Il problema esiste, ma sembra quasi non sia elegante parlarne. Come se ammettere di avere una parassitosi in stalla fosse un evento poco decoroso per una blasonata mandria di selezionatissime Frisone, che mai hanno avuto accesso al pascolo. In realtà le parassitosi non guardano a questi dettagli e stanno diventando un commensale ingombrante, mangiandosi silenziosamente, ogni giorno, una parte del bilancio aziendale.
I danni? Molteplici: calo dell'accrescimento, riduzione della produzione e della qualità di latte, effetti negativi sulle performance riproduttive. In letteratura c'è anche chi ha calcolato il danno economico causato dai parassiti gastrointestinali, stimato in 721 euro/capo/anno.

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Realtà sottovalutata

Alessandro Fantini, medico veterinario e presidente della Società italiana di buiatria, ne è consapevole e ammette che la questione viene spesso sottovalutata: "Gli allevamenti di bovini da latte interessati da parassitosi sono distribuiti in tutta Italia, ma il problema è che di solito le infestazioni restano ad un livello subclinico, senza dar vita a casi conclamati, limitandosi semplicemente a sottrarre risorse che una bovina sana avrebbe destinato alla produzione. Di casi clamorosi nella mia carriera ne ricordo uno in particolare in una stalla da Parmigiano Reggiano, dove si era arrivati addirittura ad avere il sospetto che ci fossero furti di mangime, visti gli scadentissimi risultati in sala mungitura. In realtà era in atto una fortissima infestazione e i parassiti avevano preso il sopravvento sulla mandria. Appena ce ne siamo accorti e abbiamo iniziato a trattare le bovine le produzioni sono tornate ai livelli attesi in pochi giorni. Ci sono poi parassiti come Ostertagia ostertagi che andrebbero tenuti sotto controllo - ricorda Fantini - per i danni che possono causare. Un compito semplice per il veterinario, ma anche per l'allevatore, visto che con i test Elisa disponibili si ottengono indicazioni utili partendo dal latte di massa. Ma, senza scomodare i test immunoenzimatici, anche una banale ricerca di parassiti nelle feci potrebbe riservarci più di una sorpresa. E non sto parlando di coccidi nei vitelli".

Le uova di Ostertagia ostertagi sono prodotte in quantità limitata e ciò ne rende difficile la determinazione senza metodiche altamente sensibili
Le uova di Ostertagia ostertagi sono prodotte in quantità limitata e ciò ne rende difficile la determinazione senza metodiche altamente sensibili
 

Questione di sensibilità

Giuseppe Cringoli, parassitologo dell'Università di Napoli invece non si meraviglierebbe troppo, perché le ricerche condotte dal Cremopar (Centro regionale per il monitoraggio delle parassitosi) confermano quanto detto da Fantini ed enfatizzano la necessità di introdurre regolari piani di lotta alle parassitosi nelle aziende zootecniche italiane. "I nematodi gastrointestinali - spiega Cringoli - potranno forse non essere vissuti come una priorità dagli allevatori di bovini da latte, ma sono certo del fatto che questi parassiti rappresentino un costo importante, che potrebbe essere notevolmente ridotto applicando semplici piani di controllo. E poco importa che le vacche non escano sempre al pascolo, visto che anche negli allevamenti più moderni c'è una elevata prevalenza di parassiti come Ostertagia ostertagi, tanto per citarne uno dei più significativi, quanto sottovalutati".

Oggi le possibilità per tenere sotto controllo questi indesiderati ospiti non mancano e i farmaci a disposizione degli allevatori sono efficaci: "Basta solo accettare il fatto che non esistano stalle a prova di parassita - commenta Giuseppe Cringoli - e si decida di monitorare il problema, provvedendo ai necessari trattamenti".

Dall'alto: maschio di Ostertagia ostertagi; ecco come si presenta una larva L3; una femmina di Ostertagia ostertagi
Dall'alto: maschio di Ostertagia ostertagi; ecco come si presenta una larva L3; una femmina di Ostertagia ostertagi
 

Strade diverse

Gli approcci sono due: o il classico esame delle feci o l'adozione di test immunoenzimatici. Ma l'importante è inserirli nella gestione ordinaria della stalla.

"Ostertagia - spiega Cringoli - si localizza primariamente nell'abomaso e la sua presenza genera lo sviluppo di anticorpi, che vanno in circolo e passano nel latte. Per cui, se si sceglie il test immunoenzimatico (Elisa) si vanno a identificare gli anticorpi nel latte di massa e se ne misura la concentrazione, prima di decidere se sia il caso di intervenire o meno. Il sistema è semplice, il Cremopar lo effettua regolarmente e consente di avere una risposta chiara in tempi rapidi, ad un costo non elevato. Se invece di sceglie l'esame delle feci occorre sempre ricordare che Ostertagia produce poche uova, difficilmente rilevabili a basse concentrazioni, con le metodiche classiche. Il limite della diagnosi coprologica è la sensibilità della tecnica, unita ad un problema di 'concentrazione' visto che le vacche producono grandi quantità di deiezioni al giorno, con una grande diluizione massima, nettamente superiore a quella che possiamo avere con una pecora. Ordine di grandezza? 40 chilogrammi di feci per una vacca, 120 grammi di feci per una pecora. Le tecniche usate sino ad oggi avevano una sensibilità media di 50 uova/grammo/feci, con picchi di sensibilità che potevano arrivare a 20 uova/grammo/feci. Questo ha sempre reso Ostertagia difficile da identificare con cariche parassitarie basse. Poi abbiamo messo a punto le tecniche Flotac - spiega Cringoli - un sistema per l'indagine coprologica che riesce a determinare 1 uovo/grammo/feci e che si è dimostrato una tecnica accurata e sensibile, perfettamente utilizzabile sulle vacche".

La possibilità di utilizzare il latte di massa per la ricerca degli anticorpi a Ostertagia ostertagi è un importante passo avanti ai fini della profilassi
La possibilità di utilizzare il latte di massa per la ricerca degli anticorpi a Ostertagia ostertagi è un importante passo avanti ai fini della profilassi
 

Trattare quando serve

Due approcci diversi per raggiungere lo stesso obiettivo, vale a dire tener bassa la carica parassitaria e aumentare l'efficienza della propria stalla, decidendo di trattare quando l'analisi supera il livello di guardia. "Il trattamento va pianificato oltre una certa soglia di infestazione - ricorda Nicola Morandi, medico veterinario del Servizio tecnico ruminanti Boehringer Ingelheim - perché sotto un determinato livello non c'è convenienza economica ad intervenire. L'esito del test immunoenzimatico si concretizza in un indice detto Odr (Optical density ratio) sulla cui base decidiamo insieme al veterinario aziendale e all'allevatore la strategia da intraprendere. Se l'indice è inferiore a 0.3 la situazione si considera accettabile, fra 0.3 e 0.6 siamo in una zona grigia in cui i parassiti influenzano negativamente le performance degli animali, ma possono non avere effetti evidenti sulla produzione di latte, mentre al di sopra di 0.6 la positività c'è e conviene iniziare a trattare, poiché mediamente il recupero sulla produzione di latte a seguito del trattamento è superiore al costo del trattamento stesso. Per decidere basta inviare un campione di latte di massa al laboratorio e in pochi giorni si ha la risposta. Boehringer Ingelheim, in collaborazione con il Cremopar, promuove sistematicamente fin dal 2015 questo approccio al controllo delle parassitosi, avendo testato ad oggi quasi 2mila aziende di vacche da latte. Siamo sempre a disposizione, in collaborazione con il veterinario aziendale e l'allevatore per continuare a fornire questo efficace quanto pratico strumento diagnostico".

"Per l'allevatore è tutto molto semplice, - ricorda Cringoli - ci manda un campione di latte, noi effettuiamo il test e insieme all'esito dell'esame gli inviamo anche un suggerimento per il trattamento, in funzione del livello della carica. I farmaci esistono e sono efficaci, l'importante è non sprecarli utilizzandoli quando non c'è la necessità o utilizzandoli in maniera non corretta. Ci sono trattamenti che si possono effettuare anche durante la lattazione e non hanno tempi di sospensione, per cui l'allevatore non deve buttare nemmeno un litro di latte. I principi attivi? Ivermectina ed Eprinomectina sono principi attivi efficacissimi, il problema è la diagnosi e la scelta di un protocollo per decidere il momento in cui trattare". Si tratta solo di dire basta a Ostertagia ostertagi, ponendo fine a quel quadro subclinico che peggiora l'efficienza delle bovine, vanifica l'eccellenza dell'alimentazione e di un potenziale genetico elevatissimo.

Nota: si ringrazia Antonio Bosco per aver cortesemente messo a disposizione le foto di Ostertagia ostertagi che compaiono nell'articolo.

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di Giovanni De Luca