Se ne è parlato più di una volta durante questa edizione del Macfrut, anche durante il Summit dei produttori europei di frutta: il problema delle barriere fitosanitarie imposte da alcuni importanti paesi quali la Cina e gli Stati Uniti è molto sentito, soprattutto quando il rischio che dietro a questi impedimenti si nascondano vere e proprie barriere doganali.
Il convegno promosso da Uiapoa ha avuto proprio l’obiettivo di mettere a confronto istituzioni e operatori del settore, cercando di offrire una corretta informazione su aspetti che toccano la salute dei cibi, la tutela di chi opera quotidianamente a stretto contatto con prodotti chimici e la salvaguardia dell’ambiente.
La nuova normativa di regolamentazione dell’uso dei fitofarmaci promuove un uso alternativo dei prodotti chimici sostenendo la lotta integrata, grazie anche a percorsi di certificazione sul singolo prodotto che i produttori possono ottenere e che derivano dal costante tentativo di uniformare norme disomogenee (prevalentemente regionali), rispetto ad un quadro nazionale ed europeo.
I principali criteri sono cinque: cut-off, esclude sostanze altamente cancerogene, definisce le procedure autorizzative diversificate a seconda della zona di attività, valutazione comparativa, mutuo riconoscimento zonale, procedure semplificate per il rilascio delle autorizzazioni tramite il commercio parallelo.
Anche in materia di lotta integrata, a fronte di un quadro normativo non ben definito e regolato solo da disciplinari regionali, si è tentato in un intervento di armonizzazione nazionale con la definizione di linee guida (approvate nel 2010 per l’anno 2011) e la creazione nel 2008 del Sqnpi, ovvero un Sistema di qualità della lotta integrata a cui è possibile aderire volontariamente e per il quale verrà messo a disposizione un marchio.
Tale sistema di qualità è sostenuto finanziariamente grazie al regolamento europeo CE 1698/05.
A fronte di questi sviluppi che offrono un’alternativa alle possibilità di commercializzazione dei nostri prodotti al di fuori della Ue, vi sono comunque barriere forti dovute ad un approccio restrittivo: tutto ciò che non è espressamente consentito, è vietato. Quindi vi è la necessità di negoziare specifici protocolli per paese/prodotto, affidati ai singoli stati membri, senza che però venga garantito il criterio della reciprocità relativamente ai prodotti importati da questi stessi paesi.
“Per questo l’attività del Cso e del Mipaaf servono a supportare e coordinare le attività necessarie ad aprire nuovi mercati”, spiega Simona Rubbi del Cso.
Tra i paesi con cui si sono aperti tavoli negoziali ci sono Cina, Stati Uniti, Australia, Giappone, Messico, India, Russia, Corea del Sud relativamente a diverse colture: Kiwi, agrumi, pere, mele, uva da tavola.
Tuttavia, a distanza di molti anni, i tavoli sono ancora aperti e non si è giunti ad un accordo.
Questa situazione costringe gli operatori e le Op a mettere in campo delle scelte produttive in cui i residui da fitofarmaci siano molto limitati.
“I nostri clienti - afferma Gianni Picci di Op Santa Margherita Terra e Sole - chiedono al massimo quattro tracce di residui da fitofarmaci chimici di sintesi, ecco perché usiamo piantine e sementi con resistenze o tolleranze, piante micro innestate, insetti utili e trappole di cattura massale, inserimento di molecole di nuova generazione a minor impatto ambientale, reti anti-insetto. Per quanto riguarda invece le campagne a fitofarmaci sintetici abbiamo stabilito un piano di campionamenti gestito da una società esterna. Il nostro problema è la difficoltà nella gestione delle informazioni riguardanti le revoche ed aggiornamenti, inoltre la revisione dei principi attivi raramente è legata ad effettive esigenze produttive, bensì ad esigenze commerciali e burocratiche dei fabbricanti. Infine - conclude Picci - la limitazione del numero massimo di residui può vanificare i metodi di produzione integrata che prevedono l’alternanza dei principi attivi, per evitare la resistenza dei parassiti a determinate sostanze”.
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Fonte: Macfrut