Dobbiamo cominciare a pensare come europei, anche in agricoltura. A tal proposito ci viene buona qualche riflessione che abbiamo fatto, preliminarmente a un convegno bilaterale franco italiano sulle patate, con l'infaticabile organizzatrice Luigina Trento e Jean Pascal Fayolle, attaché agricolo all'ambasciata francese di Roma. 


La sovranità alimentare come la devo intendere? A livello nazionale o comunitario? A nostro parere sarebbe molto meglio puntare ad un'autosufficienza a livello comunitario - a condizione però di eliminare gli interessi particolari. Si dovrà poi pensare a sinergie fra le differenti realtà agricole di differenti paesi.

 

Un esempio: nel caso delle patate la Francia è un forte produttore e tradizionalmente un forte esportatore verso l'Italia. Se l'Italia ha oggi delle difficoltà produttive dovute ai parassiti come al cambiamento climatico si può allora appoggiare alla Francia - si potrebbe però di converso sviluppare una più proficua esportazione di patate precoci dall'Italia, oggi più difficili da produrre nell'esagono sempre a causa dello stesso cambiamento climatico. Le sinergie produttive e commerciali fra nazioni all'interno della Ue sono quindi da ritenersi strategiche: bisogna mantenere le produzioni in Europa, cercare le migliori specializzazioni territoriali, trovare le giuste soluzioni commerciali. In passato è stato fatto esattamente il contrario.

 

Altro esempio: l'ortofrutticoltura in passato è stata un elemento di scambio nella politica estera Ue a discapito soprattutto di Italia e Spagna. Le enormi quote di importazione di pomodoro a dazio zero concesse a paesi come il Marocco hanno enormemente danneggiato i nostri produttori. Senza peraltro alleviare la povertà dei lavoratori marocchini delle aree rurali.

 

E ancora, la politica di importazione/riesportazione incontrollata e sciamannata effettuata dall'Olanda (non solo per l'ortofrutta ma anche per il florovivaismo) ha finito per danneggiare oltre che gli europei anche gli stessi produttori olandesi.


È ora di immaginare un'Europa agricola, un'Europa dove le associazioni e le aree agricole si parlano di più e dove tutti sono più ascoltati. In tempo di elezioni (europee) è un giusto esercizio di immaginazione.