Ucraina e Medio Oriente entrano nelle tavole degli italiani. Gli impatti delle due guerre si fanno infatti sentire sulla crescita dei prezzi di cibo e bevande. L'agroalimentare italiano - al centro del Forum Internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione promosso dalla Coldiretti con lo Studio The European House-Ambrosetti a Villa Miani a Roma gli scorsi 23 e 24 novembre - quindi prova a difendersi.

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In particolare - viene spiegato - oltre uno su tre affronta la spesa adottando vecchie e nuove abitudini, come per esempio facendo tornare di moda la schiscetta porta pranzo "fai da te", che taglia trasversalmente tutti i livelli dagli impiegati ai dirigenti, come la riduzione degli sprechi, o come preferire i prodotti made in Italy (per l'87,3%). Ma i consumi in periodi così difficili inevitabilmente si riducono e quindi occorre lavorare sulla promozione e sulla qualità dei prodotti.

 

La filiera agroalimentare - ricorda il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - rappresenta la prima ricchezza del Paese e vale 600 miliardi di euro nel 2022. "Sicuramente è un momento critico ma per fortuna l'agricoltura e l'agroalimentare sono un caposaldo dell'economia italiana, che cresce - riflette Prandini - stiamo parlando di 4 milioni di occupati nell'intera filiera e un valore di 600 miliardi per tutta la filiera, quindi più 15 miliardi rispetto all'anno scorso, più 8% il valore delle esportazioni. Siamo convinti che da qui al 2030 potremo raggiungere un risultato eccezionale per quanto riguarda il  valore delle esportazioni, superiore ai 100 miliardi".

 

"La guerra e la pandemia possono portare anche ad una contrazione dei consumi - osserva il ministro dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida - per questo occorre elevare la promozione dei nostri prodotti per garantire qualità ai nostri concittadini e possibilmente anche agli altri abitanti del Pianeta. È oggettivamente molto positivo che in Europa si sia raggiunta una consapevolezza. Abbiamo vissuto troppo tempo di certezze, eravamo certi che la libertà non si perdesse, ma abbiamo scoperto che con la pandemia non è così. Abbiamo scoperto con la guerra che se smetti di produrre energia e di approvvigionarti o di garantire alcuni mezzi per produrre fertilizzanti, un giorno qualcuno te li fa pagare di più mettendo in discussione l'intero sistema e la sovranità alimentare".

 

Il pezzo successivo del pensiero del Governo è contenuto in un messaggio della ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone: è necessario "attrarre i giovani in agricoltura e soprattutto puntare su una qualità basata sui cicli naturali delle colture, ma anche sulla possibilità di qualificare la manodopera. Credo che una delle sfide del futuro sia proteggere il valore del nostro comparto agroalimentare".

 

Secondo l'indagine della Coldiretti e del Censis ("La guerra in tavola") gli ultimi conflitti e la pandemia hanno causato incertezza ma hanno anche avuto l'effetto positivo di spingere gli italiani ad adottare comportamenti più virtuosi. Rispetto allo scorso anno, quando le famiglie erano state colte di sorpresa dall'inflazione, hanno adottato contromisure per preservare sia la qualità che la quantità del cibo. In campo tante strategie come sconti e promozioni, rinascita della cucina degli avanzi, e il pranzo "fai da te" da portare in ufficio. Non solo questo, però. Perché tornano in voga anche i piatti tradizionali della cucina povera sul 73% delle tavole, tipo la ribollita toscana, i canederli trentini, la frittata di pasta al Sud. Inoltre il 70% degli italiani punta, per la propria dieta, a prodotti utilizzabili in ricette semplici. Cresce così anche il fenomeno dei farmer market dove hanno fatto la spesa 20 milioni di italiani, con il 53,6% dei cittadini che li frequenta anche per ridurre l'impatto ambientale e avere a disposizione prodotti più freschi.

 

All'Africa guarda un progetto promosso dalla Coldiretti che prevede oltre 40mila ettari coltivati con la creazione di posti di lavoro, la fornitura di beni e servizi, lo sviluppo delle agroenergie da fonte rinnovabile e la trasmissione di conoscenza e tecnologia per la produzione locale e lo sviluppo di nuove reti di vendita con i farmer market. In particolare la coltivazione riguarda 10mila ettari in Algeria, 15mila in Egitto, 8mila in Angola e 7mila in Ghana, con frumento, soia, mais, riso, banane, ortaggi e frutta.

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