L'allarme lo ha lanciato Confagricoltura chiedendo, allo stesso tempo, con urgenza un decreto Flussi per consentire l'arrivo di lavoratori stagionali. Anche se sarà "poi necessario individuare adeguate soluzioni che non siano dettate solo dall'urgenza e dall'emergenza".
In base ai dati del rapporto dell'Osservatorio nazionale sul lavoro agricolo dell'ente bilaterale Eban e di Nomisma l'agricoltura ha una quota rilevante di manodopera straniera: oltre 340mila lavoratori stranieri, complessivamente pari al 32% del totale degli operai agricoli in Italia; il 62% dei lavoratori stranieri è di origine extra Unione europea, soprattutto africana e in particolare proveniente dal Marocco e dalla Tunisia, dal Senegal e dalla Nigeria, ma anche dall'Est Europa (Albania ed Ucraina), e dall'Asia (India e Pakistan); il 93% degli stranieri comunitari arriva dalla Romania, dalla Polonia, dalla Bulgaria e dalla Slovacchia.
"Dalle strutture territoriali e dalle aziende agricole in tutta Italia, dal Nord al Sud - osserva il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti - stiamo ricevendo crescenti segnalazioni di carenza di manodopera, mentre si entra nel vivo della stagione della raccolta e della vendemmia in molti campi, frutteti, oliveti e vigneti".
Per risolvere velocemente la situazione Confagricoltura propone "l'emanazione di un nuovo decreto Flussi per far entrare in Italia nuovi lavoratori stranieri, e l'ulteriore proroga, oltre il 31 luglio, dei permessi di soggiorno scaduti per consentire a chi già è in Italia di rimanere e lavorare".
L'associazione ricorda però come sia necessaria una soluzione strutturale, e stabile, al problema. "Negli ultimi anni sono stati ipotizzati progetti e proposte prevedendo l'impiego di disoccupati e di percettori di ammortizzatori sociali del nostro Paese. Nessuna proposta però è riuscita a garantire un numero adeguato di lavoratori". Accanto a questo, viene messa in evidenza "la necessità di un'attività di adeguata formazione sia per i connazionali, sia per gli stranieri".
Secondo quanto emerge dall'Osservatorio sui macro trend del settore agricolo nazionale - un bilancio sul biennio 2018-2020, realizzato da Continental - la manodopera agricola nei due anni è calata del 4,3%; nello specifico la manodopera indipendente è scesa del 3,6%, mentre quella dipendente del 5,7%; in entrambi i casi si registrava una crescita dello 0,1% nel periodo 2018-2019, ma i dati sono poi scesi rispettivamente del 3,7%, e del 5,8% tra il 2019 e il 2020.
Alla carenza di manodopera si sommano poi anche altri elementi di preoccupazione: da un lato il maltempo violento e dall'altro il caldo torrido, e i disguidi nei trasporti con gli operatori (ancora pochi e sovraccarichi) non possono e non riescono a garantire il passaggio dai campi alle industrie. Messi insieme, questi aspetti, fanno pensare – spiega la Coldiretti - a una ricaduta in particolare sulla raccolta e la lavorazione dei pomodori con impatti già stimati al 20%, soprattutto per il Meridione. La filiera, che coinvolge circa 7mila imprese agricole e oltre novanta imprese di trasformazione e 10mila addetti, esporta quasi 2 miliardi di euro in tutto il mondo tra prodotti agricoli, passata e sughi. Il rischio, oltre a veder atterrare merce straniera d'importazione, è quello di perdere il primato italiano di primo produttore europeo di pomodoro davanti a Spagna e Portogallo; e di secondo produttore a livello mondiale subito dopo la California.
Effetti evidenti - quelli della crisi dei pomodori - soprattutto al Sud, che hanno spinto quattro regioni (Campania, Puglia, Molise, Basilicata) a scrivere al ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli affinché venga convocato "un urgente tavolo di lavoro per affrontare con strumenti ordinari e straordinari" la situazione, "in grado di indennizzare le perdite di reddito degli agricoltori che hanno coltivato pomodoro destinato alla trasformazione industriale, oggetto di contratti stipulati tra Organizzazioni di produttori e industrie di trasformazione".