"Se parliamo di digitalizzazione e di intelligenza artificiale, il primo elemento chiave è la raccolta dei dati". Lo dice chiaramente il professor Gianluca Brunori, economista agrario, ordinario di Politica Alimentare all'Università di Pisa e responsabile dell'innovazione digitale in agricoltura per l'Accademia dei Georgofili.

 

Certo, "la digitalizzazione è un'opzione che le imprese agricole possono adottare e rientra fra le strategie del futuro anche per cercare di risolvere alcuni problemi" afferma il professor Brunori. "Uno di questi è la sfida ai cambiamenti climatici: la mancanza di acqua, i cambiamenti delle stagioni, l'aumento delle temperature, ma anche la necessità di differenziare le produzioni in campo per garantire la competitività delle aziende. Più un'azienda riesce a diversificare il rischio, meglio risponde alle incognite dell'andamento climatico o della volatilità dei mercati". L'azienda agricola del futuro dovrebbe essere sempre meno monocolturale.

 

Professor Brunori, la prima regola per la digitalizzazione in agricoltura è partire dai dati esatti. Ma che opportunità ha un'azienda agricola che si affaccia per la prima volta al mondo dell'innovazione digitale?

"Le opportunità sono moltissime, perché la raccolta dei dati consente di fotografare situazioni specifiche all'interno delle aziende e di intervenire. Il primo elemento da considerare è la sensoristica, uno strumento necessario per rilevare i dati, che possono essere di qualsiasi tipo: la presenza di umidità nell'aria e nel terreno, la presenza di patogeni, l'origine del prodotto. Le possibilità di rilevare i dati sono infinite.

 

Un secondo elemento da considerare se parliamo di digitalizzazione è la robotica, che può rappresentare una risposta utile per contrastare la carenza di forza lavoro e di manodopera specializzata ed è destinata ad avere un forte impulso anche nelle aziende medio-piccole. L'intervento di un robot può essere finalizzato per compiere azioni ripetitive e di precisione, così come può svolgere compiti in situazioni di pericolo per l'operatore umano.

Il terzo aspetto della digitalizzazione è più complesso e riguarda il tema dell'intelligenza artificiale".

 

Quando parliamo di intelligenza artificiale a cosa ci riferiamo?

"Oggi ne parliamo innanzitutto in relazione alla prospettiva generativa, vale a dire alla creazione di testi comparabili, se non per alcuni aspetti migliori, di quelli elaborati dall'uomo, soprattutto grazie alla velocità di lettura e apprendimento di una incredibile mole di testi.

 

In agricoltura con l'intelligenza artificiale si sta lavorando nell'ambito delle immagini rilevate dai satelliti o dal drone, in modo da avere supporti utili per agire. Grazie all'intelligenza artificiale possiamo avere soluzioni in grado di classificare e analizzare i dati, di operare diagnosi, previsioni e azioni indipendenti. Proprio per questo motivo è fondamentale partire da dati esatti".

 

Quali opportunità possono aprirsi per le imprese di meccanizzazione agricola?

"Se la raccolta di dati esatti costituisce il passaggio fondamentale per elaborare strategie, altrettanto cruciale, in futuro, sarà la gestione dei dati e la titolarità ad utilizzarli: questo significa che per le imprese di meccanizzazione agricola si inaugurano nuove frontiere in termini di prestazioni e servizi. Già oggi ci sono delle case costruttrici di trattrici e mezzi agricoli che vendono servizi, grazie all'IoT che comprendono software, servizi satellitari, cloud: perché non pensare al contoterzista professionale come centrale di raccolta dati? Le imprese agromeccaniche possono investire in formazione, soluzioni e servizi personalizzati, ma si può pensare di arrivare ad avere una sorta di Uber dei trattori, attraverso la digitalizzazione e l'intelligenza artificiale".

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È possibile in qualche modo alleggerire il carico burocratico, secondo lei?

"Già oggi il quaderno di campagna, in molte realtà, consente un dialogo fra impresa e Pubblica Amministrazione, che permette di alleggerire alcune operazioni burocratiche. Un'azienda connessa, in futuro, potrebbe arrivare a interfacciarsi direttamente con gli organismi pagatori attraverso dati certi. E anche in questo caso per le piccole e medie realtà aziendali il tramite potrebbero essere le imprese agromeccaniche, in qualità di intermediari di dati e gestionali.

 

L'intelligenza artificiale può migliorare la qualità del lavoro, favorire l'integrazione verticale e orizzontale delle filiere, accompagnare il processo di monitoraggio di marchi di qualità".

 

Un dilemma: a chi appartengono i dati ottenuti attraverso l'agricoltura digitale?

"Alla fine dello scorso anno l'Unione Europea ha approvato il Regolamento 2854, noto come Data Act, che riguarda appunto la normativa di accesso equo ai dati e il loro utilizzo. La normativa non parla di proprietà dei dati, ma di titolarità. Chi origina i dati, quindi l'agricoltore, ha la possibilità di decidere a chi conferire i dati. L'agricoltore potrà, dunque, decidere come gestire i propri dati, a chi affidarli. Ritengo che un'impresa agromeccanica dovrà ottenere una delega per raccogliere sul campo i dati. Un contratto potrà regolare compiutamente anche questi aspetti, per evitare futuri contenziosi.

 

Resta il tema dell'interoperabilità, la comunicabilità fra sistemi operativi a raccogliere, trasferire ed elaborare i dati e la questione dovrà essere affrontata sul piano tecnico, legale, semantico-lessicale".

 

Il futuro dell'innovazione digitale invita alla cooperazione?

"Decisamente. La sfida è collaborare, creare alleanze e non situazioni di conflitto. Il vantaggio sarà delle imprese agricole, ma anche, in un contesto più ampio, delle aree rurali, che potranno offrire una nuova dimensione di connessione, di servizi e di benessere. Solo attraverso la cooperazione si può accompagnare la crescita, un requisito molto spesso accompagnato dalla redditività e dalla competitività delle imprese sui mercati.

 

Non dimentichiamo che se analizziamo le proteste degli agricoltori in molti Paesi europei nelle ultime settimane, o in India, il denominatore comune è quello della scarsa redditività. L'innovazione digitale può rappresentare un aiuto per molti aspetti, dall'ambiente all'economia, dalla sicurezza al miglioramento della vita nelle aree rurali".

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