http://www.confagricoltura.it/ita/press-room_anno-2012/novembre/il-decalogo-10-spunti-di-riflessione-sulla-ricerca-e-l-innovazione.php

Un vero e proprio Decalogo per il progresso della ricerca in agricoltura è stato presentato a Roma, nella prestigiosa sede di Confagricoltura a Palazzo della Valle, nel corso del convegno "Agricoltura domani" organizzato da Confagri, Conaf, Fidaf e Unasa.

All’incontro e alla tavola rotonda, moderati dal giornalista e saggista Elio Cadelo, hanno partecipato Amedeo Alpi, Università di Pisa – Unasa, Giuseppe Alonzo, presidente Cra; Silvio Ferrari, chairman piattaforma Plant the Future; Marco Gobbetti, presidente Aissa; Massimo Iannetta, responsabile agroalimentare Enea; Francesco Loreto, direttore Dipartimento Scienze bio-agroalimentari del Cnr; Francesco Pennacchi, presidente Conferenza dei presidi Facoltà di Agraria; Daniele Rossi, chaiman piattaforma Food for Life e Dario Stefàno, coordinatore assessori regionalli Agricoltura.
Assenti per motivi istituzionali i ministri Mario Catania e Francesco Profumo.

La ricetta, condivisa da tutti gli intervenuti, per rilanciare la ricerca e l’innovazione in agricoltura è stata presentata dal presidente di Confagricoltura Mario Guidi e si articola in dieci punti racchiusi in una sorta di Decalogo che investe l'intero "sistema agricoltura". 

"È un errore continuare a considerare in agricoltura quantità e qualità come concetti antitetici. Si tratta di elementi complementari che possono essere integrati dalla ricerca e dall’innovazione", ha  dichiarato Guidi, dando il via a una tavola rotonda che ha fatto registrare la sostanziale unanimità di accordi su tutti i punti del decalogo.

"L’agricoltura non può continuare ad andare avanti grazie ai finanziamenti pubblici – ha detto il presidente di Confagricoltura –. Il vero confronto è sui mercati e la ricerca finalizzata all’innovazione è la chiave per essere competitivi"
La competitività, tuttavia, non può essere un obiettivo raggiungibile seguendo l’attuale percorso che vede una frammentazione dell’insieme dei ricercatori e un sostanziale scollamento tra ricerca in generale e mondo reale.

Siamo di fronte a uno scenario in cui la ricerca utile all’agricoltura dipende da sei diversi ministeri, in cui spesso due o più progetti riguardano la stessa ricerca perché manca quasi completamente il necessario scambio di informazioni, in cui i nostri ricercatori lavorano all’estero perché in patria guadagnerebbero meno della metà, in cui l’assenza di interscambio informativo a livello nazionale si riflette sul piano europeo, in cui ricerca e filiera produttiva sono completamente scollati sul piano del reale.




Roma, un momento del convegno "Agricoltura domani"
 

La ricerca in agricoltura, in buona sostanza, soffre degli stessi mali che affliggono la ricerca in generale, scontando inoltre l’aggravante di una concezione generalizzata del settore primario come elemento più vicino al flauto di Pan che a un microscopio elettronico.

Eppure, la misura in cui agricoltura e ricerca sono legate ci è dato da dati evidenti, quali l’aumento dagli anni ’60 a oggi della produzione di cereali da 900 a 2400 milioni di tonnellate nonostante l’aumento di terre coltivate sia stato minimale. Un risultato tutt’altro che trascurabile, soprattutto per quei 4 miliardi di persone affamate che nell’ultimo mezzo secolo si è aggiunta al conteggio della popolazione mondiale.

"Negli ultimi decenni – ha sostenuto Luigi Rossi, presidente Fidaf - si è verificata in Italia e in Europa la più straordinaria rivoluzione della storia dell'umanità: si è riusciti a produrre cibo abbondante e di buona qualità. Nonostante questo risultato sia dovuto alla consistenza economica e sociale dell'agricoltura e sia frutto della ricerca scientifica, permane, ingiustamente, una 'estraniazione culturale' nei confronti del sistema produttivo agricolo e del progresso scientifico".

Quanto la nostra Nazione creda, al di là delle solite chiacchiere del momenti, nell’importanza della ricerca risulta evidente da quell’1,26% del Pil destinato a tale scopo e da suddividere in tutti possibili settori.

Tra i Paesi nostri concorrenti la Francia investe il 2,26%, la Germania il 2,82 e i Paesi scandinavi sono già al 3%, soglia di investimento identificata come obiettivo in Europa 2020. A fronte di questo 3%, l’Italia si è posta come obiettivo quello dell’1,58.

"Riteniamo urgente e non più procrastinabile – hanno concluso gli organizzatori - l'avvio di una politica volta a realizzare una profonda riforma strutturale. La ricerca agraria, in linea con le scelte dell'Unione Europea e finalizzata allo sviluppo e all'innovazione, avvalendosi delle nuove tecnologie abilitanti, deve considerare la produzione primaria e la filiera alimentare in stretta connessione con il territorio, la salute e l'energia".