Il futuro della zootecnia emiliana configurabile in base ai cambiamenti nella Politica agricola comune, è stato al centro di un convegno della Cia Emilia Romagna il mattino di venerdì 9 maggio al Museo Cervi di Gattatico (Re). L’iniziativa ha avuto inizio con il saluto di Rossella Cantoni, presidente dell’Istituto Cervi e l’intervento di Mauro Vicini, responsabile delle politiche di impresa della Cia Emilia Romagna. Hanno portato un saluto Leana Pignedoli, vice presidente della Commissione agricoltura del Senato e l’assessore provinciale all’Agricoltura Roberta Rivi. L’intervento di maggior peso nella mattinata coordinata da Antenore Cervi, presidente della Cia di Reggio Emilia e vice presidente regionale è stato del presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro.

Il momento per la zootecnia, attività agricola di punta nelle province emiliane, è ricco soprattutto di incertezze: sta per concludersi la storia trentennale del regime delle quote latte, la suinicoltura da diversi anni fatica a produrre reddito quando non è puramente in perdita, per restare alle situazioni emiliane. La riforma Pac di cui si sta in questo periodo discutendo l’applicazione per l'Italia vedrà poi diversi nuovi settori usufruire degli aiuti diretti agli agricoltori, il che vuol dire che ben 3 milioni di ettari di terreni andranno a “premio” aggiungendosi ai 7 milioni che storicamente li ricevevano.

Inevitabilmente ci sarà una redistribuzione degli aiuti europei, e i “titoli” zootecnici, in genere molto elevati come valore, risulteranno ridimensionati. Come ha ben illustrato De Castro, però molti degli altri Paesi che già hanno definito i propri piani, prevedono sostegni accoppiati (legati ai volumi produttivi) proprio nel settore zootecnico: si dovrebbe quindi fare altrettanto nel nostro Paese, pena un’automatica perdita di competitività. La trattativa in corso tra ministero, Regioni e organizzazioni sembra orientarsi in questo senso: di 388 milioni di aiuti accoppiati previsti nell’ultima ipotesi in discussione, 200 (pari al 52%) andrebbero al settore zootecnico, pur in forme nuove perché sarebbero superati diversi dei premi speciali previsti in precedenza.
Ma questo potrà solo limitare il ridimensionamento inevitabile dei premi agli allevatori, che risposte decisive le potranno avere agendo in modo più incisivo sui mercati interni e internazionali, cosa per la quale saranno attivati con la nuova Pac i contratti di rete tra imprese per svolgere attività insieme.

Per l’uscita prevista tra meno di un anno dal regime delle quote latte, invece sarà necessario pensare a qualche “paracadute” che possa aiutare eventualmente gli allevatori ad affrontare la volatilità che attualmente contrassegna i mercati lattieri internazionali, con quotazioni spesso in altalena. Da questo punto di vista, ha suggerito De Castro, sarebbe bene mettere a punto delle proposte, da inserire poi l’autunno prossimo in quello che si presenta come il secondo “Pacchetto latte” dell’Unione europea, strumento che potrebbe attivare possibilità importanti, com’è stata la possibilità prevista dal primo Pacchetto latte per i Consorzi Dop di attuare una programmazione della produzione.
Anche in diversi altri settori, con il nuovo Parlamento si potrebbero avviare novità importanti, perché l’agenda agricola del prossimo autunno è nutrita di scadenze, e l’autunno arriverà nel pieno del semestre italiano di presidenza di turno dell’Unione, altra opportunità importante per le nostre produzioni caratteristiche.