E' approdata nelle Commissioni agricoltura e commercio internazionale del Parlamento europeo la proposta di regolamento della Commissione Ue del 17 settembre scorso, con la quale l’Unione intende aiutare economicamente la Tunisia colpita dal terrorismo internazionale con un aumento temporaneo - limitato agli anni 2015 e 2017 - dell’import di olio di oliva tunisino verso l’Ue per 35.000 tonnellate.

Nelle Commissioni si è sviluppato un dibattito piuttosto vivace sugli effetti che ne potrebbero derivare sui mercati europei. In particolare su quello italiano e pugliese. Al momento, la Comagri ha rinviato il voto sulla proposta all’11 gennaio, mentre la Commissione commercio internazionale ha fissato la data del voto al 25 gennaio.
 
Su tanto si registra la presa di posizione di Confagricoltura Puglia, che alla vigilia della discussione ha invitato gli europarlamentari italiani a schierarsi decisamente contro il provvedimento che, se approvato, “Darebbe via libera a un contingente supplementare a dazio zero di olio d'oliva proveniente dalla Tunisia per il 2016 e 2017", come tuona l’organizzazione agricola. Ieri dura presa di posizione anche di Confagricoltura Taranto, con il presidente Luca Lazzàro: “L’Ue si fermi, fa ancora in tempo ad evitare un enorme danno per i nostri produttori”.
 
In Comagri si è discusso della proposta il 1° dicembre, rinviando però all'11 gennaio 2016 il voto sul parere. Le posizioni dei parlamentari italiani a riguardo sono trasversali rispetto agli schieramenti politici. Paolo De Castro (Pd) ha chiesto il rigetto della proposta della Commissione, così come il M5S attraverso un emendamento a firma dei deputati Marco Zullo, Giulia Moi e Rosa D'Amato. Il motivo della contrarietà alla proposta della Commissione è di merito, poiché manca uno studio di impatto rispetto ai mercati europei.

La Commissione, infatti, nel corpo del provvedimento si limita a sostenere che il contingente a dazio zero supplementare andrebbe a sostituirsi a parte della produzione già importante in Ue in regime di “perfezionamento attivo” – olio quindi destinato ad essere riesportato oltre i confini Ue. Ma la Commissione non chiarisce come ciò avverrebbe, e soprattutto con quale impatto sui prezzi degli oli di oliva all’interno dell’Unione.
 
Confronto serrato anche in Commissione Commercio internazionale, dove si è svolta una discussione accesa, nella quale le posizioni italiane, favorevoli al rigetto della proposta della Commissione, si sono scontrate con la posizione della relatrice francese Marielle de Sarnez che, al contrario, chiede di accettare totalmente la proposta che reca la firma di Jean-Claude Juncker. Per quanto riguarda l'Italia, molto netti gli interventi degli eurodeputati Salvatore Cicu (Forza Italia) e David Borrelli (M5S); il primo si è dimesso da relatore ombra della proposta, proprio in segno di protesta contro il trattamento rivolto alle regioni del bacino del Mediterraneo. Si è aperto così il termine per la presentazione degli emendamenti (entro il 15 dicembre), mentre il voto è atteso per il 25 gennaio.
 
“E’ assolutamente necessario tenere il punto e votare no – spiega il presidente Confagricoltura Taranto Lazzàro, che sottolinea - la Commissione Ue, stando a quanto trapelato, continua ad insistere sul fatto che dal punto di vista dei quantitativi le tonnellate supplementari non inciderebbero e che l'Ue ha bisogno dell'olio tunisino. Silenzio invece sul potenziale impatto sui prezzi nei nostri mercati, dove invece a nostro parere le ricadute sarebbero pesanti, soprattutto perché dopo il pessimo 2014 è in arrivo una produzione stimata in 179mila quintali e di ottima qualità. Per questo abbiamo il dovere di denunciare il potenziale danno ai nostri produttori che potrebbe derivare dall’importazione supplementare di olio d’oliva tunisino”.
 
“Sembra che questa operazione interessi più agli operatori europei di determinati Paesi, che potranno importare a basso costo e riesportare con diversa nazionalità, che agli stessi produttori tunisini – rimarca Lazzàro - sarebbe, per ciò stesso, un pericoloso precedente che dobbiamo assolutamente evitare e il cui prezzo sarebbe pagato dai produttori italiani e soprattutto pugliesi”.