La cimice asiatica (Halyomorpha halys) è oggi una delle principali avversità con cui gli agricoltori italiani devono fare i conti. Si tratta di un insetto originario dell'Asia che nel 2012 è approdato nel Nord Italia e da lì si è espanso interessando tutto il Centro Nord dello Stivale, ma si prevede che arriverà presto anche nelle regioni meridionali.

H. halys è un insetto estremamente mobile (può percorrere decine di chilometri al giorno), polifago, in quanto si nutre di un gran numero di piante, e prolifero. Inoltre gli adulti hanno dimostrato un buon grado di resistenza nei confronti dei principali insetticidi oggi disponibili sul mercato.

L'assenza di predatori naturali, presenti invece nei Paesi di origine, nonché il clima favorevole, hanno permesso a questo insetto di diffondersi velocemente a scapito delle colture agrarie, compreso l'olivo. Avevamo già descritto l'attitudine di H. halys a cibarsi delle drupe di olivo e oggi una nuova ricerca svolta in Abruzzo, in provincia di Pescara, conferma la dannosità dell'insetto per l'olivicoltura italiana.
"Anche nel Centro Italia la cimice asiatica si sta diffondendo. In Abruzzo sono almeno tre anni che abbiamo registrato la sua presenza con pressioni fortemente influenzate dall'andamento climatico", spiega Domenico D'Ascenzo, responsabile del Servizio Fitosanitario della Regione Abruzzo e tra gli autori dello studio sulla cimice asiatica.

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I danni della cimice asiatica all'olivicoltura

Halyomorpha halys compie due cicli biologici l'anno e sverna come adulto in anfratti naturali, oppure all'interno di abitazioni ed edifici di vario genere. Quando le temperature si alzano (aprile-maggio) gli adulti escono dai rifugi per raggiungere la vegetazione e lì si accoppiano. Ogni femmina depone da cinquanta a 150 uova da cui prendono vita altrettanti individui che si cibano, come gli adulti, della linfa delle piante che succhiano attraverso il loro apparato boccale.

In ognuno dei suoi cinque stadi di sviluppo giovanile H. halys è in grado di nutrirsi a scapito delle drupe di olivo che perfora in profondità con il rostro. Gli attacchi si concentrano nel periodo autunnale, quando per l'insetto le fonti di nutrimento in ambiente diminuiscono e le olive rappresentano un'attraente fonte di cibo.

Ma quali sono i danni che la cimice asiatica è in grado di apportare all'olivicoltura? "I danni sono di tipo quantitativo, in quanto la cimice provoca la cascola precoce delle drupe. Ma ad impensierire maggiormente è lo scadimento del prodotto finito sia sotto il profilo nutrizionale che aromatico in quanto le punture causano alterazioni metaboliche e aprono la strada a patogeni esterni", spiega D'Ascenzo.

I danni che la cimice asiatica causa alla produzione di olio sono così riassumibili:
  • Minore presenza di olive sugli alberi in quanto le punture di suzione che avvengono prima dell'indurimento del nocciolo provocano la cascola precoce. Prove condotte in Nord Italia su varietà quali Leccino, Frantoio e Casaliva hanno fatto registrare una perdita di frutti fino al 90-100%.
  • Le drupe colpite successivamente alla lignificazione del nocciolo contengono meno olio. Gli studi effettuati hanno tuttavia evidenziato perdite molto basse o assenti, piuttosto irrilevanti al fine della produttività.
  • Riparandosi all'interno della chioma dell'olivo la cimice può essere raccolta insieme alle olive, soprattutto se l'abbacchiatura avviene al mattino, quando le temperature basse della notte intorpidiscono l'insetto che non riesce a volare via. In questo caso il proverbiale "puzzo di cimice" contribuisce ad uno scadimento del prodotto finito.
  • Le punture di suzione alterano la fisiologia dei frutti e possono aprire la strada a microrganismi patogeni sia di tipo fungino che batterico. Questo altera la composizione dell'olio e il suo aroma. "Le punture di cimice asiatica portano ad un abbassamento della quantità di sostanze antiossidanti, con i fenoli che arrivano a decrescere del 30-40%. Inoltre nelle prove di assaggio descrittori importanti, come i sentori di mandorla, carciofo, amaro e piccante, sono meno marcati. Senza parlare poi dei veri e propri difetti riscontrati, come quello di muffa", sottolinea D'Ascenzo.


La difesa dell'olivo da Halyomorpha halys

Ad oggi non esiste una strategia di difesa che permetta agli olivicoltori di mettere al sicuro le proprie produzioni. Le speranze maggiori sono affidate ai lanci di Trissolcus japonicus, la cosiddetta vespa samurai, un parassita della cimice che è stato lanciato in molte regioni d'Italia per tenere sotto controllo la popolazione di cimice.
Molti frutticoltori hanno trovato giovamento dall'impiego di reti antinsetto, che tuttavia hanno un costo importante. Mentre l'impiego di insetticidi non sempre ha dato i risultati sperati a causa della resistenza dell'insetto ad alcune molecole e dell'elevata mobilità, che consente infestazioni anche importanti degli impianti successivamente ai trattamenti.

"Vorremmo anche valutare in quale modo i trattamenti effettuati dagli olivicoltori contro la mosca dell'olivo influiscono sulle popolazioni di cimice asiatica", sottolinea D'Ascenzo. E in effetti sostanze attive registrate contro la mosca, come ad esempio l'acetamiprid e il fosmet, dovrebbero avere effetto anche sulla cimice.