Si parla impropriamente di riso ''in asciutta'' indicando un riso sottoposto a turni di irrigazione, tecnica che negli anni '80 e '90 ha avuto una certa diffusione anche in aree non dedicate al riso per tradizione. Il successo, spiegano gli ambientalisti, e' stato limitato a causa di una certa dipendenza dal clima, da una necessita' di acqua irrigua comunque molto rilevante e nettamente superiore a quella di altri cereali e soprattutto della notevole difficolta' di controllo delle erbe infestanti, fatto in genere solo tramite l'uso di diserbanti chimici, per motivi di costi.
Attualmente il riso con ridotti apporti idrici e' coltivato soprattutto nei pressi dei centri abitati dove la sommersione piu' o meno continua e' vincolata dalle normative. Forme di risparmio idrico, riferiscono gli ambientalisti, sono state ottenute livellando meglio le camere di risaia per mantenere un'altezza dell'acqua piu' contenuta, o impiegando cicli produttivi piu' brevi e prolungando ragionevolmente le asciutte. Altre tecniche sono in via di sperimentazione, quale quella del 'Riso secondo natura'' che conta su una lavorazione ridotta e di fatto sulla valorizzazione delle paglie come elemento fertilizzante. Sono attivita' di alcuni risicoltori piemontesi che il Wwf intende sostenere, anche se ancora sperimentali, poiche' utilizzano tecniche colturali a basso uso di acqua, di fertilizzanti e diserbanti e quindi si muovono in direzione della ricerca di un equilibrio tra sostenibilita' ambientale ed economica. Cio' non toglie, spiega il Wwf, che la recente riduzione di disponibilita' di acqua in Piemonte dovrebbe scoraggiare l'ulteriore aumento (verso le zone nord delle province di Biella, Vercelli e Novara) della superficie a risaia, perche' avverrebbe o a scapito di altre colture anche interessanti dal punto di vista della biodiversita' (prati, pascoli) o a scapito di ambienti naturali, come per la bonifica delle baragge, un ambiente boscoso con esemplari piu' o meno radi di querce, betulle, carpini pini silvestri, con sottobosco di brugo che un tempo si estendeva sui terrazzi marginali della pianura piemontese da Biella fino al Ticino.