Timidamente, un passo dopo l'altro, a Bruxelles si va avanti sulla strada del riconoscimento dei crediti di carbonio per il settore agricoltura e silvicoltura. Se ne è parlato durante l'ultima edizione di Macfrut a Rimini, nel corso un evento che è servito anche a presentare i risultati della prima sperimentazione pratica di un mercato volontario, titolo dell'evento: "Geco2: un modello sperimentale di mercato regionale di crediti di carbonio applicato all'agricoltura".
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Dopo la comunicazione della Commissione Ue sui cicli di carbonio sostenibili, datata 15 dicembre 2021, che rappresenta un primo passo verso un quadro di certificazione, nell'aprile scorso i ministri dell'Agricoltura dell'Ue hanno approvato le loro conclusioni sul sequestro del carbonio nei suoli agricoli. Entro fine 2022 dovrebbe infatti arrivare una proposta legislativa che mira a rendere remunerative, per l'azienda agricola, le pratiche che aumentano assorbimento e stoccaggio del carbonio.
A raccontare i risultati di quella riunione del Consiglio dei Ministri dell'Agricoltura è stato Giuseppe Blasi, capo Dipartimento delle Politiche Europee e Internazionali al Mipaaf. "La presidenza francese - ha detto Blasi - ha fortemente voluto e fatto approvare un documento di indirizzo in cui si invita la Commissione Europea, nella fase di elaborazione della proposta legislativa con la quale istituire un quadro di certificazione comune a livello europeo, a tener conto di una serie di elementi fondamentali che riguardando il settore agricolo e forestale. In primo luogo, secondo il Consiglio, occorre definire un quadro di certificazione basato su metodi scientifici e su strumenti verificabili riguardanti sia il monitoraggio, la rendicontazione, la verifica dei volumi di carbonio emessi e stoccati. Per essere credibile questo sistema deve essere basato su criteri di alta qualità e massima trasparenza, per evitare impatti negativi sull'ambiente, una raccomandazione di cui la Commissione dovrà tenere conto nella fase di elaborazione di proposta normativa. La nuova metodologia dovrebbe valorizzare e mettere a sistema eventuali sistemi di certificazione nazionali esistenti, noi nel settore agricolo ne abbiamo solo di privati, non di pubblici. Le attività degli ultimi mesi servono proprio a creare una condizione di mercato per poi certificare i crediti. Il quadro di certificazione - ha continuato Blasi - dovrebbe essere semplice, trasparente e non causare oneri aggiuntivi a chi partecipa, per assicurare un'ampia adesione. La gamma delle pratiche dovrebbe essere la più ampia possibile e collegata agli obiettivi di produzione".
Se chi studia la normativa sta cercando una strada per portare i crediti di carbonio fra gli introiti delle aziende agricole, ricercatori e tecnici sono al lavoro per cercare soluzioni pratiche.
È il caso del progetto Geco2, finanziato con il Programma Interreg 2014-2020, che ha avuto come capofila Arpae e che ha coinvolto tre regioni in Croazia e 15 province italiane. "Abbiamo immaginato e realizzato - ha detto Antonio Cinti, consulente dell'Osservatorio Clima di Arpae - un mercato su scala regionale, che si può interconnettere con la partecipazioni diffusa di piccole medie imprese. Lo scopo era verificare le condizioni di applicabilità, abbiamo creato quindi un sistema di gestione semplice e informatizzato con strumenti che funzionano autonomamente. Un sistema quindi rapido di calcolo perché ricorrere a enti terzi per il calcolo è costoso. Eravamo infatti consapevoli del perché non si siano diffusi negli ultimi anni i mercati volontari dei crediti di carbonio. Le motivazioni vanno dal deficit di informazione all'incertezza e mancanza di fiducia a un sistema burocratico complesso".
Il progetto Geco2, finanziato con il Programma Interreg 2014-2020, ha avuto come capofila Arpae
Gli strumenti informatici sviluppati durante il progetto Geco2 sono stati un calcolatore e una piattaforma per scambiare e gestire i crediti di carbonio. "Il calcolatore - ha detto Antonio Volta che per Arpae ha sviluppato gli strumenti informatici - è lo strumento che serve per quantificare con l'obiettivo di diminuire le emissioni da un lato e di aumentare gli assorbimenti dall'altro. È stato sviluppato utilizzando algoritmi. Si inseriscono gli input, compilando un questionario online e quindi inserendo i dati aziendali e il calcolatore elabora e restituisce una risposta. Il tutto viene salvato su un database. Abbiamo considerato diverse pratiche gestionali dell'azienda agricola, il calcolatore prende in considerazione ad esempio le lavorazioni del suolo, l'uso o meno di fertilizzanti e prodotti fitosanitari, vengono analizzati i consumi energetici, la gestione dei residui colturali e così via. Il portale sviluppato organizza e gestisce il mercato di crediti volontari".
"I crediti - ha continuato a spiegare Antonio Volta di Arpae - vengono caricati sul portale e le aziende che sono emettitrici possono inserire opzioni di acquisto per compensare le loro emissioni di CO2. Si crea quindi un registro delle aziende agricole con i crediti e un registro dei possibili acquirenti. Una volta che il credito viene acquistato, questo non compare più fra le possibilità di acquisto".
Gli strumenti informatici sviluppati durante il progetto Geco2 sono stati un calcolatore e una piattaforma per scambiare e gestire i crediti di carbonio
Al progetto Geco2 hanno partecipato 158 aziende agricole italiane e croate su 1.877 ettari dedicati a frutticoltura, olivicoltura e viticoltura. Dal 2019 a oggi le attività svolte hanno portato allo stoccaggio di 6.500 tonnellate di CO2.
Il tentativo pratico del progetto Geco2 non è l'unico sul territorio nazionale: sul tema dei crediti di carbonio e della possibilità di rendere le aziende agricole più sostenibili, contemporaneamente contribuendo a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, c'è molto fermento. A questo proposito anche Ismea, in collaborazione con la Rete Rurale Nazionale, sta lavorando. In autunno dovrebbe vedere la luce una piattaforma di calcolo specificamente indirizzata al settore zootecnico.
Si tratta sempre di una iniziativa a livello locale di mercato volontario, nell'ambito di Distretti Zootecnici formalmente costituiti con un soggetto gestore. "La dimensione del Distretto - ha raccontato Isabella Foderà di Ismea - può variare, può essere anche interregionale, dipende dalla volontà territoriale e da quante aziende vogliono partecipare. Ci vuole poi un riferimento istituzionale, per esempio un Gal, un'associazione, un comune, qualcuno che faccia da anello di congiunzione fra Ismea e il territorio. Questo soggetto avrà al responsabilità delle attività all'interno del Distretto Zootecnico". Lo scopo della costituzione del Distretto è quello di ridurre e compensare le emissioni di gas serra da parte delle aziende zootecniche che insistono sul territorio. Parteciperanno quindi al mercato locale e volontario imprenditori del settore zootecnico, altri imprenditori agricoli, cittadini, istituzioni locali e imprenditori di altri settori.
Come per Geco2, anche in questo caso il gruppo di lavoro sta implementando un tool di calcolo che funziona in base a un questionario, in modo da misurare le emissioni dell'azienda agricola che vuole partecipare. Secondo la cosiddetta logica Merc, Misurare, Evitare, Ridurre, Compensare, dopo la misurazione si mettono in pratica misure di mitigazione delle emissioni per poi andare a compensare quello che non si può ulteriormente ridurre. "Si punta - ha detto ancora Isabella Foderà - all'impatto zero. Il settore zootecnico ha già dimostrato di aver ridotto le emissioni di gas serra, noi intendiamo sfruttare ancora di più questa potenzialità e arrivare a un marchio di distretto".
Attenzione però, ha tenuto a precisare Isabella Foderà, "il soggetto gestore del Distretto presiede alle fase di valutazione e validazione delle attività del Distretto. Le attività sono sottoposte a un Piano di Controllo e Validazione. La validazione dei crediti comporterà l'iscrizione nel Registro dei Crediti di Carbonio che ha il fine di garantire tracciabilità e unicità del credito generato. Tutto nasce e si esaurisce però all'interno del Distretto, i crediti non possono essere venduti al di fuori del territorio. Il vantaggio per chi partecipa è da un lato l'incremento del reddito dell'azienda agricola e dall'altro l'aumento di competitività grazie alla creazione di un marchio di distretto a impatto zero".
I tempi tecnici: entro fine anno dovrebbe essere rilasciata la "piattaforma dei distretti" per poi andare alla costituzione di Distretti pilota. "Stiamo già interloquendo con alcuni territori - ha aggiunto Isabella Foderà - stiamo ora attendendo il rilascio della piattaforma informatica, senza la quale la sperimentazione non può partire".