"Sui temi dell'agroecologia ogni anno organizziamo una bella giornata divulgativa rivolta soprattutto ad agricoltori e tecnici, che occupa due giorni e si svolge qui, al Centro Enrico Avanzi dell'Università di Pisa" racconta in videoconferenza Daniele Antichi, professore della stessa Università di Pisa.

"Sono delle belle esperienze – continua – dalle quali sono nate anche interessanti collaborazioni all'interno dei vari progetti europei e nazionali che il Centro segue assieme alla Scuola Superiore Sant'Anna".

E queste giornate fanno parte di uno degli scopi fondamentali dell'università: il trasferimento tecnologico delle scoperte scientifiche a tutta la società. Quello che in gergo viene definito la "terza missione", insieme alla didattica e alla ricerca.

Una missione che occupa sempre più tempo ai ricercatori nella società moderna, ma non è un problema, anzi! Grazie al trasferimento delle conoscenze si riesce a dare uno stimolo fondamentale all'economia e alla società: in questo contesto nascono per esempio le moderne startup e i così detti incubatori di impresa.

Per questo scopo si organizzano open day durante i quali si cerca di venire in contatto con quanti più cittadini, imprenditori e amministratori locali e nazionali possibile (e perché no, anche europei e internazionali) per trasferire e mettere in pratica le scoperte fatte all'interno dell'università.

Così ogni componente accademico, dal singolo ricercatore a tutta l'università, cerca di comunicare all'esterno quanto più possibile quello che viene scoperto, pensato, sviluppato.

Ma quest'anno, a causa di un virus, il Sars-Cov2, non è stato possibile organizzare nulla. "Il momento più bello per mostrare quello che facciamo in agricoltura è purtroppo coinciso con il lockdown primaverile" fa eco al collega Camilla Moonen, ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna.

"Ed anche dopo il lockdown non ce la siamo sentiti di organizzare questo tipo di eventi. Il rischio era troppo alto e queste ultime settimane ce lo stanno ricordando con tutta la loro gravità".

"E' da qui che abbiamo avuto l'idea!" interviene Stefano Carlesi, tecnologo della Scuola Superiore Sant'Anna, "sono sempre di più le esperienze di comunicazione audio e video create dai singoli ricercatori o da gruppi di ricerca o università intere che si sviluppano usando i canali più moderni e diretti, come i social network, per esempio YouTube".

E Stefano ha davvero ragione. Sono ormai tanti gli accademici che sono usciti dalle stanze della ricerca e raccontano la loro esperienza attraverso i social. Spesso sono giovani come Stefano Bertacchi o Barbascura, ma non manca una vecchia conoscenza di blog e rubriche su carta stampata, e che recentemente si è spostato da YouTube a Instagram: il chimico Dario Bressanini.

Non tutti raccontano direttamente quello che fanno, ma spesso aiutano a capire i processi dietro i più recenti fatti scientifici, come appunto l'attuale pandemia.

"Così abbiamo quindi pensato di girare una serie di video per mostrare e spiegare le prove sperimentali che abbiamo organizzato e seguito quest'anno" spiega Simone Marini, assegnista nel gruppo di ricerca.

Un lavoro non certo semplice che, come rivela ancora Simone "ci ha costretto ad imparare un linguaggio tutto nuovo per noi e lottare con i problemi tecnici dovuti allo scarso materiale a disposizione. Ma abbiamo collaborato tutti, con successo direi".

Vediamo allora quali video hanno prodotto i ricercatori del gruppo di agroecologia. Questi video fanno parte della strategia di disseminazione di due progetti Europei. Il primo di questi è IwmPraise che ha un nome complicato, ma che "semplicemente" cerca di gestire le erbe infestanti con metodi di lotta integrata.

Ne parla Federico Leoni, dottorando, in un interessante video dove racconta come l'uso di leguminose in bulatura con il frumento può aiutare non solo la consociazione con frumento, ma grazie alle proprietà delle leguminose anche la coltura successiva, il sorgo in questo caso, ha ricevuto un ottimo supporto nella resa, variabile a seconda della specie di leguminosa impiegata.


Nell'ambito dello stesso progetto sono stati prodotti altri due video, che mostrano come si possa fare ricerca in collaborazione tra agricoltori e ricercatori. Nel primo ci spostiamo nelle Marche, ospiti dell'azienda agricola La Viola. Gilberto, il proprietario, racconta il suo rapporto con le consociazioni tra cereali e leguminose.


E poi vediamo una bella prova di bulatura tra leguminose e frumento duro in pieno campo, grazie al supporto di Graziano Del Sarto, agricoltore nella Piana Pisana.


Ma se non ne avete abbastanza di legumi e leguminose dopo aver visto questi video, il gruppo di agroecologia sta lavorando ad un altro progetto europeo proprio su questa famiglia di piante, LegValue.

Questo è un progetto di filiera che ha l'obiettivo di incrementare la produzione di leguminose europee e di includere il più possibile pratiche innovative e integrate nella loro produzione. "Ed è così infatti che abbiamo pensato di raccogliere molte accessioni di lenticchie, cioè di varietà depositate in lotti diversi, nelle banche semi in giro per l'Italia" ci racconta Elisa Lorenzetti, dottoranda nel gruppo.

"Questa prova varietale si accoppia anche allo studio della resa agronomica di miscugli di varietà diverse di lenticchie" come spiega sempre Elisa. Miscugli che hanno una ottima capacità di compensare problematiche durante il ciclo produttivo in un legume che non definirei proprio di facile coltivazione.


"Ma è fondamentale fare ricerca di base anche sulle stesse varietà", aggiunge Elisa, "che spesso nel tempo si sono perse ed adesso sopravvivono in banche del seme o tra i pochi agricoltori custodi".


E infine, Gilbert Koskey, anche lui dottorando all'interno del gruppo, sta studiando come l'estratto liquido di vermicompost, prodotto da Giulia Carpi del Centro di lombricoltura toscano può aiutare la nodulazione e la micorrizzazione delle leguminose.

Cioè per dire come grazie a questo prodotto si aumenta sia la capacità delle leguminose di assorbire fosforo, che rendere più facile il processo di azotofissazione che necessita di molta energia per avvenire: in altri termini, queste piante sono più efficienti nell'utilizzare le risorse già presenti nel suolo e rendono disponibile l'azoto atmosferico trasformandolo in composti che le piante possono assorbire ed usare per crescere!


Insomma, un nuovo modo di fare comunicazione scientifica? Una domanda a cui ci risponde il professor Paolo Bàrberi, coordinatore del gruppo di ricerca: "Quest'anno siamo stati travolti da questo problema mondiale e ci siamo dovuti adattare. Ho visto però che tutti hanno partecipato con entusiasmo, e se riusciamo a raccontare meglio quello che facciamo e quanto siano importanti queste pratiche agroecologiche per il futuro dell'agricoltura e della società tutta, beh… io non posso altro che essere contento del risultato".

"Per me - continua a spiegare il professore - è fondamentale passare quante più informazioni possibili agli agricoltori, che oltre ad essere custodi del paesaggio, sono anche quelli che più ne potrebbero beneficiare, premesso che tutte queste soluzioni non sono semplicissime da adottare e che i risultati sono molto legati al proprio territorio di appartenenza. Ma dopotutto, è proprio quello il bello dell'agroecologia: soluzioni locali a problemi globali".