Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. Poco, per esempio, abbiamo imparato dall'ultima grande crisi alimentare globale che avvenne nel 2007 -2008, con strascichi importanti fino al 2010-2011.
Forse in tanti ricordano le famose primavere arabe che furono inizialmente causate proprio da un'impennata dei prezzi delle materie prime alimentari e dalla sospensione delle esportazioni di queste da parte di alcuni grandi produttori. In primis, la Russia allora sospese le esportazioni di grano e nei Paesi del Nord Africa (dall'Egitto alla Tunisia…), totalmente dipendenti dall'estero, scoppiò il "caro pane" e poi la rivoluzione.
Fra i più renitenti allo studio della storia vi è senza ombra di dubbio l'Unione Europea. L'Unione, ricordiamolo bene, è la più grande potenza mondiale in termini economici, finanziari e industriali; è il mercato in assoluto più ricco e desiderato del globo. Potrebbe quindi condizionare il Mondo, ma non lo fa. Anzi, si fa spesso prendere per il naso da paesi più piccoli e poveri (si pensi proprio alla Russia o alla Turchia e alle loro politiche nel Mediterraneo).
La mancanza di coesione e di una politica comune è evidente anche dal punto di vista agricolo. A tutti gli effetti l'Ue è già un formidabile esportatore di alimenti, compresi gli oggi tanto citati cereali - e potrebbe ulteriormente rafforzare la propria produzione. In altri termini quella che alcuni chiamano la "sovranità alimentare" per l'Unione sarebbe già un concetto ampiamente a portata di mano. Bisognerebbe però pensare all'Unione non come un guazzabuglio di interessi nazionali particolari.
Facciamo un esempio, per capirci: la Francia e la Germania, per anni, hanno cercato di favorire le esportazioni ortofrutticole dei Paesi del Nord Africa per il fatto che questi rappresentavano un ottimo mercato per i loro cereali e prodotti lattiero caseari; a discapito degli italiani e degli spagnoli. Potremmo andare avanti per ore.
La terribile guerra in Ucraina forse porterà ad una auspicabile maturazione dell'Unione Europea: forse si svilupperà una strategia di difesa comune, forse si tornerà alla produzione industriale interna senza dipendere da remotissimi Paesi (dalle mascherine ai microchip…). Forse si inizierà a pensare a un monitoraggio continuo delle scorte agricole, a una strategia di produzione e di importazione agroalimentare meno disarticolata e meno legata agli interessi particolari, alla attribuzione di specifiche produzioni agricole a specifiche aree geografiche. Forse si penseranno gli agricoltori come una risorsa strategica e non più come simpatici giardinieri da supportare per il mantenimento dell'ambiente.