La malattia fungina, che già nel 2018 e 2019 aveva messo alla prova i pericoltori, è tornata a colpire in maniera ancora più evidente quest'anno. Durante l'evento organizzato dal Cso Italy, sabato scorso, 'Un anno da Futurpera, problematiche e prospettive', sono stati forniti alcuni dati che fotografano la situazione: la produzione italiana 2020 segna 610.527 tonnellate, con un -16% rispetto al triennio 2015-2018. Diversi i fattori che hanno influito sul risultato, uno di questi è proprio la maculatura bruna.
Paolo Bruni, presidente del Cso Italy, in apertura dell'evento (che si è tenuto in forma digitale), ha detto: "Nel 2020 abbiamo perso un terzo della produzione per la maculatura bruna". In effetti, secondo i dati raccolti dal Cso, in Emilia Romagna, regione che produce più della metà delle pere italiane, la varietà regina Abate Fétel, notoriamente particolarmente suscettibile alla maculatura bruna insieme a Conference, ha fatto 183mila tonnellate contro le 248mila medie degli anni 2015-2018.
Maculatura bruna, che cos'è
Il fungo responsabile della maculatura bruna è Stemphylium vesicarium, la sua patogenicità è legata alla produzione di tossine. Il momento più delicato è quello della germinazione dei conidi, proprio in quella fase infatti le spore rilasciano le tossine che provocano il danno necrotico. I sintomi si possono vedere fin dalla fase della fioritura e fino alla raccolta su foglie, piccioli, rametti e sui frutti. Le pere manifestano lesioni, macchie brune di pochi millimetri che poi diventano mano a mano più grandi, quasi sempre sono di forma circolare.
Un'annata predisponente alla maculatura
Durante un altro evento che si è tenuto, sempre online, la settimana scorsa si è cercato di dare una spiegazione alla diffusione della malattia nel 2020. Riccardo Bugiani, del Servizio fitosanitario dell'Emilia Romagna, ha parlato durante il convegno Isagro: "La sanificazione del cotico erboso per la riduzione dell'inoculo di maculatura bruna del pero. Impiego di Radix Soil"."Conosciamo i fattori predisponenti - ha detto proprio Riccardo Bugiani durante l'evento - per i risultati di precedenti ricerche. Quest'anno abbiamo avuto le prime manifestazioni già dal 4 di maggio, dal 28 di maggio in poi le condizioni climatiche sono state sfidanti per gli agricoltori che erano già al terzo anno di presenza della malattia. A partire da giugno, negli areali di coltivazione, le piogge sono state abbondanti e ciò si è ripetuto a luglio e ad agosto. Le ore di bagnatura fogliare influiscono sull'epidemia. A Ferrara, per esempio, ad agosto si sono superate le quattordici-sedici ore di bagnatura a giugno. Il fungo ha trovato le condizioni ideali per germinare e causare l'infezione. Ho misurato il tasso di germinazione e da maggio in avanti il tasso è stato prossimo a uno, cioè il 100%, praticamente la germinazione delle spore era possibile in qualsiasi momento. Ci sono stati poi eventi climatici significativi come le quattro gelate di marzo/aprile e un periodo di fioritura prolungata per tre settimane".
Alcune particolari situazioni dovrebbero mettere in allerta l'agricoltore: la storia dell'impianto, quindi se il pereto ha avuto danni in passato il rischio infettivo è maggiore; la localizzazione, per esempio vicino a canali; gli impianti ad alta densità o con irrigazione sovrachioma sono facilmente attaccati; le reti antigrandine e anti-insetto creano le condizioni climatiche di bagnatura adatte alla germinazione. C'è poi da considerare il fattore inerbimento: "Secondo studi precedenti - ha detto ancora Bugiani - l'inerbimento gioca un ruolo fondamentale. È lì che il patogeno sverna, sulle foglie morte. La gestione dell'inerbimento è importante per ridurre il potenziale d'inculo e negli ultimi anni abbiamo studiato proprio le tecniche di sanificazione del cotico erboso".
I risultati degli studi effettuati confrontando diverse tecniche nel 2020
Dopo le prove effettuate nel 2019, anche nel 2020 è stata fatta attività di sperimentazione per quanto riguarda le diverse tecniche di sanificazione del cotico erboso, nell'ambito del Psr e non solo, lavorando su diverse aziende, a Bologna, Modena e Ferrara. A presentare i risultati, sempre durante l'evento organizzato da Isagro, c'era Roberta Nannini del Consorzio fitosanitario di Modena.Si è lavorato con aziende che coltivano Abate Fétel, sono stati messi a confronto parcelloni, da 2.500 metri quadrati, sanificati con parcelloni senza sanificazione del cotico. Le tecniche provate riguardano: calciocianamide (un solo intervento, prima della ripresa vegetativa); solfato ferroso (due interventi); calce idrata (due interventi); pirodiserbo (due passaggi); Trichoderma gamsii e Trichoderma asperellum (tre interventi di Radix Soil). Sono stati verificati i numeri dei frutti colpiti prelevando mille pere in totale da ogni parcellone, in quattro momenti diversi della stagione.
A spiegare quanto emerso è stata proprio Roberta Nannini: la calciocianamide, eseguita in termini molto anticipati in stagione, ha dato risultati non costanti ma è una tecnica facile nell'applicazione, è però molto influenzata dall'andamento della stagione meteo, ha inoltre una riduzione dell'infezione medio-bassa; la calce idrata è una tecnica di facile applicazione, soprattutto se liquida, è flessibile, ha il pregio di avere un costo modesto e una riduzione media dell'infezione; il solfato ferroso, nella formulazione granulare, è un prodotto che deve essere attivato dall'andamento stagionale come per la calciocianamide, il solfato ferroso rallenta la sua attività se il contesto non è umido, è però di facile applicazione ed è flessibile, ha un'azione media sull'infezione; il Trichoderma, in formulazione commerciale Radix Soil, è una tecnica estremamente facile e ha una riduzione dell'infezione medio-buona, è ammesso in agricoltura biologica, è però vincolato nella sua applicazione dall'etichetta, nel 2020 purtroppo la distribuzione è avvenuta in un momento non propizio per l'andamento meteo come temperature e piogge; il pirodiserbo ha una riduzione dell'infezione potenzialmente elevata a fronte di un costo alto ma la sua applicazione non è semplice, non tutti gli impianti poi sono adatti all'esecuzione della tecnica, influiscono sul risultato fra l'altro la velocità d'avanzamento del mezzo e la temperatura d'esecuzione.
"Le tecniche di sanificazione del cotico - ha detto in conclusione di intervento Roberta Nannini - sono sicuramente fra i punti chiave della difesa contro maculatura bruna, in termini integrati. Alcune tecniche sono nuove, in generale queste tecniche non vanno intese però come soluzione, vanno intese come supporto alla difesa. Soprattutto per alcune di queste tecniche è importante che siano straordinarie, non vanno ripetuti gli interventi per tutta la vita del frutteto. Riducono comunque, chi più, chi meno, il danno. Va precisato però che non esiste una tecnica che vada bene per tutte le aziende. Le singole aziende dovranno scegliere le tecniche più adatte alla situazione singola. La corretta esecuzione poi è fondamentale per il risultato di riduzione del danno".