Una lotta al calor bianco fra Cina e Australia in tema di zootecnia. La prima per gli allevamenti da latte, la seconda per quelli da carne.

Numeri ed estensioni da capogiro quelli che caratterizzano i dieci allevamenti più estesi del mondo e col maggior numero di capi. Basti pensare che le "Magnifiche Dieci" avanzano complessivamente 26,15 milioni di ettari, oltre il doppio della Sau italiana, per un numero di capi pari a 337.500.

La Cina occupa le prime due posizioni della classifica, con il 51,8% della superficie complessiva delle dieci aziende considerate, come pure con il 41,5% dei capi allevati. Le rimanenti quote spettano alle otto aziende australiane che seguono a completare la classifica. In pratica, le sole due megafarm cinesi contano su una superficie che oltrepassa la Sau nostrana. 

Di seguito la top 10 elencata partendo dalla decima posizione. 

Decima posizione per l’azienda "Marion Downs", nel Queensland, con un milione e 242 mila ettari e 15mila capi allevati annualmente (secondo altre fonti 15.500). Ciò che rende speciale questa realtà è che per svolgere tutto il lavoro sono sufficienti solo 15 dipendenti. 

Nona piazza per la "Wave Hill", site nell’Australia settentrionale, con un milione e 347 mila ettari sui quali pascolano 50mila capi (per altre fonti 60mila). L’area in cui insiste l’azienda dal 1883 è vocata all’impiego di bestiame per l'alimentazione umana da circa 60mila anni. Allo sfruttamento del bestiame selvatico subentrò poi in epoche più recenti l'allevamento in quanto tale, operato dal popolo locale dei Gurindji.

Ottava posizione per "Innamincka", nata nel Sud dell’Australia nel 1872 e che deve il proprio nome alla combinazione di due parole aborigene che significano "il tuo rifugio e la tua casa". Sul suo milione e 350 mila ettari di superficie alleva 13mila capi.

Settima piazza per l’azienda "Home Valley", nella Western Australia, con 1,41 milioni di ettari e 5.000 capi. Piccola curiosità: vi furono ambientate alcune scene del film "Australia" con Nicole Kidman, attrice australiana.

Sesta posizione per la "Davenport Downs", nel Queensland australiano, con 1,5 milioni di ettari su cui vengono allevati annualmente 29mila capi da carne (altre fonti la accreditano di 25mila capi).

Quinta posizione per l’azienda "Alexandria", parimenti australiana, con 1,6 milioni di ettari per 55mila capi allevati all’anno. Altre fonti la accreditano di ben 80mila capi per una forza lavoro di 50 dipendenti e una produzione interna annua di 10mila balle di foraggio.

Quarta piazza e medaglia di legno alla "Clifton Hills Farm", anch’essa australiana, con una superficie di 1,7 milioni di ettari per 14mila capi da carne allevati (altre fonti la accreditano di 18mila capi). Un bel salto, considerando che l’azienda è nata nel 1876 con "soli" mille capi al pascolo. 

L’ultimo gradino del podio se lo aggiudica ancora l’Australia, con la "Anna Creek Farm ", posta nel Sud del Paese. Circa 16.500 i bovini da carne allevati annualmente, della razza Santa Gertrude. I bovini contano su 2,45 milioni di ettari, pari quindi a 142 ettari per capo (altre fonti la accreditano di "soli" 9.000 capi).

Seconda piazza per la "Modern Dairy ", in Cina, nella provincia di Anhui. In essa vengono allevate 40mila vacche da latte contando su circa 4,45 milioni di ettari. Ovvero 111 ettari a capo con punte di produzione giornaliera di 600 tonnellate di latte. Qualche problema negli anni passati, quando sull’azienda gravarono le accuse di commercializzare capi affetti da tubercolosi bovina.

Medaglia d'oro: in vetta alla classifica ancora la Cina, con la "Mudanjiang City Mega Farm", sita nella provincia di Heilongjiang. In pratica, un raddoppio di quanto visto per la seconda classificata: oltre 9,1 milioni di ettari, pari a circa il 73% della SAU italiana. Su tali superfici Si allevano 100mila vacche da latte, ciascuna delle quali ha quindi a disposizione la bellezza di 91 ettari. La produzione in latte è di circa 800 milioni di litri. Quindi una produzione di circa 8.000 litri/capo contro una media italiana intorno ai 7.000, variabile di anno in anno. L’esplosione di tali attività è coincisa con l’embargo verso la Russia nel 2015, cui Mosca rispose ponendo il bando sui prodotti lattiero-caseari europei. Un mercato sul quale la Cina si è inserita prontamente.

Solo pochi anni fa sarebbe sembrato impossibile che veri e propri fiumi di latte bovino avrebbero scavalcato la Grande Muraglia per finire sui mercati russi, sostituendosi alle tradizionali forniture europee. Segno di come i tempi e il mondo cambino a una velocità superiore a quella che l'agricoltura italiana riesce a metabolizzare.