E’ però necessario seguire adeguate pratiche agronomiche. E’ quanto emerge dal convegno Batteriosi del kiwi che si è tenuto il 16 aprile 2014 a Faenza (Ra), promosso dal Crpv di Cesena e dalla Regione Emilia Romagna.
“Dal 2010 al 2013 sono stati utilizzati in Emilia-Romagna oltre 750 mila euro - spiega Gualtiero Mazzotti, direttore generale Agricoltura della Regione Emilia-Romagna - per finanziare progetti finalizzati alla lotta al Psa ed al suo studio. Di essi il 30% è arrivato da Enti pubblici e il 70% da aziende private.
Inoltre dal 2010 al 2013 la Regione Emilia-Romagna ha dato contributi pari a circa 2 milioni e 300 mila euro per l’abbattimento di piante di actinidia, tra frutteti e vivai. Per il 2014 sono stati messi a bilancio circa 600 mila euro. A partire dal 2015 però ci sarà lo stop ai contributi regionali perché oramai la situazione è matura e l’agricoltore deve essere in grado di farcela con le proprie gambe.
Abbiamo già chiesto al Ministero della salute e al Ministero dell’agricoltura la deroga per l’utilizzo del rame su actinidia in vegetazione anche per quest’anno e, salvo imprevisti, sarà possibile impiegarlo a breve”.
Si sono susseguiti al tavolo dei relatori tecnici e ricercatori per presentare le strategie messe a punto per il contenimento.
“Dal 2009 ad oggi sono stati individuati 552 casi di Psa in Emilia-Romagna - spiega Loredana Antoniacci, Servizio fitosanitario Regione Emilia Romagna - per una superficie totale colpita pari a circa 2.000 ettari (su 4.300 ettari di superficie coltivata). Per contenere la malattia è necessario eseguire adeguati interventi agronomici preventivi, non essendo ancora stati individuati, allo stato attuale, prodotti specifici efficaci. Tra queste suggeriamo l’eliminazione delle parti sintomatiche o delle intere piante malate che dovranno essere bruciate in loco. Rimane fondamentale una corretta conoscenza dei sintomi e una tempestiva identificazione per poter effettuare un attento monitoraggio e permettere una corretta azione di pulizia. Solo in questo modo è possibile limitarne la diffusione e le conseguenze. Bisogna inoltre proteggere le piante attraverso trattamenti con prodotti rameici, in particolare dopo gli interventi di potatura o di diradamento dei frutti, in previsione di forti piogge o dopo una grandinata, e in autunno dalla raccolta dei frutti alla completa caduta foglie”.
Scarica il nuovo depliant illustrativo della Regione Emilia-Romagna: Psa - batteriosi del kiwi
"L’impatto del Psa sul mercato del kiwi non è stato elevato - spiega Thomas Bosi del Cso di Ferrara -. E’ però vero che c’è stata una ricaduta pesante sulle singole aziende agricole che hanno visto un importante aumento dei costi di produzione (in ragione delle maggiori spese per manodopera e mezzi tecnici) ed una minore resa produttiva degli impianti. Infine da segnalare come la geografia produttiva del kiwi sia in forte trasformazione: le zone tradizionalmente coltivate ad actinidia sono in calo e vengono sostituite da nuove aree a digiuno di questa specie frutticola".
Una fase del convegno, dove hanno partecipato numerosi agricoltori e tecnici interessati ai recenti sviluppi sul Psa
"Negli ultimi anni abbiamo eseguito diverse prove in vitro allo scopo di verificare il comportamento di alcuni macroelementi, microelementi e ormoni sul Psa - spiega Francesco Spinelli, DipSA dell'Università di Bologna -. I risultati sono sicuramente interessanti e ci permettono di fare, in prospettiva, alcune considerazioni. Somministrando dosi elevate di azoto alla pianta abbiamo notato un’influenza positiva sullo sviluppo della malattia. Anche la carenza di zinco influisce direttamente sul Psa.
Mentre le citochinine hanno generalmente un potere riduttivo le auxine incrementano il Psa. Infine piante soggette a stress idrici hanno mostrato sintomi più gravi ed evidenti della malattia. E' inoltre da segnalare che i tagli di potatura rimangono infettabili per 32 giorni, rendendo necessario un intervento di difesa per prevenire la penetrazione del batterio. Siamo certi che per limitare la presenza del Psa sugli impianti di kiwi sia necessaria una gestione agronomica del frutteto che tenga conto di diversi fattori che concorrono a ridurre l'incidenza e la diffusione del patogeno".
"Sono state eseguite diverse prove, in condizioni controllate, su diversi tipi di prodotti - spiega Marcella Collina, del DipSA dell'Università di Bologna -. Tra i prodotti a base di microelementi abbiamo riscontrato risultati interessanti con il Blossom protect (a base di Aureobasidium pullulanus). Tra i disinfettanti il migliore è risultato il Verdeviva (Acqua idrolizzata), soprattutto se usato in post-inoculo. Buoni i risultati dei prodotti a base di microrganismi, anche se è necessario eseguire ulteriori test per poter validare al meglio il lavoro svolto".
"Siamo in una fase di work in progress - spiega Massimo Scannavini, Astra Innovazione e sviluppo -, ma possiamo dire che i composti del rame e il Bion (Acibenzolar-S-Methyl) continuano ad avere un ruolo importante per combattere il Psa. Risultati interessanti anche per l’Endophit e il Kodens Cu (Rame + matrice polimerica polisaccaridica)”.
“Gli studi epidemiologici sull’agente del cancro batterico dell’actinidia hanno dimostrato che il polline può veicolare la malattia - spiega Emiliano Stefani, Università di Modena e Reggio-Emilia -, soprattutto se distribuito attraverso soluzione acquosa (rispetto alla tecnica a secco) o in presenza di elevata umidità. I dati sono stati raccolti all’interno di prove eseguite in un campo sperimentale nella zona di Reggio-Emilia. Infine abbiamo constatato che il batterio può vivere su alcune piante infestanti (ortica, portulaca e tarassaco) all’interno e all’esterno dell’actinidieto. Questo potrebbe essere un elemento da tenere in considerazione nella corretta gestione dell’impianto e nella profilassi”.
"I frutti maturi raccolti non sono in grado di veicolare la malattia, sintomatici o asintomatici che siano - spiega Paola Minardi, DipSA dell'Università di Bologna -. Inoltre è importante ricordare che il batterio del Psa è endofita e sopravvive molto a lungo all’interno delle piante e dell’impianto. Per questo motivo possiamo avere piante perfettamente asintomatiche che dopo alcuni anni manifestano i sintomi della malattia. Questa caratteristica si ritrova anche nel materiale micropropagato. E’ quindi necessario creare un metodo diagnostico sicuro e veloce che permetta di individuare il batterio durante questa fase in modo tale che si abbia la certezza di partire, nella moltiplicazione vivaistica, da materiale sano".