Avanti, c’è posto nei campi. Nel pieno della crisi dell’occupazione giovanile, che ormai in Italia ha superato abbondantemente la soglia dell’emergenza sociale, l’agricoltura propone la sua staffetta generazionale, in grado di creare l’inserimento di 200mila giovani.
Come raggiungere questo obiettivo, lo ha spiegato Vittorio Sangiorgio, delegato nazionale dei giovani Coldiretti, dal palco dell’Auditorium Parco della Musica, in occasione dell’assemblea annuale degli “Under 35”.

“Con il pacchetto che verrà presentato al ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, chiederemo la sospensione del pagamento di imposte e contributi per cinque anni alle imprese familiari in cui si concretizza quella che viene definita la staffetta generazionale”.
L’annuncio è ambizioso, e va anche detto che cade in un momento in cui, dopo la grande fuga dai campi, i dati statistici registrano un trend positivo sull’occupazione proprio in agricoltura, con una crescita del 3,6% rispetto alla scorso anno, in controtendenza rispetto agli altri settori. Lo stesso lavoro agricolo non è più quello di una volta.
La liberalizzazione delle attività connesse ha allargato nell’ultimo decennio notevolmente il perimetro dell’attività agricola tradizionale: chi coltiva grano e produce uova, può diventare agripaniettere o agripasticciere; il vecchio florovivaista ora produce anche rotoli di prato e chi alleva suini o vitelli cerca di evitare le insidie mercantili dei mediatori di bestiame o il giogo della soccida: lo macella direttamente e lo vende nella sua agrimacelleria.

Insomma il nuovo motto suggerito dalla innovativa vetrina allestita dalla Coldiretti anche quest’anno negli ampi spazi dell’Auditorium, potrebbe essere “pane, terra e fantasia”, al posto dell’ormai superato “duro lavoro dei campi”. Quest’ultimo lo lasciamo volentieri alla schiera di immigrati di prima e anche ultima generazione che popola le nostre campagne nella stagione dei grandi raccolti, gli agribadanti dei campi e delle stalle.
Insomma, la newagriculture incalza e il “primario avanzato” può effettivamente strizzare l’occhio ai giovani aspiranti agricoltori. E non è un caso che, sempre secondo l'indagine Coldiretti, il 70% dei giovani agricoltori si è già convertito al modello della diversificazione e della multifunzionalità.

Ma da qui a pensare di creare centinaia di migliaia di posti di lavoro ci sembra francamente esagerato. Già altre volte gli annunci roboanti, o quanto meno disinvolti, non hanno portato grandi risultati. Ricordate il milione di ettari che avrebbero dovuto rappresentare il grande serbatoio di colture industriali dedicate alla prouzione di biodiesel? In realtà non si è andati oltre le poche decine di migliaia di ettari coltivati ad hoc.

E i terreni demaniali da vendere o affittare proprio ai giovani? Finora neanche un “tomolo di terra” demaniale è passato di mano e delle centinaia di migliaia di nuove imprese non è nata nemmeno una. Anche il determinato ex ministro Mario Catania, che quell'operazione aveva fortemente sostenuto, ha dovuto ammettere il flop.
Speriamo che il nuovo ministro dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo – che si è impegnata subito su questo fronte – riesca a condurre in porto anche questa operazione, dopo l’operazione-lampo sull’Imu agricola.

Siamo scettici, ma non vogliamo passare per menagramo, pronti ad aammettere l'errore di valutazione. Resta per ora la considerazione che l’effetto annuncio, tanto amato dalle nostre organizzazioni agricole, può essere buono per conquistare un titolo di giornale o un passaggio televisivo, può avere alla lunga i suoi effetti collaterali in termini di credibilità.
Anche sulla stessa base associativa dei produttori agricoli, i cui redditi – a dispetto delle pur lodevoli iniziative legate alle attività connesse – hanno subito un pesante scivolone nella graduatoria comunitaria. Stesso discorso per la presenza dei giovani in agricoltura: secondo Eurostat, in Italia i conduttori con meno di 35 anni rappresentano solo il 5,1% del totale, contro una media Ue del 7,5%.

Ben vengano quindi nuovi agricoltori e nuova forza lavoro nei campi, non solo per dare uno sbocco ai giovani disoccupati, ma anche per mantenere un turn-over minimo necessario per garantirsi un futuro. Sarebbe bene però restare con i piedi per terra ed evitare rischiose capriole statistiche su temi così delicati. Tanto più che il nuovo ministro del Lavoro, Enrico Giovannini - una vita all'Istat, fino a diventarne presidente - è un superesperto di numeri e conosce bene anche l'aforisma del "pollo statistico" di Trilussa, per cui se un uomo mangia un pollo e l'altro nessuno, la media è mezzo pollo a testa.