Le piogge cadute dal ponte dell'Immacolata fino sabato scorso sul Mezzogiorno d'Italia - quasi incessantemente - sono state una manna dal cielo che ha chiuso una lunga fase di siccità, ma anche un'occasione persa a causa delle carenze infrastrutturali.

"È stata un'autentica cascata di pioggia, quella abbattutasi nei giorni scorsi sul territorio, di cui però raccogliamo solo i cocci, nonostante la determinante funzione avuta dagli invasi e dalla rete idraulica minore, appositamente svuotata, nel contenere i danni". Ad esprimersi così è Francesco Vincenzi, presidente dell'Associazione nazionale dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio, commentando i dati dell'Osservatorio Anbi sulle risorse idriche: perché se resta vero che tanta acqua è caduta, è vero anche che se ne è potuta trattenere meno di quanto teoricamente possibile, a causa dei ritardi nella programmazione degli investimenti nelle reti e nei serbatoi irrigui.
 

I dati dei bacini idrici

Nonostante tutto, finalmente anche il Sud trova respiro, dopo una siccità iniziata sin dalla scorsa primavera. E sono tutte in crescita le portate dei fiumi campani (Volturno, Sele) con il Liri-Garigliano, che raggiunge l'altezza idrometrica di 998 centimetri contro i 193 del dicembre 2019; in crescita anche i livelli degli invasi di Piano della Rocca sul fiume Alento e di Conza della Campania sull'Ofanto.

A godere maggiormente delle piogge è stata la Basilicata, i cui bacini, in deficit idrico da mesi, registrano un'impennata, che li porta ad un surplus di quasi 11 milioni di metri cubi sulle disponibilità 2019.

Analogo andamento per gli invasi di Puglia, il cui deficit annuale si riduce a circa 39 milioni di metri cubi, grazie ad un apporto pluviometrico superiore ai 30 milioni di metri cubi.

Registrano, infine, una buona percentuale di riempimento i laghi artificiali in Calabria, dove alla diga Sant'Anna sul fiume Tacina si registra il record del recente quadriennio: vengono qui trattenuti quasi 6 milioni di metri cubi d'acqua.
 

La necessità di nuovi investimenti

"Questa disamina – conclude Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – conferma l'urgente necessità di un piano nazionale invasi, la cui funzione si rivela indispensabile per contenere le ondate di piena, creando al contempo riserva idrica. È in contingenze come l'attuale, che si evidenzia l'utilità di trasformare un problema in risorsa, incrementando la capacità di trattenere le acque di pioggia al suolo, oggi ferma all'11%".

"È del 2017 il nostro Piano invasi – ricorda ancora Gargano - insieme all'allora Struttura di missione Italia sicura, per realizzare duemila bacini in 20 anni, grazie ad un investimento di 20 miliardi di euro; è di pochi mesi fa, invece, il Piano Anbi per l'Efficientamento della rete idraulica, redatto in funzione delle scadenze del Recovery plan, grazie ad 858 progetti definitivi ed esecutivi, capaci di attivare oltre 21mila posti di lavoro con un investimento di circa 4 miliardi e 400 milioni. I progetti sono cantierabili; attendiamo risposte".