Fino ad oggi si pensava che alcuni insetti fossero in grado di corteggiarsi solo se localizzati sulla stessa pianta.
I ricercatori dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige hanno scoperto invece che, grazie ad un apparato sensoriale molto sofisticato, alcune specie, come la cicalina della vite, riescono a diffondere e percepire messaggi sessuali anche quando si trovano su piante diverse, fino a una distanza di sei centimetri. E questo grazie al fatto che probabilmente le vibrazioni vengono propagate non solo dai tessuti vegetali, ma anche dall'aria.
La ricerca, realizzata dal Centro ricerca e innovazione di San Michele in collaborazione con l'Università di Pisa e l'Istituto nazionale di biologia di Lubiana in Slovenia, è stata recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Plos One e recensita in questi giorni sulla pagina principale di Science News, famoso e diffuso magazine americano online che si occupa della divulgazione di lavori scientifici al grande pubblico.
Oggetto dello studio è la cicalina della vite, Scaphoideus titanus, un insetto estremamente pericoloso poiché trasmette una malattia della vite incurabile. Oltre alla descrizione di un nuovo meccanismo biologico, tali conoscenze saranno prese attentamente in considerazione nella messa a punto delle pionieristiche tecnologie di confusione sessuale vibrazionale per il controllo dell'insetto nella quale il gruppo di ricerca della Fondazione Edmund Mach è attualmente impegnato.
"La cicalina della vite – spiegano i ricercatori Gianfranco Anfora e Valerio Mazzoni – può essere considerata come un modello biologico e riteniamo che questo meccanismo possa essere comune a tutte le specie che basano il loro linguaggio sulle vibrazioni. Stiamo decodificando i segnali vibrazionali della cicalina così come in passato sono stati studiati in altre specie di insetti gli analoghi messaggi mediati da odori, i feromoni sessuali, allo scopo di avere le conoscenze scientifiche di base per sviluppare strategie di controllo ecocompatibili".
Gli autori dell'articolo pubblicato su PlosOne sono Anna Eriksson, Gianfranco Anfora, Andrea Lucchi, Meta Virant-Doberlet e Valerio Mazzoni.
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Fonte: Istituto agrario S. Michele all'Adige - Fondazione Edmund Mach