Sono gli allevatori del futuro quelli che abbiamo incrociato fra gli stand della 111ª edizione della Fieragricola di Verona. Molti quelli che si sono dati qui appuntamento dal 6 al 9 febbraio per toccare con mano le novità proposte per gli allevamenti. E pazienza se mancavano alcuni nomi dell'industria zootecnica. Forse avevano poco di nuovo da proporre e hanno fatto bene a disertare il quartiere fieristico veronese. Perché gli allevatori sono affamati di novità, alla ricerca come sono di tutto ciò che può portare nelle stalle vantaggi in termini di qualità e di compressione dei costi di produzione. Così abbiamo visto gruppi di allevatori accalcarsi attorno ai robot di mungitura o informarsi sulle nuove tecnologie che promettono maggior benessere per gli animali. Altrettanto interesse si è visto per il progresso in campo genetico, che si poteva apprezzare nei concorsi fra le razze bovine da latte, con protagoniste la Frisona e la Bruna. E poi l'esposizione di animali delle diverse specie di interesse zootecnico, dagli asini alle specie avicole, dai conigli ai suini. Merito di Aia, l'associazione italiana allevatori, che ha fatto ritornare in grande stile la zootecnia e gli animali fra i protagonisti della kermesse veronese.
La rivoluzione nelle stalle
Allevatori del futuro, si diceva, quelli incontrati a Verona. Perché nei prossimi anni le nostre stalle cambieranno radicalmente i loro connotati. Saranno sempre meno, ma sempre più efficienti per confrontarsi ad armi pari sul mercato del latte mondiale. È quanto emerge dalla complessità dei numeri e delle considerazioni esposte nel Rapporto 2013 de “Il mercato del latte” a firma di Renato Pieri per i tipi di FrancoAngeli editore e presentato in occasione di Fieragricola. Promosso dall'associazione allevatori di concerto con il ministero dell'Agricoltura e con l'Osservatorio sul mercato dei prodotti zootecnici, il “Rapporto” fornisce in dettaglio i numeri necessari a raccordare le esigenze del mondo produttivo con le scelte di politica agricola. Numeri, ha ricordato il direttore generale di Aia, Paolo Scrocchi, che evidenziano come solo vent'anni fa le stalle italiane da latte fossero circa 200.000 mentre oggi ne contiamo meno di 40.000. Una tendenza alla contrazione che gli analisti confermano anche per i prossimi anni, tanto che ci si aspetta un'ulteriore diminuzione di circa il 30%. Insomma dobbiamo aspettarci una zootecnia che potrà contare solo su poco più di 20.000 allevamenti, ma che dovrà produrre quanto oggi o anche di più, sia in quantità sia in qualità. Come sarà possibile? La risposta sta in allevamenti di maggiori dimensioni medie e in una maggiore efficienza produttiva. E' questa un'evoluzione già in corso. Lo dimostra la constatazione che nel 17% delle stalle italiane si concentra il 70 percento della produzione nazionale di latte. Questo concentrarsi della produzione è indipendente dalla presenza delle quote latte, che peraltro cesseranno di esistere nel 2015. E le proiezioni indicano che la produzione di latte in Europa crescerà, ma in misura moderata. Comunque in linea con l'aumento dei consumi che si sta registrando a livello mondiale.
Carne bovina in affanno
Mentre per il mercato mondiale del latte si assiste ad un aumento dei consumi che lascia aperte buone prospettive di sviluppo per il settore, nel comparto delle carni bovine si assiste invece ad una situazione assai diversa. Lo ha evidenziato Daniele Rama, autore del “Rapporto 2013” del mercato della carne bovina. Le carni di suino e quelle di pollame stanno infatti erodendo spazi al consumo di carni bovine. Non fa eccezione l'Italia con importanti ripercussioni sulle dimensioni dell'allevamento bovino. Lo conferma il censimento Istat sulle aziende con allevamento bovino che si sono ridotte di quasi il 30% nel volgere di 10 anni. E se quelle rimaste in attività hanno pur aumentato le loro dimensioni, il numero di capi si è comunque ridotto di circa 500mila unità. Colpa della bassa redditività delle stalle da carne, ha ricordato il presidente dell'Aia, Pietro Salcuni, compresse come sono fra costi dell'alimentazione e acquisto dei soggetti da ingrasso, per lo più di provenienza francese. Non a caso vanno riducendosi le importazioni di bovini vivi da ingrasso, mentre aumentano quelle di carne. Per superare queste difficoltà Aia ha in progetto il rilancio della linea vacca vitello. Una produzione completamente made in Italy che potrebbe trovare sostegno nella riforma della Pac, che invece penalizzerà i nostri allevamenti intensivi di bovini da carne con la riduzione degli aiuti diretti. Se non saremo in grado di individuare nuove strategie, ci troveremo ad aumentare la nostra dipendenza dall'estero per le carni bovine. E' quanto lasciano trapelare i numeri del “Rapporto 2013” sul mercato della carne bovina. Chi deve fare scelte di politica agraria ora ne è informato. E non c'è tempo da perdere.
10 febbraio 2014 Zootecnia