una Pac avara
I tre testi legislativi della politica agricola comunitaria (Pac) che entrerà in vigore nel 2023 hanno ottenuto a Bruxelles l'80% dei voti favorevoli.Ma riduzione delle risorse, condizionalità sociale e i nuovi impegni ambientali che vi sono previsti, rischiano di pesare molto sui bilanci delle aziende agricole.
Lo scrive la "Gazzetta di Mantova" del 9 settembre e per supportare queste critiche prende come riferimento alcuni numeri reali di aziende del mantovano.
Se nel 2017 le risorse europee erogate in provincia di Mantova ammontavano a oltre 180 milioni di euro, dal 2023 questi sostegni potrebbero fermarsi a 42 milioni o peggio ancora a soli 30 milioni di euro.
L'articolo continua facendo riferimento ad alcuni dati messi a disposizione da Confagricoltura, riferiti a quattro diverse realtà aziendali.
La situazione peggiore si riscontra nell'allevamento dei bovini da carne, che potrebbero vedere ridotti di due terzi i contributi comunitari.
Di certo, conclude l'articolo, le misure di condizionalità rafforzata, come ad esempio l'obbligo di rotazione e la riduzione del 50% degli agrofarmaci, penalizzeranno in misura rilevante le aziende agricole italiane.
Vince lo Champagne
C'è voluto un contenzioso sull’uso del nome Champagne per convincere la Corte di giustizia europea che le denominazioni protette non possono essere copiate e nemmeno evocate.Tutto ha inizio con la decisione di una catena di distribuzione spagnola di denominare "Champanillo", che in spagnolo può significare champagnino, un vino frizzante messo in vendita sui loro scaffali.
La diatriba, iniziata dalla magistratura iberica e poi arrivata sino alla Corte di giustizia europea, come spiega Micaela Cappellini su "Il Sole 24 Ore" del 10 settembre, si è conclusa con la conferma che i regolamenti comunitari proteggono le denominazioni di origine.
Una sentenza analoga era già stata emessa nel 2017 contro una catena di supermercati tedesca, che nel periodo natalizio aveva commercializzato un dessert in edizione speciale, etichettato come "Champagne sorbet".
Una sentenza, questa della Corte di giustizia, che secondo Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, ha una portata storica.
Ora si auspica che l'Unione europea proceda con accordi bilaterali per evitare quanto sta accadendo in Cile, dove sono state depositate domande di registrazione dei marchi Asiago o Parmesan da parte di un consorzio statunitense.
Latte allo stremo
I costi di produzione sono cresciuti del 40% negli ultimi mesi, mentre il prezzo del latte riconosciuto agli allevatori è passato dai 40 euro al quintale del 2019 agli attuali 38 euro.La maggior parte degli allevatori in queste condizioni sta vendendo in perdita.
E’ questa la denuncia che viene da "Libero" dell'11 settembre, ricordando il rincaro delle materie prime per l'alimentazione degli animali, dal mais alla soia.
Si potrebbe affermare che parte delle colpe ricadono sulle industrie del latte, che non pagano a sufficienza la materia prima.
Ma anche su questo fronte le difficoltà non mancano, come si legge su "Il Sole 24 Ore" dell'11 settembre, che intervistando il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti, ricorda che anche su questo fronte le difficoltà non mancano per via dell'aumento dei costi, in particolare quelli energetici.
Quali le vie di uscita? Secondo il presidente di Assolatte, sarebbe importante puntare sull'export e investire sulla promozione.
Opportunità di sviluppo si possono cogliere in particolare sui mercanti asiatici, dove ancora è inespresso l'apporto del consumo fuori casa.
Comunque, conclude l’articolo, sebbene la produzione di latte sia in aumento, le industrie riescono a ritirarlo tutto, remunerandolo il massimo possibile.
Dateci le Tea
Si chiamano Tea, acronimo di "tecnologie di evoluzione assistita", quelle che consentono di riprodurre in maniera mirata i risultati dei meccanismi alla base dell’evoluzione biologica naturale.Tecnologie innovative che promettono un grande balzo in avanti alle produzioni agricole.
Peccato che Bruxelles le continui ad accomunare agli Ogm, bloccandole.
Invece il 70% dei giovani agricoltori sarebbero pronti a coglierne i vantaggi, che si riassumono nel miglioramento della resistenza alle malattie, incentivando la produttività.
E’ questo il quadro della situazione tracciato da "Il Giornale" del 12 settembre per denunciare come sia ancora assente una normativa europea che consenta di sviluppare le ricerche su questa nuova frontiera della scienza.
Eppure, si legge nell’articolo, le Tea sono state inserite tra gli strumenti per raggiungere gli obiettivi fissati dal Green Deal entro il 2030.
Che sia necessario sviluppare queste tecnologie lo sostiene anche l’eurodeputato Paolo De Castro, che spiega come a differenza degli Ogm, le Tea si basano sulla combinazione di geni intraspecie per velocizzare processi che avverrebbero comunque in modo naturale.
Non resta che sperare che Bruxelles mantenga la promessa di predisporre la nuova normativa entro la primavera del prossimo anno.
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