Dopo quasi tre anni di gestazione, entra finalmente nel vivo la nuova regolamentazione europea sui residui degli agrofarmaci nelle derrate alimentari, che non permetterà più ai singoli stati membri di fissare autonomamente MRL (limiti massimi di residuo) nazionali, ponendo fine a interminabili diatribe tra stati che molto avevano di commerciale e poco di sicurezza alimentare.
Chi non ricorda le campagne pubblicitarie che evidenziavano come vantaggio competitivo di un prodotto rispetto a un altro l'essere autorizzato nel paese di destinazione delle derrate sulle quali doveva venire applicato? Ormai tutto ciò appartiene ormai al passato.
Il regolamento 149/2008/CE, pubblicato sulla Gazzetta dell'Unione Europea del 1° Marzo scorso, definendo gli allegati II (MRL già precedentemente armonizzati a livello europeo), III (MRL temporanei precedentemente fissati solamente a livello nazionale) e IV (elenco delle sostanze cui non si applicano i MRL) del regolamento residui 396/2005/CE, ne ha completato la struttura e di fatto sancito la sua piena applicazione. Dal 1° settembre prossimo, sei mesi dopo la pubblicazione del regolamento citato, i limiti massimi di residuo di tutti gli agrofarmaci nelle derrate alimentari di origine vegetale e animale saranno i medesimi in tutti gli stati dell'Europa a 27 con i loro 493 milioni di consumatori.
L'abbattimento di questa importante barriera agli scambi commerciali ha tuttavia come contropartita l'aumentata complessità delle procedure di autorizzazione, che almeno all'inizio aumenterà i tempi, già ora abbastanza lunghi, con cui i prodotti innovativi potranno essere immessi sul mercato.
Un'altra conseguenza con cui dovremo fare i conti è la riduzione degli impieghi che a parità di caratteristiche tutti i principi attivi che residuano sulle derrate andranno incontro. Escludendo infatti i prodotti che non generano residui (ad esempio gli erbicidi di pre-emergenza, i concianti non sistemici, i prodotti per il trattamento al bruno, etc.) il dover fare i conti da subito con 26 diete1, quali sono quelle attualmente prese in considerazione nella valutazione del rischio per i consumatori europei, anziché due o tre come avveniva a livello nazionale, costringerà i notificanti a puntare solamente sugli impieghi più importanti. Così facendo aumenterà la standardizzazione a scapito delle specificità nazionali e regionali. La perdita degli impieghi si avrà in quanto sovente nei 27 paesi dell'Europa le condizioni pedoclimatiche di una medesima coltura e le relative pratiche agronomiche e fitoiatriche portano ad avere quantità di residui anche molto differenti da un paese all'altro.
Ovviamente il limite massimo di residui comunitario è unico e non potrà essere che il valore più alto tra quelli precedentemente in vigore negli stati membri. Poiché la quantità di residui che possono essere assimilati attraverso la dieta è un valore finito, ogni aumento degli MRL in una derrata dovrà corrispondere una diminuzione nei residui in un'altra, per mantenere costante la loro somma che non può essere superata pena problemi per il consumatore. Ora, se in un paese le condizioni climatiche consentono di difendere una coltura con un numero limitato di trattamenti che danno origine a residui più bassi rispetto ad un altro paese meno fortunato, dove per ottenere lo stesso livello di difesa necessitano di residui più alti, l'adeguamento verso l'alto degli MRL sottrae “spazio” al primo paese “virtuoso” (o fortunato) il quale, dovendo comunque rispettare un MRL “worst case”, sarà probabilmente costretto a cancellare delle colture che nelle precedenti condizioni potrebbero essere state mantenute.
Non è chiaro? Andiamo sul pratico!
Immaginiamo che il prodotto "A" si usi su vite, pomodoro, zucchino, cocomero, cereali e barbabietola da zucchero in Francia, Italia e Grecia, per rimanere nell'Europa del sud. Volgarizziamo2 la valutazione del rischio per il consumatore ipotizzando che la sommatoria dei residui del prodotto "A" su queste colture non possa superare il valore di 12, 6 colture x 2 (l'unità di misura non ha importanza). Se in Francia le pratiche agronomiche sulla Vite obbligano ad adottare un residuo di 4, mentre ad esempio in Italia e in Grecia sarebbe bastato 2, l'Italia e gli altri stati si vedranno costretti a recuperare questi 2 sottraendoli alle altre colture, per rientrare nel massimo fissato e immodificabile di 12. Quindi per importare dalla Francia derrate con residui più alti di quelli che mai si sarebbero ottenuti in loco, spesso si è costretti a cancellare delle colture penalizzando l'agricoltura locale.
Ovviamente i metodi di valutazione del rischio sono molto più raffinati della volgarizzazione e drammatizzazione qui esposta, e spesso mitigano questo effetto, ma che ora anche i livelli massimi di residuo adottabili sulle derrate alimentari sia oggetto di negoziazione tra i singoli stati membri è un fatto cui le nostre autorità, che non sempre escono vittoriose dalle riunioni a Bruxelles, dovranno dare la massima priorità, pena ancora una volta problemi per le nostre colture.
Nel prossimo articolo analizzeremo in dettaglio il provvedimento (398 pagine) e le sue conseguenze per le varie colture e per le varie sostanze attive.
1La valutazione del rischio per il consumatore esposto ai residui degli agrofarmaci attraverso la dieta alimentare viene ora condotto analizzando 26 diete, alcune delle quali anche molto differenti di quelle normalmente adottate nei singoli stati.
2Ipotizzando che il peso delle colture nella dieta sia lo stesso, anche se spesso questo non è vero.
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Fonte: Lexgest