Gli strumenti digitali hanno il potenziale di coniugare redditività delle imprese agricole e sostenibilità ambientale delle produzioni. Ne è convinto il governo degli Stati Uniti che ogni anno investe attraverso vari strumenti milioni di dollari nello sviluppo di nuove tecnologie e applicazioni. Ad esempio recentemente sono stati stanziati 20 milioni di dollari per accelerare lo sviluppo dell'Intelligenza artificiale nel settore agricolo. Soldi che saranno impiegati da un consorzio fatto da diverse università e centri di ricerca sparsi per gli Stati Uniti.
 
A coordinare uno dei team di ricerca c'è un italiano, Bruno Basso, già professore all'Università della Basilicata che si è trasferito nel 2012 negli Usa per lavorare proprio su progetti legati all'impiego dell'Ia in agricoltura presso la Michigan State University. Lo abbiamo incontrato (virtualmente) per farci raccontare quali sono le potenzialità del digitale e che cosa gli agricoltori si devono aspettare nei prossimi anni.

"L'Intelligenza artificiale ha la potenzialità di estrarre informazioni di valore da moli enormi di dati, i cosiddetti big data. In questo senso può affiancare l'agricoltore nel prendere le decisioni giuste in maniera tempestiva, ma in futuro, quando la robotica sarà una realtà quotidiana nelle aziende agricole, molte operazioni colturali saranno automatizzate e demandate ai robot".

Su quali filoni di ricerca vi state focalizzando?
"Sono quattro i temi di studio: la resilienza ambientale, la salute del suolo, lo sviluppo robotico, il monitoraggio dei suini negli allevamenti intensivi. Ma il mio team di ricerca segue solo i primi tre".

Partiamo dai robot. Dobbiamo immaginarci umanoidi che guidano trattori?
"Nulla di tutto questo. Per robot intendiamo delle macchine in grado di svolgere in maniera autonoma alcuni compiti. Già oggi utilizziamo dei robot per la fenotipizzazione, sono delle macchine che raccolgono dati su esemplari frutto di incroci per studiarne i caratteri e raccogliere quindi dati utili ai genetisti per effettuare la selezione di nuove varietà".

Quindi non sono robot che lavorano realmente in campo...
"Ci sono anche quelli. Ad esempio un filone su cui si sta lavorando molto è lo sviluppo di robot in grado di riconoscere, attraverso appositi algoritmi, la presenza di infestanti in campo e di eliminarle in maniera chirurgica, attraverso ad esempio micro-getti di diserbante o scosse elettriche o meccanicamente".
 
Il professore Bruno Basso insieme ad alcuni suoi studenti
Il professore Bruno Basso insieme ad alcuni suoi studenti

Come avviene il riconoscimento delle malerbe?
"Può avvenire direttamente in campo, attraverso delle telecamere sul robot. In questo senso l'Ia serve a distinguere la malerba dalla coltura. Oppure noi stiamo lavorando sull'analisi delle immagini satellitari dalle quali è possibile individuare la presenza e la posizione delle erbe infestanti".

Come vi viene in aiuto l'Intelligenza artificiale?
"Ogni giorno dallo spazio riceviamo terabyte di dati che devono essere analizzati con nuovi metodi di machine learning, altrimenti risulta impossibile con i sistemi convenzionali. Oltre all'analisi di dati attuali o storici l'Intelligenza artificiale ci serve poi per fare delle previsioni sul futuro".

Prevedere raccolti e cose simili?
"Oggi conosciamo molti dei meccanismi che governano la crescita e lo sviluppo delle piante, come dei patogeni. L'Ia ci permette di mettere assieme le nostre conoscenze con i dati rilevati in campo per prevedere l'evoluzione della coltura o di una malattia. Questo ci permette di dare informazioni di valore all'agricoltore che può dunque sapere se e dove deve trattare, irrigare o effettuare altre operazioni".

E in che modo l'Intelligenza artificiale può aiutare l'agricoltura ad essere più sostenibile?
"Parliamo del sequestro del carbonio. Oggi abbiamo il problema di un eccesso di anidride carbonica nell'aria che sta provocando i cambiamenti climatici. L'agricoltura può essere una soluzione in quanto, a certe condizioni, è in grado di sequestrare carbonio nel suolo sotto forma di composti organici".

E cosa c'entra l'Ia con l'agricoltura conservativa?
"Oggi all'agricoltore viene chiesto genericamente di non arare, per non liberare carbonio. Ma attraverso l'analisi delle immagini satellitari abbiamo mappato i campi degli Stati Uniti, metro quadro per metro quadro, e siamo in grado di descrivere la variabilità del suolo e la migliore strategia da adottare per coniugare produttività e sequestro di carbonio. E possiamo aprire per l'agricoltore una nuova fonte di guadagno".
 
Quale?
"Quella dei carbon credits. Oggi molte aziende e privati sono disposti a pagare per mitigare la propria impronta ambientale e possono farlo acquistando crediti dagli agricoltori. Il privato che vola in aereo e non vuole pesare sul pianeta può comprare un credito attraverso piattaforme ad hoc da un farmer che così sarà ripagato per il suo servizio ecosistemico".
 
Sembrano progetti molto distanti dalla realtà quotidiana degli agricoltori...
"Non negli Stati Uniti dove su questi temi si sta investendo molto e l'opinione pubblica è molto sensibile. Qui hanno tutti un approccio molto concreto. Se il governo finanzia la ricerca è perché poi vuole avere degli strumenti da applicare al mercato. Ma anche il settore privato è molto attivo, come nel caso di Cibo Technologies".

Di che cosa si tratta?
"È una startup che ho lanciato insieme a dei colleghi e che ha tra i finanziatori personalità del calibro di Al Gore. La piattaforma digitale permette agli agricoltori di conoscere il potenziale di carbonio sequestrabile, ma anche la variabilità del terreno, quanto cioè è rischioso coltivarlo. Si forniscono stime sul giusto canone di affitto o sul valore dell'appezzamento. Sono dati geolocalizzati, affidabili e precisi che sono stati resi possibili solo grazie all'applicazione dell'Intelligenza artificiale".

E qual è stata la risposta degli agricoltori?
"Variabile ma tendenzialmente positiva. Oggi abbiamo una nuova generazione di farmer, giovani e digitali, che stanno scoprendo le potenzialità che offrono le nuove tecnologie. Anche perché il mercato è duro e chi non sta al passo coi tempi non ha futuro. Oggi molti piccoli agricoltori affittano o vendono le proprie terre a farmer giovani e intraprendenti che vogliono generare economie di scala e usano massicciamente le nuove tecnologie per estrarre il massimo del valore dai propri campi, senza tuttavia trascurare la sostenibilità".