I dati possono nascondere una grande ricchezza, anche in agricoltura. Ma i dati, di per sé, non hanno alcun valore se non vengono raffinati e analizzati. È questa la lezione che ci viene da altri settori, come quello industriale, dove la rivoluzione 4.0 è molto avanti rispetto al settore primario.

Ma per estrarre valore dai dati occorre che i sistemi che li generano e li 'digeriscono' siano interoperabili. Di questo si è discusso durante un webinar organizzato da Image Line durante Eima Digital Preview 2020 dal titolo: "Agricoltura digitale e interoperabilità: esperienze pratiche".

Ad aprire i lavori è stato Salvatore Iacono, VP engineering di Topcon, che ha sottolineato come nell'ecosistema azienda agricola oggi ci siano molte fonti di dati. E grazie alla diffusione dei device IoT ce ne saranno sempre di più. Dati dai trattori, dalle attrezzature, dalle sonde nel terreno, dai collari sui bovini, dal magazzino, dal gestionale dell'azienda e tanto altro ancora.
 
Flusso raccolta dati - Topcon

I dati, ricorda Iacono, hanno senso se una volta raccolti (preferibilmente in cloud) vengono depurati da errori, imprecisioni e riportati a metriche univoche, per poi essere assemblati e analizzati. Dall'analisi dei dati possono scaturire le informazioni, quella conoscenza sulla base della quale l'agricoltore può prendere decisioni con un maggior grado di consapevolezza.
 
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Dati e valore: serve interoperabilità

Il flusso si inceppa se i dati sono scritti in linguaggi incomprensibili da un sistema all'altro. E cioè se, ad esempio, il dato che proviene dall'attrezzatura non viene 'compreso' dal trattore o dalla piattaforma di digital farming in uso in azienda.

Non solo. Perché come ha raccontato Ivano Valmori, fondatore di Image Line e direttore di AgroNotizie, senza un dizionario comune non si va lontano. Perché nel mondo dell'informatica ogni oggetto o azione deve avere un solo ed univoco significato per tutti affinché il sistema operi correttamente.

Facciamo un esempio. Se il terminale sulla trattrice di un operatore consente di selezionare "mais" o "granturco" o "corn" o la sigla/nome commerciale della semente e non vi sono convenzioni sul formato o sulla modalità di registrazione di questo dato, tali informazioni non saranno riconosciute da altri sistemi e di conseguenza saranno difficilmente trasferibili.

Quella che sembra una questione di lana caprina è invece un ostacolo enorme all'interoperabilità dei sistemi, che oggi faticano a capirsi tra di loro. Impressionante è da questo punto di vista il mondo dei mezzi tecnici, visto che ce ne sono venticinque tipologie con migliaia di prodotti sul mercato.
 
Dizionario condiviso Image Line

L'Italia da questo punto di vista è la regina della complessità, visto che nel nostro paese vengono coltivate ben 297 specie differenti su una superficie piccolissima, di soli 12 milioni di ettari (pari al 6% della superficie mondiale destinata al grano). A questa complessità si deve sommare quella regolatoria, con norme europee, regionali, provinciali, provenienti da Consorzi e Gdo.

Image Line ha a che fare ogni giorno con la complessità e aiuta le oltre 12.500 aziende agricole che usano QdC® - Quaderno di Campagna® a gestirla. E proprio per questo ha lavorato in questi mesi, come sottolineato da Valmori, per armonizzare questo "lessico digitale" al fine di offrire soluzioni ad un settore come quello agroalimentare che in Italia si presenta ricco di complessità e specificità.


Dal digitale forza al made in Italy

Rendere il settore dell'agricoltura digitale interoperabile è essenziale non solo per abilitare l'avvio di un circolo virtuoso che può portare ad un aumento delle produzioni e ad una maggiore sostenibilità delle stesse. Ma anche perché i dati, se correttamente gestiti, possono essere l'ariete con cui il made in Italy può farsi strada sui mercati internazionali.

Di questo ha parlato ad esempio Massimo Morbiato, ceo e fondatore di Ez Lab, una azienda che si occupa di tracciabilità tramite blockchain. Una tecnologia che rendendo i dati condivisi e immutabili ha il potere di cementare la fiducia lungo la filiera e nei confronti del consumatore. Uno strumento per ottimizzare i processi produttivi, ma anche per comunicare al consumatore finale l'immensa qualità del made In Italy.
 
L'applicazione della blockchain

Ma come fare a scrivere un dizionario comune? Per Cristiano Spadoni, business innovation manager di Image Line, la parola d'ordine è co-innovazione. Mettere insieme soggetti diversi, con competenze multidisciplinari, al fine di collaborare per innovare. Un approccio che ha spinto Image Line a stringere partnership con altre società, come Agricolus, Circolo agrario friulano, MeteoCenter, Ruralset e tanti altri ancora.

Fra le collaborazioni più recenti, il progetto SOS Qualitec, di cui è capofila la Cantina dei Colli Romagnoli, socia di riferimento della Cooperativa Terre Cevico, presentato nel video che segue.
 
 
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