Accusata (ingiustamente) di nuocere alla salute, guardata con sospetto da chi ha scelto di mettere nel piatto solo vegetali, la carne ha deciso di passare al contrattacco. Stanchi di vedere sempre più stalle costrette alla chiusura per lasciare spazio alla carne importata, gli allevatori, sotto i vessilli di Coldiretti, si sono dati appuntamento il 5 maggio a Torino per una “operazione verità”. Dopo la manifestazione in difesa del made in Italy, una giornata della carne condivisa da migliaia di persone, non solo allevatori, ma anche operatori del commercio e dell'industria, della ristorazione, del turismo e della ricerca, che hanno affollato insieme ai consumatori il centro congressi del Lingotto a Torino.

Sempre più giù
Una realtà, questa della carne, che in cinque anni ha visto scomparire sotto i colpi di una crisi senza precedenti ben 300mila bovini e 500mila suini, riducendo ad appena 80mila gli allevamenti di bovini da carne, mentre si fermano a cinquemila quelli di suini. Il risultato è che dobbiamo importare il 40% della carne bovina e il 35% di quella suina. Tutti “numeri” che emergono dal dossier elaborato da Coldiretti, intitolato “#bracioleallariscossa”, diffuso in occasione della giornata torinese. Così, mentre i consumi di carne continuano a scendere, con quote anche del 9% per i tagli suini e del 6% per quelli bovini, mentre aumenta la quota di chi rinuncia alla carne (saliti all'8%), frutta e ortaggi occupano il primo posto nella spesa degli italiani, prima detenuto dalle carni. Eppure il consumo di carne in Italia non è certo elevato. Lo dimostra il confronto con altri Paesi, come gli Usa, che ne consumano il 60% in più rispetto a noi o gli spagnoli che mettono carne nel piatto per quasi il 30% più di noi, o francesi e tedeschi che ci superano per un più 12%.
 

La Giornata nazionale per la carne italiana è stata occasione per valorizzare i diversi tipi di tagli
(fonte foto: © Coldiretti)


Attenti alle conseguenze
Ora ci si interroga sulle conseguenze di questa tendenza. Ovvie le considerazioni di carattere salutistico e nutrizionali a vantaggio della carne per il loro apporto di proteine nobili (assenti o scarsamente presenti nel regno vegetale), vitamine (in particolare B12) e minerali come zinco e selenio. Oltre a ciò a Torino si è sottolineato il ruolo sociale ed economico svolto dagli allevamenti. Lo ha fatto l'Associazione italiana allevatori (Aia) che a Torino si è presentata a fianco di Coldiretti per raccontare i mille volti della carne 100% italiana, prodotta nel rispetto del benessere animale, tracciabile in ogni suo passaggio, come ha sottolineato Pietro Salcuni, presidente di Aia,.

I meriti degli allevatori
Se la carne può presentarsi con uno straordinario ventaglio di sapori e aromi, il merito è della grande biodiversità che gli allevatori hanno contribuito a salvaguardare. Dal 2000 ad oggi molte razze che hanno rischiato l'estinzione sono tornate nelle stalle e le nostre razze tipiche, come la Piemontese con un patrimonio di 240mila capi o la meno diffusa Maremmana, che conta comunque una presenza di 10mila capi, vantano oggi un ruolo significativo nella produzione di carne italiana. E molte sono le razze oggetto di attenzione per conservare un patrimonio genetico unico e irripetibile. Anche questa un'opera meritoria che va attribuita al lavoro degli allevatori, non sempre remunerati per quanto fanno in favore della collettività.

Le stalle difendono l'ambiente
Quando una stalla chiude - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di prodotti tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado”. “Per salvare un patrimonio culturale, ambientale ed economico del Paese - ha continuato Moncalvo - è importante verificare le etichette che obbligatoriamente devono indicare la provenienza della carne fresca per scegliere la filiera italiana della carne che crea occupazione, produce ricchezza e presidia il territorio delle nostre regioni, ma garantisce anche qualità e sicurezza alimentare grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa”.