Sono queste le proposte del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che ieri 14 giugno ha convocato la filiera suinicola al tavolo alla Camera di commercio di Brescia, alla presenza dell’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, dei rappresentanti del ministero della Salute e delle principali organizzazioni di rappresentanza del mondo allevatoriale, della trasformazione, della mangimistica, della distribuzione e vendita.
Nello specifico, le azioni proposte – a fronte di una crisi che sta colpendo la suinicoltura con importazioni di carni in aumento, una diminuzione del numero di scrofe e dunque di capi nati in Italia e un valore della carcassa sempre più legato al valore delle cosce, che rappresentano ormai il 60% del valore dell’animale – sono le seguenti:
- la conferma della compensazione Iva per le carni suine anche dopo il 2017;
- un allargamento e semplificazione della moratoria dei debiti degli allevatori con il pagamento diretto degli interessi dei mutui sostenuti;
- la creazione di un marchio unico nazionale per i regimi di qualità, che aiuti anche a valorizzare i tagli di carne suina italiana non utilizzati per la produzione di prosciutti Dop;
- il sostegno all’export attraverso un rafforzamento dell'azione diplomatica per la rimozione delle barriere sanitarie a partire dal mercato cinese;
- l’attuazione di campagne di comunicazione e promozione a sostegno di tutto il sistema suinicolo nazionale.
“Siamo determinati - ha dichiarato il ministro Martina - a chiedere anche a Bruxelles di battere un colpo per rispondere alla crisi del settore. Con altri Paesi proporremo al prossimo consiglio di prorogare lo stoccaggio privato delle carni suine, ma servono anche misure strutturali. Chiederemo che la suinicoltura possa essere considerata nel primo pilastro Pac, oltre a dei sostegni concreti per l’export. A livello nazionale abbiamo voluto condividere una serie di azioni operative e un metodo di lavoro che tenga un aggiornamento costante sull’attuazione”.
L’appuntamento è fissato ora per la metà di luglio, “ma non per ripartire da zero, ma per valutare lo stato di avanzamento lavori e decidere che cosa fare”, ha ammonito Martina.
Solitamente critico nei confronti della gestione dell’agricoltura da parte del Mipaaf, anche l’assessore all’Agricoltura della Lombardia Gianni Fava, che era presente, ma non è intervenuto pubblicamente, a margine del tavolo interprofessionale ha espresso giudizi tutto sommato positivi.
“Trovo positiva l’apertura del ministro Martina sul tema della Pac e sulla richiesta che la suinicoltura possa essere annoverata tra i beneficiari del Primo pilastro sugli aiuti diretti e sugli aiuti accoppiati. È stata una battaglia della Lombardia di questi ultimi tre anni, che evidentemente ha fatto breccia”, ha detto Fava.
“Ringrazio il ministro Martina per la disponibilità e ritengo che questa apertura possa aprire una fase nuova nei rapporti con Regione Lombardia – ha commentato Fava -. Naturalmente vedremo se tale proposta è concreta, ma saremo sempre pronti a riconoscere interlocutori che si pongono l’obiettivo di aiutarci a risolvere i problemi dei nostri imprenditori. La suinicoltura, così come l’avicoltura, non meritano di essere esclusi dal novero dei settori sostenuti dalla Politica agricola comunitaria e credo che su questo fronte l’appoggio del Mipaaf alla battaglia della Lombardia non possa che essere positivo”.
Più cauta la posizione dell’assessore lombardo sulla questione relativa alla moratoria. “Le proposte del ministero delle Politiche agricole di moratoria sui debiti e di contributo del conto interessi passivi sono di per sé positive – ha proseguito Fava - a patto che non si ripeta quello che stanno sulla loro pelle i produttori di latte, che quando si rivolgono alle banche si sentono sbattere la porta in faccia”.
In Italia ci sono circa 25.000 allevamenti, nei quali si producono circa 8 milioni di suini (dei quali 4,5 milioni nella sola Lombardia), per un valore della fase agricola delle carni suine di circa 3 miliardi di euro e di 8 miliardi nel segmento dell’industria dei salumi, uno dei simboli del made in Italy, il cui valore all’esportazione supera 1 miliardo di euro.
Proprio sull’export si potrebbe fare molto di più, in particolare in Cina, dove il consumo di carne suina è in forte ascesa. Tuttavia, è necessario ridurre un anacronistico blocco di carattere sanitario, “un freno che la Lombardia e la Macroregione agricola del Nord subiscono per la presenza irrisolta della vescicolare e della peste suina africana”. La mossa da compiere, secondo l’assessore Fava è “arrivare alla regionalizzazione delle certificazione dell’export, per affrancare la parte vera e produttiva della suinicoltura made in Italy dalla zavorra del sud del Paese”.
La filiera suinicola sta comunque lavorando su progetti in grado di certificare e promuovere progetti a sostegno della carne 100% italiana. Sarebbero almeno due, uno dei quali pronto a partire con il supporto di Anas, Coldiretti, Ineq e Consorzio del prosciutto di San Daniele, mentre un diverso sistema di certificazione, sempre però mirato a identificare e tutelare la produzione del suino nato, allevato e macellato in Italia, potrebbe nascere sotto l’egida di Agrinsieme.
Tavolo suinicoltura, le reazioni della filiera