I droni rimangono il simbolo dell’innovazione in agricoltura e, sebbene il loro utilizzo non sia ancora diffuso, ci sono moltissime aziende che sviluppano aeromobili a pilotaggio remoto (UAV) per portare a termine diverse attività in campagna: dalla raccolta all’irrorazione, fino al monitoraggio delle colture.
Ad Agritechnica 2023 sono state molte le aziende e le startup che negli stand hanno messo in mostra i propri velivoli. Ne abbiamo selezionate dieci, la maggior parte delle quali si è concentrata sul concetto di irrorazione dall’alto delle colture. Ma non mancano esempi di raccolta automatica dei frutti, semina e mappatura. Con alcune idee davvero interessanti.
Droni e agrofarmaci, il matrimonio che piace all’agricoltore ma non al legislatore
In agricoltura, si sà, la tempestività è molto importante. Poter entrare in campo a trattare al momento giusto può fare la differenza tra avere un raccolto sano e abbondante e perdere tutto.
Su questo fronte i droni potrebbero giocare un ruolo importante, in quanto sono delle attrezzature che possono sorvolare il campo in qualunque momento, anche appena dopo una pioggia abbondante, e trattare una coltura anche se il terreno non consentirebbe il transito di un trattore.
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Inoltre, possono raggiungere luoghi difficilmente accessibili come le colture a terrazzamenti o in pendenza (i vigneti eroici ad esempio), dove oggi si tratta a mano. Senza contare che il movimento delle eliche del drone, spingendo l’aria verso il basso, facilita la bagnatura fogliare e riduce la deriva.
Nonostante questi pregi, la legislazione italiana vieta l’applicazione degli agrofarmaci con mezzi aerei. Si tratta di una norma datata, che aveva come obiettivo lasciare a terra elicotteri ed aeroplani, ma che ha avuto l’effetto collaterale di azzoppare anche i droni.
In attesa di un cambio di normativa (che in Francia e Germania già c’è stato), i costruttori stanno puntando molto sullo sviluppo di nuovi apparecchi per l’irrorazione delle colture.
Il marchio più noto è sicuramente DJI. Il costruttore cinese lancerà in Europa il prossimo anno il T25 e il T50, due droni in grado di trasportare in volo, rispettivamente, 25 e 50 litri di miscela fitoiatrica. Mentre è già disponibile il T30 e il T10 (capacità da 30 e 10 litri). I droni sono equipaggiati con tutti i sensori necessari per la guida autonoma, compreso un radar, utile per il sorvolo a quota fissa (indispensabile in caso di campi in pendenza).
Lo stand di DJI ad Agritechnica 2023
(fonte foto: Tommaso Cinquemani)
In mostra presso lo stand DJI anche il drone da trasporto FlyCart 30. Pensato per il delivery via aerea, in futuro potrà essere usato anche in agricoltura ad esempio, per portare materiale ad un cantiere di lavoro lontano dal corpo aziendale senza far muovere gli operatori. Il sistema si compone di un quadricottero dotato di un gancio con verricello e di un contenitore in plastica adatto ad essere agganciato e fissato sotto il drone.
XAG è l’altro grande produttore di droni Made in China. Con sede vicino ad Hong Kong, XAG produce sia droni per l’irrorazione delle colture che velivoli per il monitoraggio dei campi, oltre a rover autonomi.
L’ammiraglia della flotta di XAG è il XAG P100, un drone con guida autonoma e capacità di carico di 50 litri. La cosa interessante è che, cambiando la componentistica, il drone può anche distribuire prodotti granulari, con una capacità di carico di 50 Kg.
Lo stand di XAG ad Agritechnica 2023
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani)
Oltre ai droni, la proposta di XAG è all’avanguardia perché si compone di diversi strumenti a supporto dell’operatività di una flotta. Ad esempio propone delle power bank per ricaricare le batterie in loco, come anche un generatore a benzina pensato per lo stesso scopo. È poi presente una base RTK portatile, da installare per accrescere la precisione di volo dei droni e una ‘refill station’ automatica, pensata per evitare il contatto tra l’operatore e la miscela fitoiatrica. Un tank che carica la quantità corretta di miscela sulla base del piano di volo, in modo da evitare sprechi.
Altro produttore cinese presente ad Agritechnica 2023 è TopXGun, che propone un ampio catalogo di droni che vanno dall’FP600, in grado di trasportare un serbatoio da 50 litri, fino all’FP100 che di litri ne trasporta solo 6. I droni possono essere equipaggiati con diverse tipologie di ugelli a seconda delle necessità dell’agricoltore.
Il drone dell'ungherese ABZ
(fonte foto: Tommaso Cinquemani)
Ungherese è la startup ABZ Innovation, che propone due tipologie di droni: il modello L10, con capacità di carico di 10 litri, e il modello L30, che di litri invece ne porta fino a 30. I velivoli a guida autonoma sono equipaggiati con antenna RTK e sensore Lidar per una maggiore precisione di volo
Realtà tedesca davvero interessante è Fluktor, una startup che oltre ad aver realizzato un proprio modello di drone per l’irrorazione delle colture, ha anche portato ad Agritechnica un velivolo pensato per la distribuzione di cover crop.
La cosa interessante è che il modulo adibito al volo rimane lo stesso e l’agricoltore deve solo cambiare la tanica e il sistema di distribuzione. In questo modo si ottimizzano spazi e costi. Inoltre, l’idea di Fluktor è di proporre una piattaforma open, in cui tutte le specifiche sono note ed è quindi aperta a soggetti terzi che vogliono sfruttare il drone per sviluppare nuovi servizi o attrezzature.
Fluktor, il drone per la semia di cover crop
(fonte foto: Tommaso Cinquemani)
Di Stoccarda (Germania) è Sam Dimension, startup nata anche grazie al supporto di Amazone e Horsch, che fa da anello di collegamento tra il mondo dei droni e quello dell’irrorazione. L'azienda ha infatti sviluppato un UAV con una camera ad alta risoluzione che riprende i campi (fino a 40 ha all’ora) per la mappatura delle infestanti.
Dopo essere state scattate dal drone, le immagini vengono elaborate da algoritmi proprietari in grado di identificare le malerbe con una risoluzione centimetrica. Il sistema produce poi mappe di prescrizione che, se caricate su una irroratrice con controllo degli ugelli, permettono di effettuare i trattamenti solo nelle aree dove sono presenti le infestanti.
Mappare i campi per abilitare un’agricoltura 4.0
Oltre al grande settore di applicazione dell’irrorazione, i droni sono lo strumento ideale anche per il monitoraggio e la mappatura delle colture. Potendo volare on-demand e trasportare in volo un’ampia varietà di sensori, i droni possono essere usati per identificare precocemente malattie, stress idrici o la presenza di infestanti e insetti dannosi.
Beagle è una startup di Amburgo che propone un servizio di mappatura as-a-service. L'azienda sta installando degli hangar per drone in giro per la Germania, presso soggetti terzi, da dove i droni ad ala fissa possono prendere il volo per andare a mappare campi distanti anche decine di chilometri.
Il drone ad ala fissa di Beagle
(fonte foto: Tommaso Cinquemani)
Il sistema di funzionamento è rivoluzionario. L’agricoltore si collega al portale di Beagle, individua i campi che vuole mappare e paga la missione. Il drone prende il volo, fotografa i campi selezionati, torna al suo hangar e scarica le immagini che poi possono essere visualizzate dall’agricoltore. In questo modo si solleva l’azienda agricola dall’onere di acquistare l’attrezzatura ed essere in regola con autorizzazioni, assicurazioni, etc.
Su un concetto simile sta lavorando anche Tective Robotics, startup olandese, che ha realizzato dei piccoli aeroporti per droni, chiamati SkyHive, all’interno di ognuno dei quali possono essere immagazzinati fino a 5 velivoli. Anche in questo caso l'agricoltore non deve acquistare il drone, ma paga per il servizio.
L'aeroporto multipiano di Tective
(fonte foto: Tommaso Cinquemani)
Dopo aver selezionato il campo da mappare e il tipo di sensore richiesto (RBG, termico o multispettrale), il drone decolla autonomamente ed effettua la scansione. Poi torna allo SkyHive dove le immagini vengono caricate in cloud. Se l’azienda agricola non è coperta da nessuno SkyHive, l'agricoltore può chiedere di ospitare un aeroporto e viene quindi remunerato per questo.
Ad Hannover era presente anche Avular robotics, una startup che propone il proprio drone Vertex One, e il proprio rover, Origin One, come piattaforme open per lo sviluppo di nuovi servizi, ad esempio nel campo della ricerca. Un progetto realizzato riguarda la costruzione di un drone per il volo all’interno delle foreste per monitorare lo stato di salute degli alberi.
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Per chiudere questa carrellata non si può non citare Tevel, startup israeliana su cui ha investito anche Kubota, che ha sviluppato una piattaforma per la raccolta automatica dei frutti, come ad esempio le mele. I droni, collegati ad un cavo, prendono il volo e afferrano, tramite una speciale ventosa, le mele sull’albero, che vengono successivamente staccate e depositate su di un nastro trasportatore che le raccoglie in dei bin in plastica.
Lo sciame di droni raccoglitori di Tevel ad Agritechnica
(fonte foto: Tommaso Cinquemani)
Droni in agricoltura? Perché no
Sebbene i droni siano una tecnologia affascinante e promettente, la loro diffusione in Europa è ancora scarsa a causa dei costi di acquisto e gestione, dei limiti normativi e dalla necessità, da parte dell'agricoltore, di cambiare approccio al campo.
La loro diffusione è tuttavia prevista in crescita, anche perché il settore primario in Europa sta attraversando una vera e propria rivoluzione, indirizzata verso una maggiore sostenibilità, obiettivo che i droni possono aiutare a raggiungere più velocemente. E anche le restrizioni normative, prima o poi, verranno cancellate.
Se invece guardiamo ad altre aree del Globo, come il Giappone o la Cina, vediamo che i droni sono già ampiamente utilizzati per l’irrorazione delle colture. Mentre in Usa o in Brasile il loro utilizzo per la sorveglianza dei campi è ormai una realtà in molte aziende agricole.