Scatta il primo gennaio del 2012 il Dlgs 267/2003 che va ad attuare delle direttive comunitarie mirate al benessere delle galline ovaiole. In sostanza entro questa data tutti gli allevamenti italiani dovranno adeguarsi ai nuovi parametri europei che impongono sistemi diversi dalla tipologia più diffusa a livello nazionale.

La normativa  andrà ad impattare pesantemente sulle aziende produttrici di uova con galline in batteria: per il Veneto circa 7 milioni di capi.

L’Unione europea non ammette deroghe anzi impone sanzioni a chi non rispetterà termini e riconversioni. Le spese per i produttori veneti saranno pari a 40 milioni di euro con un ulteriore perdita di reddito per la conseguente riduzione dei capi pari a circa 20 milioni euro, il tutto in un settore che in Veneto vale 200 milioni euro all’anno.

A livello regionale le associazioni agricole hanno valutato positivamente il percorso proposto con il ministero dell’Agricoltura che delinea in 36 mesi la messa in regola delle imprese che vogliono continuare a produrre adeguando le strutture con entità di investimento annuali compatibili con il buon senso economico.

"Purtroppo – spiega Coldiretti - manca un coordinamento tra i due ministeri in quanto anche quello della Sanità è coinvolto e non ha di fatto "ancora manifestato le proprie intenzioni in merito, se non quelle di far chiudere progressivamente le attività".

Coldiretti non chiede slittamenti o deroghe, ma solo di applicare ragionevolmente ciò che è già stato concordato con le autorità alla luce anche della possibilità di non trovare più sul mercato le gabbie arricchite da installare. 

“La Regione Veneto intervenga presso i ministeri competenti – conclude Coldiretti - affinchè facciano quadrato sulla predisposizione di linee condivise che non impongano la chiusura tout court degli allevamenti, ma che tengano ragionevolmente conto dei  tempi necessari alla conversione e della possibilità di consumare nel mercato interno le uova prodotte in questo periodo”.