Secondo lo studio - coordinato da Annalisa Zezza e realizzato da Roberto Solazzo e Federica Demaria - sebbene per alcuni comparti (in particolare, zootecnici) vi siano criticità anche rilevanti, non dovrebbe esserci una riduzione significativa della produzione; motivo per cui, considerato anche il livello delle scorte mondiali, la sicurezza alimentare non sarà un problema. E anche la domanda interna si dovrebbe mantenere su livelli sostanzialmente stabili. Le simulazioni riportate riguardano il medio periodo dell'andamento del settore; sono state effettuate con Agmemod e Capri: due modelli econometrici ben consolidati nell'analisi dei trend dell'agroalimentare. In particolare, Agmemod (network di cui fa parte il Crea) è utilizzato dalla Commissione europea e consente quindi di avere risultati comparabili con quelli degli uffici di analisi della Commissione e con quelli di altri Stati.
Nei modelli - viene spiegato - sono stati ipotizzati scenari alternativi di riduzione del Pil, compresi in una forbice che va dal meno 1,5% al meno 5%, sulla base delle indicazioni inizialmente fornite dai diversi studi internazionali. Di fatto, questo calo risulta sottostimato; per cui gli effetti potrebbero essere amplificati in una misura variabile dalla durata del lockdown. All'interno dei modelli, il calo della domanda dell'Horeca (Hotellerie-restaurant-café) è catturato dalla contrazione del Pil. Nel caso in cui, come tra l'altro sembra prevedibile, la riduzione del valore aggiunto nella ristorazione fosse maggiore rispetto alla variazione del Pil, considerato il suo peso sugli acquisti totali di prodotti agroalimentari, i riflessi in termini di domanda e di reddito sull'agroalimentare sarebbero amplificati.
I due scenari
Emerge allora che nello scenario Agmemod sono in calo fino al 2023 soprattutto i consumi di mele e di latte, rispetto alle previsioni pre Covid-19; quelli di carni, formaggi, cereali e derivati risulterebbero in linea, o in lieve diminuzione, rispetto alle stime precedenti.Nello scenario Capri invece viene mostrata una riduzione consistente del reddito agricolo (per ettaro) e zootecnico (per capo allevato). In entrambi i casi superiore all'ipotizzata variazione del Pil. Il comparto zootecnico sarebbe maggiormente colpito dal calo di redditività.
In confronto agli altri paesi europei, il settore agricolo italiano sembra comunque meglio sopportare lo choc pandemico, probabilmente per il peso rivestito dall'ortofrutta che risentirebbe in misura minore di altri comparti della crisi di reddito. Un effetto che potrebbe essere imputato almeno in parte alla maggiore diffusione sul territorio nazionale delle filiere agroalimentari.
L'agroalimentare risponde meglio di altri settori alle crisi economiche
Una valutazione dello studio mette in evidenza come la bassa elasticità della domanda dei prodotti agroalimentari, come nella crisi del 2008-2009, permette al comparto di rispondere meglio alle crisi economiche rispetto ad altri settori produttivi.Questo avviene anche per gli scambi internazionali dove però si prevedono in calo sia le esportazioni che le importazioni. Un dato, questo, che potrebbe determinare situazioni di difficoltà in alcune filiere. I prodotti più interessati da una riduzione delle importazioni sarebbero le carni di pollo e di maiale. Rimarrebbero invece sostanzialmente in linea con le previsioni, gli acquisti dall'estero di cereali e formaggi.
A proposito dei prezzi, dovrebbe esserci una curva in discesa rispetto alle stime pre-crisi per carne di pollo, grano duro e derivati e formaggi.
Le proposte politiche da mettere in campo
Evitare che una carenza di manodopera (che comunque non viene considerata nei modelli dello studio) si traduca in una crisi dell'offerta, e quindi facilitare l'accesso delle imprese al lavoro sia degli immigrati che della forza lavoro disponibile da altri settori, garantendo la sicurezza delle condizioni di lavoro.Facilitare il trasporto e la logistica dei prodotti deperibili (latte fresco, ortofrutta) che sono quelli a maggiore rischio. Riconoscere come essenziali tutte le parti della filiera per non intaccare la catena produttiva. Garantire l'integrità della filiera attraverso misure che rafforzino la tracciabilità, in modo da evitare ingiustificate crisi di fiducia e contemporaneamente rafforzare i controlli. Nelle relazioni commerciali vigilare su eventuali barriere sanitarie e fitosanitarie non giustificate e collaborare con il settore privato.
Garantire liquidità alle imprese, evitando restrizioni del credito, introducendo misure come i sussidi salariali e la sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società. Evitare ogni forma di speculazione che potrebbe avere un impatto negativo sui consumatori con un aumento ingiustificato dei prezzi. Garantire l'accesso al cibo alle fasce più vulnerabili della popolazione.